stefano capasso
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venerdě 15 agosto 2014
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frammentato ma sempre cinema
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La storia di Carmen e Joseph nella sua traiettoria che va dall'amore alla fine, il delirio di Jean Luc Godard che nel film interpreta se stesso, un quartetto d'archi che prepara Beethoven e il ritmo ciclico del mare. Elementi che si combinano in un montaggio sapientemente frammentato e volutamente inintelligibili. Sequenze video e parti delle traccia audio scomposte, in un esercizio stilistico di antinarrativo che è comunque cinema di alto livello, difficilmente comprensibile se l'intenzione è quella di comprendere. E' un film, vincitore del Leone d'Oro a Venezia nel 1983, carico di simboli ed erotismo; un opera sperimentale, che mi ha lasciato interdetto.
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La storia di Carmen e Joseph nella sua traiettoria che va dall'amore alla fine, il delirio di Jean Luc Godard che nel film interpreta se stesso, un quartetto d'archi che prepara Beethoven e il ritmo ciclico del mare. Elementi che si combinano in un montaggio sapientemente frammentato e volutamente inintelligibili. Sequenze video e parti delle traccia audio scomposte, in un esercizio stilistico di antinarrativo che è comunque cinema di alto livello, difficilmente comprensibile se l'intenzione è quella di comprendere. E' un film, vincitore del Leone d'Oro a Venezia nel 1983, carico di simboli ed erotismo; un opera sperimentale, che mi ha lasciato interdetto. Cosa ho visto, un capolavoro? Un orrore? Quello che posso dire è che certamente si tratta di un lavoro in cui Godard ha semplicemente scelto di mostrarsi; di esibirsi nel suo talento, con la sua modalità oppositiva e narcisistica.
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gwynplaine
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lunedě 28 gennaio 2013
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nnnnnnnnnnn
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mr.619
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domenica 4 luglio 2010
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la vacuitŕ vicendevole della vis drammaturgica
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Questo film non è un film, non si tratta di pura e materialistica finzione riflessivo-dialogica di un patema vitale esistente e penetrante l'entità della natura in tutta la sua interezza, ma, d'altro canto, di un'ulteriore ripresa infinitesimale del percorso di idealizzazione e noeticizzazione metaparacinematografica ( ogni termine che abbia come prefisso "meta" rientra nella mia categoria di gradimento verbale).In tale opera "falsamente" ricostruita, ricomposta e volutamente sconnessa allo stesso tempo (perchè, ricordiamolo, ogni film di Jean-Luc Godard è un'incostante puerilizzazione dello stesso strumento cinematografico e dell'espletamento della sua finalizzante attuazione) si intravede e rivela un'immensa funzione distorcente delle immagini maniacalmente filmate e collegate, nella quale tutto, partendo dall'introduttivo ed iniziale stato d'animo del regista, è una flessione, proiezione ( relativamente) veritiera della tridimensionale facoltà di raziocinio e pensiero provante il proprio soverchiamento mostrata dall'autore suddetto.
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Questo film non è un film, non si tratta di pura e materialistica finzione riflessivo-dialogica di un patema vitale esistente e penetrante l'entità della natura in tutta la sua interezza, ma, d'altro canto, di un'ulteriore ripresa infinitesimale del percorso di idealizzazione e noeticizzazione metaparacinematografica ( ogni termine che abbia come prefisso "meta" rientra nella mia categoria di gradimento verbale).In tale opera "falsamente" ricostruita, ricomposta e volutamente sconnessa allo stesso tempo (perchè, ricordiamolo, ogni film di Jean-Luc Godard è un'incostante puerilizzazione dello stesso strumento cinematografico e dell'espletamento della sua finalizzante attuazione) si intravede e rivela un'immensa funzione distorcente delle immagini maniacalmente filmate e collegate, nella quale tutto, partendo dall'introduttivo ed iniziale stato d'animo del regista, è una flessione, proiezione ( relativamente) veritiera della tridimensionale facoltà di raziocinio e pensiero provante il proprio soverchiamento mostrata dall'autore suddetto.E' possibile riconoscere e distinguere due porzioni diverse, aliene dell'opera in questione: il recesso mentale del grande artista, trovantesi in una lugubre e deteriorante fase di pausa emotiva, artistica e d'esistenza ( l'ospedale, la morte dei due frutti simbolici della sua immaginazione, oltre che del pretendimento stesso); e, quindi, l'opposto di ciò, il sogno trasgressivo e liberatorio del maestro francese, il quale si catapulta nell'apertura voraginosa dei suoi stessi desideri erotici e stimolatamente scatenanti, e che, non per questo, ritorna ad essere afflitto dal manicheismo dicotomico generatosi nel suo intelletto, tra il cardine altisonante e fatiscente della sua fantasia creativa quasi identificatoria (l'uomo) e l'estremo anamorfico semi-reale ed emblematico della sua crisi totalitaria (la donna).Ambedue i fili psicologici della matassa narrativa sono del tutto simili a due rette parallele che, poste su un fascio improprio di rette, determinano casi di segmenti perpendicolari ( le necessarie interazioni interferenziali di entrambi i campi riordinanti la realtà e la dimensione onirica).Nel complesso groviglio di tutto questo, l'unico denominatore comune legatoriale degli emisferi cerebrali è rappresentato dalla musica, trasfigurazione in tono armonico e cordiale dei propri sentimenti riguardo all'umanità.Apocalittico.
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paride86
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lunedě 25 gennaio 2010
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insomma
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La "Carmen" di Bizet ha allo stesso tempo molto e poco a che vedere con quella di Godard. In ogni modo, per penetrare quest'opera cinematografica è necessario conoscere quella lirica.
Non è tanto il modo che ha il regista di dirigere a non avermi conquistato, piuttosto il narcisismo e l'autocompiacimento di cui Godard - qui in veste anche di attore - ha infarcito la storia.
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