Apnea

Giallo nel ricco nordest i peccati dietro il miracolo

Il primo film di Roberto Dordit si inserisce in un panorama italiano che silenziosamente e fattivamente si sta popolando di opere prime, seconde, terze di buona e talvolta (Kim Rossi Stuart per tutti gli esordienti, il nuovissimo Saverio Costanzo per le conferme dopo il promettente debutto) ottima fattura.
E, per quel che conta - cioè attribuendo alla scelta dei temi la dovuta importanza ma sempre subordinatamente alla capacità e all'originalità di raccontarli - rivela sintonie e sintomatici rimbalzi da un titolo all'altro. Vengono in mente la condizione degli immigrati maghrebini fra Trapani e Tunisi indagata da Giovanna Taviani in Ritorni, o a maggior ragione l'intrecciarsi fra immigrazione, nordest opulento e omosessualità femminile nell'intenso e problematico dar conto del convivere tra antiche e nuove piattaforme di intolleranza e discriminazione da parte di Marco Puccioni con il suo Riparo (rispettivamente ai festival di Roma e Berlino).
Apnea si ambienta anch'esso nel ricco nordest italiano. Tra benessere e sfruttamento. E, attraverso i modi dell'indagine e del thriller affidati a un protagonista dal passato di campione di scherma e dal presente di cronista sportivo di provincia (idea originale la prima quanto convenzionale la seconda), diventa un'aspra denuncia degli incidenti sul lavoro e della metaforica sporcizia nascosta sotto i lussuosi tappeti. Claudio Santamaria si conferma risorsa di prima fila del cinema italiano.
Da La Repubblica, 23 febbraio 2007


di Paolo D'Agostini, 23 febbraio 2007