Mr. Crocodile Dundee

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Un film di Peter Faiman. Con Paul Hogan, Linda Kozlowski, Mark Blum, John Meillon, David Gulpilil.
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Titolo originale «Crocodile» Dundee. Commedia, durata 111 min. - Australia 1986.
   
   
   

Strepitoso Hogan che mescola avventura e comicità. Valutazione 3 stelle su cinque

di GreatSteven


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sabato 17 febbraio 2018

 MR. CROCODILE DUNDEE (AUSTRAL, 1986) diretto da PETER FAIMAN. Interpretato da PHIL HOGAN, LINDA KOZLOWSKI, JOHN MEILLON, MICHAEL LOMBARD, DAVID GULPILLI, MARK BLUM
L’affascinante e tenace giornalista statunitense Sue Charlton viene a sapere di un caso che potrebbe interessare parecchio al quotidiano per cui lavora, ma che prima di tutto cattura la sua attenzione: nel Queensland, presso lo sperduto villaggio di Giro in Giro Creek, vive Michael J. "Crocodile" Dundee, un’autentica leggenda del luogo. Uomo capace di uccidere a sangue freddo i coccodrilli, ammansire bufali d’acqua con lo sguardo e giochi delle dita, bere boccali su boccali di alcolici e nutrirsi abbondantemente di opossum arrosto e formiche dolci. La donna parte da New York City e raggiunge il suo interessato in Australia, conoscendolo e trascorrendo con lui dapprima una movimentata serata a base di birra, biliardo e cazzotti in un bar locale e poi qualche giornata nella foresta sub-equatoriale australiana, in cui Mitch (questo il soprannome del cacciatore/pescatore protagonista) le mostra la barca su cui stava pescando quando un rettile di quelli che lui ben conosce gli addentò una gamba (secondo una leggenda autoctona, addirittura gliene avrebbe strappato la metà) e lui lo ammazzò come d’abitudine, e poi la salva da uno di questi feroci predatori piantandogli un coltello in testa mentre lei è tranquillamente intenta a farsi il bagno. Al termine di questa avventurosa conoscenza, Sue propone a Michael se vuole seguirla a New York e lui, sebbene reticente perché non s’è mai mosso dal suo piccolo villaggio, accetta, e partono a bordo d’un aereo, lui portandosi seco il suo consueto cappello nero e il suo consunto giubbotto marrone scamosciato. Ma la vita in una sconfinata metropoli con migliaia di grattacieli e nove milioni di abitanti lo mette fin da subito a disagio, per quanto Michael si sforzi di comprendere lo stile di vita e le abitudini dei newyorkesi. Una scintilla d’amore fra il cacciatore di coccodrilli e la reporter già scatto sotto l’Equatore, ma Sue è in procinto di sposarsi col collega Richard, eppure, una volta capite a fondo le motivazioni che spingono Michael a tornarsene in Australia perché reputa i newyorkesi troppo strambi, lo intercetta alla stazione della metropolitana e gli dichiara il suo amore, venendone ricambiata. È ad oggi il maggior successo mai ottenuto dal cinema australiano, e uno dei film che incassarono di più nel 1986. Il merito va prevalentemente a Hogan: l’attore ha saputo (in quanto anche co-sceneggiatore) inventarsi addosso un personaggio non ingenuo né aggressivo, né tantomeno cialtrone o spudorato, ma capace di adattarsi ad un contesto in cui è nato e cresciuto e molto più in difficoltà ad abituarsi ad un altro che invece gli è totalmente estraneo per discordanza di linguaggio, consuetudini, oggetti quotidiani, luoghi, mentalità delle persone e cose da mangiare. Ma la sua accoppiata con L. Kozlowski (al suo debutto cinematografico) dà l’acqua della vita ai loro incredibili duetti che hanno per perno la contrapposizione fra la giungla in senso stretto e la giungla d’asfalto, molto diverse in quanto al tipo, ma non alla quantità, dei pericoli in cui vi si può incappare con una certa facilità. E questa è la carta vincente a livello immateriale di un film comico che, come pochi, riesce a divertire concentrandosi su una costruzione a base di gag, ossia facendo propria una catena di momenti spassosi che si susseguono l’un l’altro senza la minima caduta di ritmo: Mitch che scazzotta con chi usa il turpiloquio davanti a delle signore, che non sa in quale giorno dell’anno sia nato, che maneggia un lungo serpente come fosse un viscido bastone da passeggio, che a New York saluta tutti quelli incontrati per strada e propone loro, benché a lui sconosciuti, di rivedersi in futuro, che prende per gabinetto un bidet ignorandone dapprincipio la funzione, che non sa ordinare al ristorante napoletano perché il menù è scritto in italiano per poi dare una capocciata al fidanzato di Sue perché, a sua detta, sfotte troppo, che frequenta un paio di formose prostitute senza mai andare oltre ad una semplice chiacchierata finendo per malmenare ogni volta il loro prepotente ma sfortunato protettore e che crede sempre che ogni donna interessata a lui sia in realtà un travestito, su suggerimento di un subdolo tassista di cui diventa confidente e amico. Ha solo due difetti: latita quando cerca di innescare la paura nello spettatore in due o tre momenti (l’attacco del coccodrillo a Sue, sebbene sia una delle più celebri sequenze del film) ricorrendo perfino ad una musica inquietante, e quando tenta d’approfondire la psicologia dei personaggi secondari, i quali rimangono permanentemente in penombra e non hanno occasione d’esprimersi meglio, o al meglio delle loro qualità, che invece si notano e avrebbero meritato un’attenzione superiore. Fatto sta che Hogan ottenne una fama pressoché mondiale e Kozlowski fu bravissima a non fargli da spalla (e il rischio c’era, eccome se c’era), mentre funse da co-protagonista abile a tenergli testa nei loro botta-e-risposta, ma pure in grado di comprendere un uomo così diverso da lei, la qual cosa non ha impedito a nessuno dei due di infatuarsi a vicenda e cominciare una storia d’amore in un finale magari un tantino stucchevole, ma opportuno per una commedia che si propone come obiettivi le risate a cuor leggero e quello di dare una morale al senso dei cambiamenti che per forza occorrono nella vita di ciascuno. Sia che un individuo di sesso maschile viva nel profondo di una foresta ad annientare giganteschi rettili, sia che una giornalista donna voglia scrivere un articolo su di lui che possa fruttare successo ad ambedue, una volta comparso in prima pagina. Come appunto accade.  

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