Werckmeister è, come Satantango, un film sull’inganno. Lo stesso cinema di Tarr è arte dell’inganno, quando filma il suo bianco e nero perfetto e piega la luce ai suoi bisogni espressivi, quando crea vuote simmetrie legate al caotico istinto umano, quando i suoi piani sequenza, che dovrebbero assicurare l’oggettività dello sguardo, descrivono una realtà e dei comportamenti artificiosamente simbolici. La nostra guida è Valuska, che nella prima sequenza mette in scena un’eclissi di sole, momento di sospensione seguito dall’inevitabile ritorno della luce, mentre il film rappresenterà la sospensione, indefinita, della ragione. Valuska ascolta Gyorgy, autorità intellettuale di un paese magico e indistinto (un paese, il mondo), ricostruire la teoria dell’armonia artificiale, assunta per la costruzione prima del clavicembalo ben temperato e quindi del pianoforte, ponendo così tutti i capolavori compositivi su delle basi impure, sostituendo la natura con la menzogna. Nel paese è annunciato l’arrivo di un circo con la “balena più grande del mondo” e “il Principe”, creature il cui passaggio è associato a fenomeni innaturali. Gli elementi mistici diventano mitologici, e vanno quindi a incarnare l’irrazionalità umana. All’arrivo del circo nella piazza centrale, Valuska è affascinato dalla balena, enorme essere che viene da mondi lontani, ma imbalsamato, ricoperto di cicatrici, e l’occhio senza vita che Valuska osserva ipnotizzato non può ricambiare lo sguardo. È lo specchio della morte e dell'illusione, che non può avere dissoluzione. Altro essere mostruoso e disarmonico è il Principe, del quale vediamo solo l’ombra del profilo e ascoltiamo le deliranti incitazioni alla distruzione.Nella piazza dove sosta il circo si raccoglie una folla sempre più numerosa,che genera un brusio costante dal quale non è possibile isolare alcuna parola di senso compiuto.Intanto si prepara a ristabilire “l’ordine” attraverso la forza militare Tunde,ex moglie di Gyorgy,che troviamo ospite di un ufficiale ubriaco.La folla si muove. Seguiamo i passi di uomini silenziosi,armati di manganelli,come avevamo seguito,in altre sequenze,il cammino di Valuska e Gyorgy.Queste scene,in cui la macchina da presa in movimento si avvicina ai volti,o da lontano mostra gli spazi attraversati dai protagonisti,così come i campi vuoti,in Tarr non sono mai sospensione della narrazione;non si tratta di pura raffigurazione del tempo,ma di materiale che concorre alla costruzione dell’attesa, delle decisioni, della furia irrazionale.Sono queste frazioni che permettono al film di non diventare una parabola o una considerazione morale, poiché riconducono il piano al mostrare, e riportando l'estetica stessa come scelta etica,rafforzata dalla mancanza di realismo. La folla irrompe in un ospedale e distrugge uomini e cose. Nell’ultimo quadro della sequenza, un vecchio nudo e magro, secondo l’iconografia dei prigionieri nei campi di concentramento, immobile in piedi in una vasca da bagno, è avvolto in un fascio di luce. Nel 1941 l’Ungheria entrava in guerra al fianco della Germania e dell’Italia, e sarà successivamente invasa dall’Armata Rossa. E infatti, dopo la violenza muta della folla, vedremo Tunde dare indicazioni all’esercito (a un esercito) per la repressione militare. Il film si chiude con Valuska, che aveva raffigurato il ritorno della luce dopo l’eclissi, reso catatonico, la balena impagliata abbandonata al centro della piazza, e la notte e la nebbia ad oscurare tutto. slowfilm.splinder.com
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