Americani |
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Un film di James Foley.
Con Jack Lemmon, Ed Harris, Alec Baldwin, Jonathan Pryce, Al Pacino.
continua»
Titolo originale Glengarry Glen Ross.
Drammatico,
durata 100 min.
- USA 1992.
MYMONETRO
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Il Sogno Americano si fa Incubo
di MichelangeloScaliFeedback: 400 | altri commenti e recensioni di MichelangeloScali |
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sabato 25 marzo 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
ATTENZIONE: PUÒ CONTENERE SPOILER Americani, si può dirlo senza timore, è il film definitivo sul cosiddetto Sogno Americano per come apparso negli anni '90 del Novecento, uscito peraltro proprio negli anni '90 del Novecento. Si potrebbe portare a paragone Il Grande Lebowski, ma Americani punta rappresentazione pura e semplice, non alla satira. Siamo negli uffici di un'agenzia di vendita immobiliare che usa i metodi del call center: l'agente chiama dei perfetti sconosciuti (i quali hanno però lasciato incautamente i loro dati), insistendo finché non ottiene un appuntamento. Trovatosi faccia a faccia con il potenziale cliente, l'agente tenterà di fargli acquistare degli immobili. Ma la filiale dei protagonisti ha un problema. Gli agenti che vi operano sono il fanalino di coda della Compagnia, e un motivatore appositamente inviato dalla sede centrale li pone di fronte al dilemma: chi venderà di più otterrà la famigerata Cadillac, premio per il venditore del mese; l'ultimo invece sarà licenziato. Il fatto che il primo premio sia appunto una Cadillac e il secondo un set di coltelli da bistecca la dice lunga su quanto la competizione tipica del precariato sia giunta al suo limite estremo, ai confini del ridicolo. I Nostri sono quindi l'ultima ruota del carro, e c'è di tutto: dal timido e nervoso Aaronow a Shelley Levene, apparentemente uno scafato venditore della vecchia scuola, in realtà poco più di un disperato (chi vi ha riconosciuto Gil de I Simpson ha visto bene), a Dave Moss, disperato anche lui ma con grandi ambizioni. Su su fino a Ricky Roma, l'astro nascente, al vertice della classifica delle vendite e che punta alla Cadillac, protagonista di un monologo sul senso della vita che però (guarda caso) porta l'ascoltatore dove non si aspetterebbe. Da questa premessa ci viene mostrata la notte decisiva per la vita dei protagonisti e le loro miserie, disperazioni, piccole o grandi truffe a danno di consumatori, clienti, superiori, colleghi. E in effetti il film è questo: gente che finge di avere una segretaria parlando a vuoto mentre il cliente attende in linea al telefono, truffe vere e proprie, false identità millantate per riuscire a rompere il ghiaccio, situazioni in cui una parola è capace di distruggere una carriera, e di riflesso la nascita di una nuova omertà, quella del business e delle clausole scritte in piccolo. Dopo aver assistito a tutto questo, anche il furto dei contatti dei potenziali clienti, il crimine vero, appare meno credibile, meno criminoso: chi è più delinquente, un disperato che ruba una lista di contatti o chi appioppa un rudere a una persona colpevole solo di aver risposto al telefono? E il ladro è davvero così innocente? E l'agente importuno è davvero così colpevole? E chi siamo noi? Siamo quelli che hanno risposto al telefono, quelli che hanno messo la spunta sul trattamento dati personali “ai sensi del D.Lgs. 196/2003”? Siamo Mitch&Murray, sfruttatori dei cosiddetti “agenti” (in realtà veri e propri subordinati, suscettibili di essere licenziati con un gesto)? O magari siamo proprio gli agenti, e anche noi facciamo del male, anche se solo per sopravvivere? Ed è sostenibile tutto questo? È giusto lavorare in condizioni simili? O non è forse un nuovo nazismo, alla cui Norimberga risponderemo: “Io ho solo obbedito agli ordini”? Con l'ultima inquadratura Foley e Mamet sembrano darci una risposta: tutto continuerà esattamente come prima. Ed è triste ammetterlo, ma il fatto che il film sia del 1992 la conferma in pieno.
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