Cose da pazzi

Paolo D'Agostini

È un dato di fatto: Cose da pazzi con il cinema c'entra poco. Scrittura, messa in scena, recitazione: tutto è teatrale. Dopodiché complimenti a Vincenzo Salemme e al suo consueto coprotagonista Maurizio Casagrande, due veri mattatori. Non si può dire più di tanto per non guastare la festa agli spettatori.
Per un bel pezzo di film seguiamo la vita della famiglia dell'impiegato comunale Giuseppe Cocuzza (Casagrande) sconvolta dall'arrivo periodico di buste contenenti ciascuna cinquantamila euro. Tentazioni, turbamenti morali e sospetti si rincorrono aggravati dall'apparire di misteriosi personaggi - un medico fiscale, un postino, una suora (sempre Salemme) tutti molto equivoci - ma il timoroso e in fondo integro Cocuzza resiste.
E' solo molto in là che si manifesta appieno la figura di Felice (Salemme non travestito) che sta mettendo in atto una personale vendetta corruttrice contro quel Cocuzza che anni prima gli aveva negato la pensione di invalidità reclamata per la seguente ragione: ero comunista, ora il comunismo non c' è più, io sono stato privato del mio sistema di valori e non posso adeguarmi, questo mondo senza ideali non fa per me e io non ci posso sopravvivere, dunque mi dovete una pensione di invalidità.
Fermiamoci, il colpo di scena vale l'omissione. Salemme mette a frutto tutti gli insegnamenti della nobile scuola da cui proviene, la farsa di Totò, la drammaturgia e l'ideologia di Eduardo. Spettacolo molto godibile.
Da La Repubblica, 1 aprile 2005


di Paolo D'Agostini, 1 aprile 2005