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Dieci cose di noi: il mestiere dell'attore

Morgan Freeman interpreta una star in disarmo nel film indipendente di Brad Silberling.
di Marzia Gandolfi

Recitazione "in riserva"

martedì 15 aprile 2008 - Incontri

Recitazione "in riserva"
Morgan Freeman ha settantuno anni, ha interpretato svariati film più un numero imprecisato di telefilm e nel suo palmarès può contare un dignitoso debutto alla regia (Bopha!). Negli ultimi anni è stato varie volte votato come il personaggio cinematografico più popolare. Insomma, Morgan Freeman è una star. Per questa ragione lo ha corteggiato e assoldato Brad Silberling per il suo Dieci cose di noi, storia di una star invecchiata e in disarmo che deve decidere se prendere in considerazione il ruolo da protagonista in un film indipendente. La sua recitazione "in riserva", asciutta e classica dà il passo al film contrapponendosi e dominando dolcemente quella esuberante ed eccitabile di Paz Vega, impegnata nella sua seconda esperienza di spanglish, neutralizzato (e non poteva essere diversamente) dal doppiaggio italiano. Dieci cose di noi, scritta, prodotta e diretta da Silberling, è un ricamo romantico attorno a un amore platonico, una storia essenziale senza sbavature patetiche. Morgan Freeman abita con spirito da pioniere un progetto che può essere considerato a ragione una riflessione sulla sua lunga ed esemplare carriera attoriale.

La prima volta da comico
Quando Brad Silberling mi propose il ruolo dell' "attore" in Dieci cose di noi, rimasi perplesso perché la commedia era una cosa fuori dal sentiero fino ad allora battuto, qualcosa di profondamente diverso dalle mie precedenti interpretazioni. Lo spettatore ha ormai una determinata visione di me e di quello che so fare, ed è per questo che tendo sempre a recitare in ruoli drammatici. Certo ad Hollywood sono noto per il mio carattere svagato e solare, ma avere il senso dell'umorismo non significa sapere fare la commedia. Io non amo interpretare personaggi che un altro attore saprebbe fare meglio. Prendete Jim Carrey, con cui ho avuto la fortuna di lavorare (Una settimana da Dio), lui è l'uomo e forse addirittura il re della commedia. Questa volta però sentivo di potermi fidare e mi sono lasciato andare a questo ruolo leggero e al contempo platonicamente romantico. Ho all'attivo un vasto repertorio di personaggi di tutti tipi, ma questa è stata la prima volta per me.

Una cosa di me
La paura più grande di un attore è che il telefono smetta di suonare. Ma molte volte la paura può essere originata addirittura dal successo. Ho visto incredibili talenti entrare in crisi nel corso della propria carriera, magari dopo aver ricevuto un Oscar o per il timore di compiere scelte sbagliate nel momento più rischioso. Questo è precisamente quello che capita al mio personaggio nel film. Ho iniziato tardi a fare questo mestiere e ho faticato moltissimo. Mi sono adattato a fare tutto, dalla tv per bambini alle soap opera, e confesso che più di una volta ho pensato seriamente di lasciar perdere tutto. Queste e molte altre sono le ragioni che mi hanno convinto ad accettare di interpretare "l'attore" di Silberling. Quel personaggio è più di me stesso, in lui c'è più di me di quanto mi piaccia ammettere. Io e "lui" abbiamo in comune la curiosità per le persone che ci circondano e di cui imitiamo gesti, postura e modi di parlare, costruendo delle caratterizzazioni puntuali. Ma il personaggio che interpreto sarò realmente io? Agli spettatori l'ardua sentenza.

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