Vivere e morire a Los Angeles

Insieme a "Manhunter" di Michael Mann e "La vedova nera" di Bob Rafelson, l'opera di Friedknin rappresenta il miglior poliziesco del decennio. Una fotografia sporca ed una colonna sonora martellante ed ossessiva rendono la città degli angeli un luogo cupo e corrotto, in cui sembra non sia mai esistito il bene, e la sfida tra il falsario Defoe (qui nella sua migliore interpretazione di sempre), e il poliziotto Petersen sconfina gli stereotipi del genere, trasformandosi in analisi profonda dei personaggi utile a descrivere l'immoralità che permea ogni loro azione. In questo modo, il confine tra bene e male, man mano che si va avanti, si assottiglia sempre più, fino a scomparire (il poliziotto arriva a rubare pur di incastrare il falsario, e si rende inoltre responsabile della morte di un agente dell'FBI). Pessimismo e romanticismo del perdente si fondono in un poliziesco di rara potenza, ma che non fu apprezzato all'epoca (anche se nella recensione di Farinotti si parla inspiegabilmente di successo). E si tratta anche dell'ultimo grande film di Friedkin, purtroppo mai più riconfermatosi su quei livelli.