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brokenflower
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martedì 4 settembre 2012
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brividi di arte
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Sicuramente uno dei migliori film di Almodovar. Quello che più mi ha colpito e commosso sono i meravigliosi rimandi artistici che ha creato il regista. Curandoli e definendoli come creature a sè nel suo film, questi camei risultano delicati e toccanti fino alle lacrime. Intima, profondamente,struggente l'interpretazione di Caetano Veloso e denso, carico e angosciante l'inizio che apre su Cafè Muller. Immancabile l' amore del cinema di far cinema.Questa volta l'omaggio al muto percorre tutto il film, dalla divisione in capitoli fino al rifacimento di uno strambo muto che conduce all'intuizione della "colpa" di Benigno.
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mario conti
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martedì 22 febbraio 2005
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pedro lo chef (2)
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Almodovar ci regala soltanto un piccolo respiro finale, un modesto sospiro di sollievo. La vita può dare emozioni. Meglio: sono i dolori e i rimpianti a farcele apprezzare.
Il regista spagnolo è un meraviglioso chef dei sentimenti: solo lui è capace di impastare temi gravi e grevi con il tocco soffice dell’artista. Solo lui può sviluppare un plot da romanzetto rosa con immagini e dialoghi che sono un inno alla leggerezza. C’è da ringraziarlo.
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anguria
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giovedì 11 aprile 2002
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quando la passione per la vita... passa da uno stupro
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Non è la miglior prova del cineasta spagnolo.
L'uso dell'ironia, tutta almodovariana,
sullo sfondo di tremendi accadimenti è
veramente notevole e resta, a mio giudizio,
il miglior pregio di questa pellicola.
Ci si commuove e si riflette ma non vi è
intenzione da parte dell'autore di flagellare
lo spettatore con un elogio della tristezza.(Meno male).
Benigno, infermiere subnormale, vive nel suo
mondo ancora infantile, scopre il sesso al
cinema e nelle sue ingenuità esprime tuttavia la
comunicazione come mezzo d'amore. Marco non ne
è capace, per lui parlare con una persona in
coma è come parlare con una pianta. È su questo
piano che si stringe un legame indissolubile,
che nemmeno un atroce stupro, rappresentato
con molta leggerezza, ma efficacia, dal regista,
riesce a scalfire.
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Non è la miglior prova del cineasta spagnolo.
L'uso dell'ironia, tutta almodovariana,
sullo sfondo di tremendi accadimenti è
veramente notevole e resta, a mio giudizio,
il miglior pregio di questa pellicola.
Ci si commuove e si riflette ma non vi è
intenzione da parte dell'autore di flagellare
lo spettatore con un elogio della tristezza.(Meno male).
Benigno, infermiere subnormale, vive nel suo
mondo ancora infantile, scopre il sesso al
cinema e nelle sue ingenuità esprime tuttavia la
comunicazione come mezzo d'amore. Marco non ne
è capace, per lui parlare con una persona in
coma è come parlare con una pianta. È su questo
piano che si stringe un legame indissolubile,
che nemmeno un atroce stupro, rappresentato
con molta leggerezza, ma efficacia, dal regista,
riesce a scalfire. Manca però qualcosa e la votazione
che mi sento di dargli è più un 2 stelle e mezzo
che 3, ma non sono previste mezze misure,
al contrario di questa pellicola almodovariana, dentro la quale
abbondano.
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