Non uno di meno

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Un film di Zhang Yimou. Con Minzhi Wei, Huike Zhang, Zhenda Tian, Enman Gao Titolo originale Yi ge dou bu neng shao. Drammatico, Ratings: Kids+13, - Cina 1999. MYMONETRO Non uno di meno * * * - - valutazione media: 3,39 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Irene Bignardi

La Repubblica

Cina rurale, dopo tutte le rivoluzioni e molto vicino alla globalizzazione (come si vedrà). Il maestro Gao abbandona la sua scuoletta per andare a trovare la mamma ammalata, incarica la ragazzina Wei Minzhi, che ha la faccia rotonda come la luna, tredici anni e nessuna esperienza, di occuparsi in sua assenza della scuola e, come nelle favole, le dice che non deve sognarsi di perdere neppure uno scolaro: perché (questo è il retroscena) le scuole cinesi tendono a spopolarsi, gli allievi le mollano, e i maestri si giocano il posto... Ecco la ragione del titolo del nuovo film di Zhang Yimou vincitore del Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia di fine millennio: Non uno di meno, guai a perdere uno studente. A sette anni di distanza Da Storia di Qiu Ju, un altro Leone d'oro veneziano e un'altra storia "neorealista" incapsulata nella filmografia di un maestro del grande formalismo, Zhang ritorna apparentemente allo stesso mondo. Ma non è così. Come gli spettatori potranno vedere, la Cina è vicina o quanto meno è cambiata, si è avvicinata all'Occidente e ai suoi non si sa quanto apprezzabili modelli, o quanto meno ai simboli più banali dell'Occidente. E il film, nella sua grazia e nel suo divertimento, trasuda, a un primo livello di lettura, riconciliazione, pace dei sentimenti, persino ambiguità, come se Zhang fosse stanco di provocare e pungere, pago di raccontare un aneddoto divertente e vagamente deamicisiano. La piccola maestrina di Chichen? Succede dunque che un allievo particolarmente turbolento, Zhang Huike, scappa in città a cercare di guadagnare i soldi necessari per pagare un debito contratto dalla sua poverissima famiglia. Che fare? Prima di tutto qualche lezione di aritmetica applicata, in cui la classe calcola coralmente quanto bisogna lavorare a trasportar mattoni per poter conquistare i dieci yuan che sono necessari a Wei Minzhi per andare in città - e quando la classe passa all'azione, dio ci scampi dal disastro. Ma la testonissima ragazzina, che vuole tenere fede alla parola data e guadagnare il suo piccolo compenso, riesce comunque a calare in città, senza un soldo e senza un'informazione, per cercare il piccolo fuggitivo. E con ingenuità contadina e tenacia femminile, dopo essere rimasta accampata due giorni sotto la sede della locale televisione ed essersi fatta cacciare più volte, riesce a parlare con il presidente della stazione, a rivolgere il suo appello, e a ritornare festeggiatissima a casa con il suo "allievo"... Diversamente che per Storia di Qiu Ju, dove in una struttura non diversa la protagonista era la bella Gong Li infagottata in panni contadini, per Non uno di meno Zhang ha scelto i suoi interpreti secondo le buone vecchie regole del neorealismo a cui dice di ispirarsi qui - il maestro è il vero maestro, Wei Minzhi si chiama proprio così, ha tredici anni ed è contadina, e via dicendo. Ma il progetto che impronta Non uno di meno (divertente, carino, godibile, curioso) è dissonante rispetto al taglio critico di Qiu Ju. In questo nuovo ritratto delle due Cine, quella rurale dove il massimo sogno dei bambini è di poter bere la Coca Cola, che viene delibata con religiosa attenzione, e quella della città in tumultuosa trasformazione verso modelli lontani, si direbbe che Zhang abbia deciso di rinunciare alla critica, e tutti sono buoni, generosi, protettivi - salvo, naturalmente, i burocrati, e forse la stessa Wei Minzhi, che si prodiga tanto anche per non perdere il compenso promessole dal maestro. Forse è la distanza che ci impedisce di capire bene se nel finale, quando la ragazzina torna al villaggio seguita dalla troupe televisiva, con tanto di sponsor e omaggi per tutti, Zhang metta ironia o compiacimento. Ma si sa che le favole, e i sogni, sono sempre ambigui e a doppia lettura: nel dubbio godiamoci i dettagli.
Da La Repubblica, 27 gennaio 2000


di Irene Bignardi, 27 gennaio 2000

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