Il cervo e l'orso burlone grande tecnica poco cuore
di Roberto Nepoti La Repubblica
Giusto dieci anni fa la Pixar mandò sugli schermi Toy Story, il primo film d'animazione totalmente in digitale. Il seguito, Toy Story 2 e altri titoli ci persuasero che il cinema avesse trovato nel cartoon il veicolo di moderne "moralità" esemplari, più evoluto dei film con attori umani nel propugnare i valori della tolleranza, della solidarietà, dell'amicizia. Un decennio dopo non solo Pixar, ma DreamWorks, Sony, Warner continuano a sommergerci con gli stessi messaggi edificanti, ormai ridotti a convenzione e svuotati dall'uso.
Non sfugge alla regola questo prodotto Sony, che spartisce gli schermi natalizi con un numero eccessivo di altri cartoon confezionati secondo la stessa ricetta. Lo schema è quello del buddy-movie, il film di strana coppia di cui si potrebbero elencare esempi a centinaia. Non se la passa male Boog, grosso orso addomesticato che vive con la sua ranger e dà spettacolini per i turisti. Finché, a dinamitargli la vita, arriva Elliot, cervo rachitico con un solo corno ma fin troppo dotato d'energia. Finito nel bosco per colpa sua, Boog sperimenta disagi e pericoli della vita secondo natura, mentre cerca di riattivare quegli istinti primordiali che - soli - possono toglierlo dai guai.
Iconograficamente ispirato alle cartoline natalizie di Ivan Earl e co-diretto dal regista del "Re Leone", un cartoon tecnicamente evolutissimo, ma che non supera mai né il tipo di gag antropomorfica né la morale della favola in uso.
Da La Repubblica , 8 dicembre 2006
di Roberto Nepoti, 8 dicembre 2006