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Si apre con un tipo sciatto che non si impegna abbastanza; ritrovatosi senza lavoro, ragazza e posto in squadra al calcetto, incontra Dio in un bar. Questi, tutt’ altro che misericordioso, si presenta come un rude alcolista deluso dal suo atteggiamento: “Avevi il potere di curarti di lei, di sceglierti un lavoro migliore...”; “...e lascia in pace i tuoi genitori!”. Con quest’ ultima – in riferimento al fatto che il ragazzo vive ancora “sotto i suoi”, parassitando - Dio lo trasforma in una mosca. “Io e te siamo uguali, solo che io sono immortale, per cui me la prenderò con te”. Il Signore ammette la sua insensibilità e la fa espiare al giovane. E così, a metamorfosi compiuta, prende a vendicarsi dei torti subiti infettando il cibo della sua ex e del suo datore di lavoro.
Ma sarà proprio sotto il tetto familiare che troverà la morte, sferzato dalla paletta di sua madre. Kafkiano, bel siparietto con Dio.
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Lei lo saluta mentre sta giocando alle slot, quindi parte il flashback sulla loro parentesi coniugale .Lui, il protagonista, è troppo un bravo ragazzo per riconoscere quanto lei sia sgualdrina, di conseguenza si occupa interamente della figlia, della casa, del sostentamento. Mentre lei, si fatica ad attribuirle un pronome personale: beve, fuma col vicino e fanno sesso ululando come le bestie dal piano di sopra, quasi a irridere il protagonista della sua morale, le sue “scelte” lì dove tutto è, conclamatamente, uno Schifo. Lo sfondo di questo come per gli altri episodi, è rappresentato dai quartieri popolari e fatiscenti, le vite al margine e i problemi con le droghe ad Edimburgo.
E così lui torna in casa dai “suoi” dopo tante brutture che sono servite davvero a poco, perchè al bar, faccia a faccia con lei qualche tempo dopo, accetta l’invito ad uscire per ricominciare da capo...tzè
...Quando si dice che l’esser buoni equivale ad esser fessi.
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