Paolo D'Agostini
La Repubblica
Niente sociologia postsovietica, niente scenari miserabili, niente gangster, o delusioni affogate nell'alcol. Da quando Otar è partito evita tutto ciò. Ed è con molta e spiritosa sobrietà che la più vecchia delle tre donne protagoniste, la nonna Eka, sfoggia con orgoglio un po' snob la sua cultura francofona e francofila mentre non rinuncia a parlare bene della memoria del compaesano Stalin. Dunque, tre donne. Eka, sua figlia Marina e sua nipote, figlia di Marina, Ada. Convivono tra dignitosi stenti in una decrepita casa di Tbilisi, cadente ma fieramente adorna di una vecchia collezione di edizioni francesi.
Il loro pensiero converge nell'attesa delle rare notizie che giungono da Parigi dove è emigrato Otar, il figlio prediletto della vecchia Eka e rispettivamente fratello e zio delle altre due. Quando Marina e Ada apprendono che Otar è morto in un incidente non hanno il coraggio di dirlo alla vecchia e sostengono la bugia anche quando Eka compra tre biglietti aerei per Parigi dopo aver venduto la collezione di libri. Farà da sola la scoperta della verità ma sosterrà ancora la bugia: Otar è certamente partito per l’America.
Film di sfumature, atmosfere e recitazione. Illustrato soprattutto dalla novantenne interprete del ruolo di Eka, Esther Gorintin, francese di origine polacca diventata attrice a 85 anni. Lo sguardo risulta tanto più originale in quanto è opera di una regista, Julie Bertuccelli, non georgiana ma francese, innamorata della Georgia dopo aver lavorato per Iosseliani.
Da La Repubblica, 12 dicembre 2003
di Paolo D'Agostini, 12 dicembre 2003