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“…I ragazzi che si amano sono altrove lontano più lontano della notte/più in alto del giorno…”: Jacques Prévert descrivendo la sensazione degli innamorati tutti di vivere in una dimensione diversa rispetto al resto dell’umanità, suggerisce anche l’incompatibilità fra la rigidità dei codici di comportamento comunemente ammessi dalle società e l’anarchia delle passioni. Difficile però comprendere se, ai tempi di Zapatero, dei Pac e di Platinette, i due mandriani perdutamente innamorati l’uno dell’altro, protagonisti del film vincitore a Venezia 2005 “I segreti di Brokeback mountain” di Ang Lee, siano anacronistici o ancora attuali. Probabilmente dipende dalla prospettiva o più semplicemente dal dove. Il racconto della Proulx “Gente del Wyoming”, collocato nella regione rurale statunitense, patria di machi a cavallo e rodei, fra il 1963 e gli anni ’80, da cui la pellicola è tratta, è comunque del 1998 e nello stesso anno in quella zona fu massacrato un gay ventunenne. Il dato di cronaca e l’ambientazione negli strati più bassi della società non è irrilevante per capire la dinamica dei rapporto fra i due cowboy: la ventata di liberazione sessuale portata dal ’68 non è arrivata ovunque neppure nell’Occidente evoluto, ove la moda alla trasgressione tout court plaude persino. Tuttavia la diversità di Jack ed Ennis è solo marginalmente legata alle inclinazioni sessuali: essi, ineducati e vagabondi, simili agli animali solitari e selvaggi della loro montagna incapaci di stare nel branco, rappresentano il rifiuto, epidermico e tragicamente inconsapevole, del sogno americano. L’ipersensibilità amorale e una istintività esasperata ne fanno dei disadattati, indigenza e semi-analfabetismo d’altro lato non consentono una via di fuga dal modello di vita imposto, anche solo nella contestazione ideale. La passione condivisa è così l’unico strumento di preservazione/difesa intima di se stessi in un contesto ambientale ostile ed estraneo: più invecchiano, più il senso di lontananza dalla comunità si accentua, più diventano essenziali l’uno per l’altro. L’amore totalizzante nasce dall’attrazione fisica, ma ad alimentarlo è il bisogno disperato di essere fino in fondo corpo e anima. La nitidezza e l’essenzialità del racconto rimandano al cinema classico della golden age hollywoodiana ed è la stessa classicità corrosiva di opere come “Lontano dal paradiso” di Haynes o di “I ponti di Madison County” di Eastwood, che trasponeva sullo schermo con toni più sfumati una vicenda analoga. Ne “I segreti di Brokeback mountain” l’ipocrisia e la crudeltà implicite nella way of live a stelle e strisce viene alla luce con la demistificazione di uno dei suoi miti: il romantico pistolero randagio ama con purezza assoluta le praterie sterminate e chi è simile a lui, ma la città, imprigionandolo e deridendolo, ha finito con il sopprimerlo e, privandosi del suo spirito libero, ha ucciso anche se stessa. Le sofferenze dei due amanti si riverberano a macchia d’olio su tutto ciò che li circonda: un mondo, in cui bellezza e cuore sono effimere parentesi celate in una cartolina, in una breve vacanza fra i monti, in una giacca rinchiusa in un armadio, non ha nulla da offrire a nessuno, se non per caso o per sbaglio. Allora non resta che addormentarsi in piedi come i cavalli, nella speranza che qualcuno arrivi alle spalle e ti culli per un momento, prima di doverti abbandonare per sempre.
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