Il suo nome è Tsotsi

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Un film di Gavin Hood. Con Presley Chweneyagae, Mothusi Magano, Israel Makoe, Percy Matsemela.
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Titolo originale Tsotsi. Drammatico, durata 91 min. - Gran Bretagna, Sudafrica 2005. uscita venerdì 3 marzo 2006. MYMONETRO Il suo nome è Tsotsi * * * - - valutazione media: 3,15 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Lietta Tornabuoni

L'Espresso

Quanti film buoni ci sono in giro: spesso con protagonisti-vittima (bambini, donne, minoranze etniche o religiose), spesso sostenuti da Onu, Unicef o Amnesty International, spesso collocati nel centro di guerre o guerriglie, di sopraffazioni barbare, di problemi atroci. All the Invisible Children, ad esempio, è dedicato ai bambini-soldato, ai bambini soli, ai bambini malati di Aids; Moolaadé di Ousmane Sembene si occupa della mutilazione genitale delle donne africane (e mostra che in certi Paesi donne e bambini devono inginocchiarsi in presenza degli uomini). A volte sono soltanto opere buone, a volte sono invece bei film, diretti da registi di qualità: è il caso anche di Il suo nome è Tsotsi di Gavin Hood, che ha vinto l’Oscar destinato ai film non americani perché è teso, incalzante e bello, una storia di formazione e di redenzione melodrammatica, lucida.
Tsotsi indica, nel gergo di malavita delle periferie di Johannesburg, il gangster, il delinquente: il ragazzo diciannovenne che ostenta il soprannome, lo ha adottato per cancellare col suo passato anche il suo nome, per esibire con superbia la sua natura violenta e selvaggia, il suo mestiere. Una notte di diluvio, mentre una donna cerca di aprire il cancello di casa, le ruba l’automobile e soltanto più tardi si accorge che sul sedile posteriore c’è un bambino di tre mesi: il rapporto con il piccolo, la responsabilità di tenerlo in vita, cambieranno la sua esistenza. Il film è tratto dall’unico romanzo (1950) del drammaturgo sudafricano Athol Fugard, un monologo interiore che il regista ha trasposto nel presente con grande efficacia. Oltre alla storia racconta pure il Sudafrica oggi, le bidonville immutabili attorno a Johannesburg popolate da un milione di persone, i locali poveri per bere, la travolgente musica "kwaito".
da L'Espresso, 23 marzo 2006


di Lietta Tornabuoni, 23 marzo 2006

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