The Forgotten |
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Un film di Joseph Ruben.
Con Julianne Moore, Dominic West, Gary Sinise, Alfre Woodard, Linus Roache.
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Thriller,
Ratings: Kids+13,
durata 96 min.
- USA 2004.
uscita venerdì 18 febbraio 2005.
MYMONETRO
The Forgotten
valutazione media:
1,53
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Occasione persa?
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| sabato 19 febbraio 2005 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Telly non riesce a superare lo shock della morte del figlioletto Sam, scomparso a soli nove anni in una sciagura aerea con un gruppetto di altri coetanei. E’ passato più di un anno (quattordici mesi e non so quanti giorni, ma lei ricorda anche l’ora e il minuto preciso), ma lei continua a frugare nei cassetti tra la roba del figlio, a sciogliersi in lacrime guardando i filmini da piccolo, a rigirarsi nelle mani le foto dei giorni felici. Cercano di sostenerla il marito Tim (pelato ma simpatico) e uno strizzacervelli fascinosetto. Succedono però cose strane. La memoria di Telly fa brutti scherzi: finché si tratta di non trovare dove si è messa la macchina la sera prima, vabbè, tira via, capita a tutti; ma qua la cosa è seria, perché sembra che tutti i ricordi del piccolo Sam stiano sparendo. “Ricordi” in senso materiale, “sparendo” in senso letterale: l’album delle foto improvvisamente è vuoto, le cassette con i filmini sono tornate vergini, perfino la foto di lei con il bambino adesso ritrae lei con il marito. Tim e l’analista sono contenti: perché loro sanno che il bambino in realtà non c’è mai stato, e che tutto è frutto della fantasia malata di Telly, la quale adesso, evidentemente, sta tornando alla realtà, sta guarendo. Però.... Non so nemmeno se possa parlarsi di occasione perduta, per questo film a metà fra la fantascienza, il thriller e il dramma psicologico (si può essere a metà fra tre cose? Mah...). Lo spunto infatti sarebbe anche interessante, per quanto non nuovissimo: il rapporto tra la realtà e la fantasia, la fallibilità dei sensi, l’ingannevolezza della realtà, la mutevolezza della memoria. Ma meriterebbe un approccio di tipo, per così dire, analitico/introspettivo. Invece, ancora una volta, la spiegazione c’è, si vede e si tocca. Il film prende decisamente la via positivista, lasciandosi alle spalle ogni possibilità di dubbio, di incertezza, di non risolto. Non solo, ma la soluzione finale tarda ad arrivare; e quando arriva siamo già ad un’ora e venti di film, passata tra inseguimenti, misteriosi pedonastri dagli occhi di ghiaccio e dalle sette vite, schermaglie tra polizia ed FBI (o non so quale altra sigla); a quel punto bisogna fare alla svelta, e così l’epilogo è affrettato ed approssimativo, tanto che non c’è nemmeno lo spazio per domandarsi se tutto torna, se tutto è coerente. Infatti: “tutto” cosa? Se penso che ho rischiato di restare chiuso nel parcheggio, mi vengono ancora i brividi...
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