Mediterraneo

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Un film di Gabriele Salvatores. Con Diego Abatantuono, Claudio Bigagli, Giuseppe Cederna, Claudio Bisio.
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Commedia, durata 100 min. - Italia 1991. MYMONETRO Mediterraneo * * * 1/2 - valutazione media: 3,56 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Un reparto totalmente impreparato alla guerra. Valutazione 3 stelle su cinque

di GreatSteven


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domenica 17 settembre 2017

MEDITERRANEO (IT, 1991) diretto da GABRIELE SALVATORES. Interpretato da DIEGO ABATANTUONO, CLAUDIO BIGAGLI, GIUSEPPE CEDERNA, CLAUDIO BISIO, UGO CONTI, GIGIO ALBERTI, VANNA BARBA
"Dedicato a tutti quelli che stanno scappando": così recita l’epilogo di questa divertente avventura che vede protagonista uno sparuto drappello di otto soldati del Regio Esercito Italiano (il tenente Raffaele Montini, il suo attendente Antonio Farina, il sergente maggiore Nicola Lorusso, i fratelli montanari Mulonar, il mulattiere Stranzabosco, il soldato semplice Latenda e il radiotelegrafista Luciano Colasanti), inviati nell’estate 1941 a Medisti, la più piccola e sperduta isola dell’arcipelago dell’Egeo, la cui missione non ha la minima importanza strategica. Si tratta di una semplice operazione di ricognizione per la quale son stati appunto reclutati questi militari fra cui si annoverano disertori, plebaglia contadina, esperti della campagna d’Africa e soldati che di guerra sanno ben poco. L’isola sembra deserta e disabitata: dopo un giorno trascorso ad esplorarla in lungo e in largo fra rocce e alberi, l’unica vittima, uccisa nel corso della prima nottata, è Silvana, l’asina di Stranzabosco. Ma poi la piccola popolazione dell’isola si fa viva: temendo un ritorno dei tedeschi che prima avevano tentato un rastrellamento e bruciato l’imbarcazione che aveva permesso agli otto di sbarcare sull’isola, si erano nascosti. Ormai senza più nessun mezzo di comunicazione o locomozione per tenersi in contatto col mondo esterno, i soldati si arrendono ad adeguarsi alla vita allegra e spensierata di Medisti. Fra i suoi pittoreschi abitanti, conoscono un docile pope e soprattutto la graziosa prostituta Vassilissa, che se li porta a letto tutti escluso il timido Farina, ancora vergine, ma che poi ne diventa l’amante fisso ad esclusione di tutti i commilitoni e addirittura la sposa. Due anni dopo, nell’autunno 1943, Carmelo La Rosa, un aviatore palermitano, sbarca sull’isola col suo velivolo e avverte gli otto militari dell’armistizio dell’8 settembre, di cui essi erano chiaramente all’oscuro, del voltafaccia italiano nello schieramento del conflitto armato e di come, in patria, si sia scatenata la lotta partigiana per scacciare tedeschi e fascisti. I dubbi dei nostri sono molti: tornare in Italia per tentare di ricostruire un paese dilaniato e fortemente sconquassato da una guerra civile e fratricida o rimanere al sicuro a Medisti, protetti dal mare e dalla gaiezza dei loro ospitanti? Nel 1945, finalmente, giunge una soluzione: a guerra conclusa, una barca inglese arriva in soccorso della piccola pattuglia. Torneranno però a casa soltanto in sei su otto, perché Latenda (il più ossessionato da un’idea di rimpatrio immediato) si incamminerà da solo a forza di remi su una barca di fortuna per raggiungere le coste italiche, e Farina, che si nasconde in un barile di olive perché non ha nessuno che lo aspetti a casa e, ormai sposato con Vassilissa che ha deciso di abbandonare la prostituzione per aprire un ristorante col marito, sceglie di rimanere. Circa trent’anni dopo, il tenente Montini, invecchiato, ritorna sull’isolotto da semplice turista, e va a trovare Farina, anch’egli appesantito dal trascorrere del tempo: e, inaspettatamente, il tenente ritrova a Medisti anche Lorusso, deluso dai tentativi di riconciliazione politici italiani del dopoguerra e trovatosi molto più a suo agio fra gli isolani greci. Nel frattempo Vassilissa è morta, ma la memoria del passato ha lasciato segni profondi in tutti e tre gli uomini. Premiato con l’Oscar 1991 al migliore film straniero, è un film d’attori basato su un’efficace recitazione corale, in cui ognuno si ritaglia il suo spazio espressivo e tira fuori il meglio di un pathos che si aggrega all’antimilitarismo di fondo che è l’autentica linfa vitale di cui questa storia, originale e convincente, si alimenta. Attenzione, però: è forse l’unico caso di un film italiano sulla Seconda Guerra Mondiale in cui l’odio per il conflitto è reso con tratteggi così tranquilli e beati, quasi che l’aggressività e la violenza non costituiscano un elemento fondamentale. Non manca perciò il gusto di una scampagnata fra le montagne bianche, i tuffi nell’acqua marina limpida, i boschi spogli e ispidi e le fumate dell’oblio (esilarante la lunga sequenza in cui il lestofante turco Aziz, offrendo all’intero plotone una sostanza che mischia tabacco assopente a sostanze allucinogene, li intontisce tutti per poi prendersi le loro armi e i loro oggetti di valore). Abatantuono istrionico, Bigagli carico di energia positiva e ponderata, Cederna notevolissimo sotto le righe, Bisio scemotto ma intraprendente, Conti misurato e sobrio. V. Barba veste i panni della passeggiatrice senza la minima volgarità, apparendo più come una donna che s’è scelta questo mestiere perché in famiglia tutte le sue parenti del suo stesso sesso lo professavano, ma nella sua recitazione si avvertono passione e sentimento, conditi con una lodevole delicatezza. Il montaggio di Nino Baragli è il migliore fra i contributi tecnici, per quanto anche le musiche etniche di Italo Petraccione svolgano il loro non facile compito, e con un’audacia assolutamente da premiare, di introdurre lo spettatore nell’atmosfera serena e addirittura cosmopolita dell’arcipelago della più variopinta delle penisole mediterranee. Indubbiamente una delle opere più complete e mature di Salvatores, che qui ormai ha consacrato con forte stabilità il suo sodalizio con Abatantuono e ha girato una pellicola che gli è stata congeniale per numerosi aspetti: la scelta degli interpreti (ognuno con la voce e la faccia giuste), l’ambientazione ideale, una sceneggiatura semplice ma potente, una morale di fondo significativa, una carica di positivismo che regala gagliarde emozioni e infine pure il semplice sfizio di raccontare un episodio inventato, ma quanto mai verosimile, che si inserisce in un preciso contesto storico e narra una verità con l’identico piglio con cui uno storico descriverebbe una battaglia o un qualsivoglia evento di ragguardevole importanza. Non è un dettaglio da poco. Da gustare in compagnia e proiettare con impavida sicurezza per più di una volta: alla seconda visione, si colgono i particolari, compresi quelli più comici.

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