Titanic

Titanic (1997) è un tipico disaster movie hollywoodiano firmato da James Cameron e dotato di un cast molto efficiente: Billy Zane, Frances Fischer (moglie di Clint Eastwood), Katy Beates, Leo Di Caprio, Kate Winslet, Eric Braeden (Victor Newman di "Febbre d'Amore", in un cammeo). L'ambizione che Cameron mise nella realizzazione dell'opera eguaglia, né più né meno, quella del suo ingegnere navale ed è tutta racchiusa, emblematicamente, nel titolo "titanico" che battezza il film ed il mezzo di trasporto insieme: ecco, quindi, che la perfezione si stende come un lunghissimo tappeto rosso ai piedi dello spettatore, tra la magnificenza dei costumi d'epoca e l'arredamento delle cabine e della lobby, sino a giungere ad effetti speciali da togliere il fiato e ad una impeccabile fotografia . Ancor più suggestiva della catastrofe in sé, ne risulta il dopo quando, sotto un cielo muto e stellato ed immersi in un innaturale silenzio e solitudine, i naufraghi stremati congelano a pelo d'acqua in attesa del salvataggio tardivo. Eppure, la ricetta non mi convince. La tragedia è annunciata e accadrà da un momento all'altro: anche se non busserà agli oblò allo scoccare della mezzanotte di un Capodanno, come in Poseidon, sintomatica ne sarà la comparsa di un iceberg minaccioso che darà inizio al disastro, introducendo alla seconda parte del film. Ma proprio di punta dell'iceberg si tratta, perché tutto il resto è immerso in un'oceanica messa in scena che ruota attorno a Jack and Rose, e alla loro storia strappalacrime a bordo di una nave di luoghi comuni. Così, la storia di un tragico avvenimento realmente accaduto e risaputo lascia, inspiegabilmente e per troppo tempo, il palco a due amanti non molto dissimili da un Montecchi e da una Capuleti già promessa sposa d'un altro, che non può che essere cattivo ed antipatico a tutti costi: personaggi di stoppa, quindi, incredibilmente unidimensionali, limitati e sempre uguali a se stessi, persino durante la sciagura ove, al momento di mettere le chiappe in salvo, la donna classista rifiuta di mescolarsi al personale di servizio ed il giovane perfido non perde un colpo per dimostrare di che pasta è fatto. Leo Di Caprio esagera nel suo intento eroico, sferrando pugni a destra e a manca per proteggere la sua bella, non mostrando un attimo di cedimento umano e, senza titolo alcuno, auto proclamandosi capo rivoluzionario dei proletari della 3a classe. Non mancano alla carrettata, il capitano coraggioso, lo scacciacani a servizio del potente, la borghesia che accetta di morire con indosso il vestito migliore: c'è persino il guarda-scialuppe nazista e corrotto che, come in una specie di campo di concentramento, spara ai declassati per garantire la salvezza ai soli passeggeri di un certo tenore sociale. In un viaggio destinato ad una fine sicura, troppi sono i gusti che Cameron vuole soddisfare: accalappia il cuore dei teenager con la tenera liaison giovanile, carica l'attesa preannunciando faville per gli amanti delle scene catastrofiche, chiama a sé i nostalgici e gli storici, curiosi di osservare la fedeltà ai fatti del suo mastodontico racconto, stuzzica la storia stessa creandone varianti per bocca di una sopravvissuta. Non poteva essere diversamente, forse, in seguito a "L'avventura del Poseidon" (1970), alle precedenti edizioni della sciagura Titanic ed ai quattro memorabili "Airport" (1970-'75-'77-1980), più o meno, riconducibili allo stesso genere. Ma, a parer mio, il troppo stroppia.