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giorgio76
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lunedì 18 novembre 2013
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kramer contro kramer, storia di un padre*
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*Recensione scritta a 04 mani da Federico Mugnai e Giorgio Frabetti
Il film innanzitutto è giocato sul binario della critica di costume, e mantiene un messaggio ancora oggi forte e potente.
Innanzitutto, il tema che gioca sul doppio Kramer, cioè il papà.
Un Papà che al momento della separazione si trova al culmine della carriera lavorativa, concentrato nel ruolo di secondo genitore, inadatto nelle classiche mansioni materne (cucinare, lavare, etc...); un papà, che, al momento della sentenza, ha già ridimensionato il lavoro, che tanto tempo lo occupava e si è immedesimato completamente nel ruolo di genitore, imparando tutte le principali mansioni domestiche e creando con il figlio un rapporto amorevole e non più gerarchico, come spesso capita tra padre e figlio.
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*Recensione scritta a 04 mani da Federico Mugnai e Giorgio Frabetti
Il film innanzitutto è giocato sul binario della critica di costume, e mantiene un messaggio ancora oggi forte e potente.
Innanzitutto, il tema che gioca sul doppio Kramer, cioè il papà.
Un Papà che al momento della separazione si trova al culmine della carriera lavorativa, concentrato nel ruolo di secondo genitore, inadatto nelle classiche mansioni materne (cucinare, lavare, etc...); un papà, che, al momento della sentenza, ha già ridimensionato il lavoro, che tanto tempo lo occupava e si è immedesimato completamente nel ruolo di genitore, imparando tutte le principali mansioni domestiche e creando con il figlio un rapporto amorevole e non più gerarchico, come spesso capita tra padre e figlio.
Questa a 35 anni di distanza la potente lezione di Kramer contro Kramer.
Non la storia strappalacrime sul disagio dei padri che perdono l'affidamento dei figli, ma quella di un padre che riesce a cambiare la propria vita e il suo essere genitore in base alle difficoltà che trova nel suo percorso. Della serie: anche i padri possono cambiare, adattarsi, trovare stimoli per tappare le falle dell'assenza di una figura materna per il figlio. E il finale utopico quanto si vuole, rappresenta la rottura con la drammatica "Verità" della legge.
Un film molto controcorrente rispetto al luogo comune giurisprudenziale che vede la madre affidataria naturaliter del figlio in caso di separazione, una lezione controcorrente anche oggi, in tempi in cui si accusa un ceto forense e giudiziario di schiacciare la capacità educativa e di affetto del padre.
Cinematograficamente parlando, il film, invece, rivela all’occhio di oggi alcune “rughe”: alcune legate al tempo, altre legate agli obiettivi difetti della pellicola.
In primo luogo, le rughe del film, evidenti: il dramma della madre Meryl Streep, che divorzia per motivi legati alla mancata affermazione professionale era un topos del primo femminismo e comunque lo stesso cinema ha riservato rappresentazioni più approfondite della psicologia femminile in questi frangenti.
In secondo luogo, i difetti. Difetti soprattutto di sceneggiatura. La scelta degli sceneggiatori di optare per la formula della “commedia drammatica” condanna il film ad un fragile equilibrio tra commedia e dramma, tra prima e seconda parte, la prima (dedicata all’evoluzione di Hoffman da “padre in carriera” a “mammo”) accattivante e coinvolgente, la seconda (dedicata al processo) troppo didascalica e prevedibile nel finale: il contegno processuale dei due è “troppo” responsabile visto con gli occhi di oggi verso il figlio e precostituisce la conversione finale della madre: diciamo, una realtà molto, troppo edulcorata rispetto alla realtà dei processi (statunitensi e non) che spesso non finiscono in modo così idillico (forse gli sceneggiatori hanno avuto consegne da parte dei produttori di non calcare la mano su argomenti che altrimenti avrebbero creato disagio al pubblico e pregiudicata la resa del film al botteghino).
Difetti di sceneggiatura, che comunque la strepitosa e memorabile arte interpretativa di Hoffman e Strepp sanno largamente colmare.
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filippo catani
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mercoledì 13 febbraio 2013
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il dramma di una separazione
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New York. Uno stimato pubblicitario vive con una moglie insoddisfatta che fa la casalinga e la madre del loro piccolo figlio. Una sera, in coincidenza con un importante incarico affidato al marito, la donna abbandona casa in cerca di se stessa e di una propria dimensione. L'uomo si dovrà trasformare in un padre a tempo pieno e, a distanza di un anno e mezzo, si ritroverà a contendere la custodia del figlio alla moglie in tribunale.
Il film è molto intenso sia per la tematica che tratta sia per la superba interpretazione dei suoi protagonisti con un grande Hoffman affiancato dalla bravissima Streep. Diversi sono gli snodi di questa pellicola ma principalmente ci troviamo di fronte a una donna che soffre e vuole cercare una propria strada e una propria indipendenza ma per fare questo lascia il marito solo con il proprio figlio per circa un anno e mezzo prima di tornare sui suoi passi e richiedere la custodia.
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New York. Uno stimato pubblicitario vive con una moglie insoddisfatta che fa la casalinga e la madre del loro piccolo figlio. Una sera, in coincidenza con un importante incarico affidato al marito, la donna abbandona casa in cerca di se stessa e di una propria dimensione. L'uomo si dovrà trasformare in un padre a tempo pieno e, a distanza di un anno e mezzo, si ritroverà a contendere la custodia del figlio alla moglie in tribunale.
Il film è molto intenso sia per la tematica che tratta sia per la superba interpretazione dei suoi protagonisti con un grande Hoffman affiancato dalla bravissima Streep. Diversi sono gli snodi di questa pellicola ma principalmente ci troviamo di fronte a una donna che soffre e vuole cercare una propria strada e una propria indipendenza ma per fare questo lascia il marito solo con il proprio figlio per circa un anno e mezzo prima di tornare sui suoi passi e richiedere la custodia. Come purtroppo spesso accade a pagare le conseguenze maggiori di questa situazione è il piccolo bambino di casa a cui bisogna cercare di dare una spiegazione della nuova situazione che si è creata in casa. Ovviamente all'inizio è dura sia per il padre che per il figlio specialmente per conciliare gli mimpegni tra casa e lavoro e per cucinare e fare i lavori di casa. Poi molto dura è anche la sequenza dell'udienza per l'affidamento che ci ricorda come in alcune occasioni si è pronti a tutto e a sferrare qualsiasi colpo basso pur di averla vinta (molto bello il momento in cui il pubblicitario si rifuta categoricamente di far testimoniare in aula il proprio figlio). Insomma una pellicola su una separazione che si e ci interroga sulle difficoltà della vita matrimoniale in cui entrambi gli individui della coppia hanno il diritto di seguire le proprie passioni ma un qualche sacrificio deve essere fatto da ambo le parti per il bene della famiglia e dei figli se vi sono. Un tema spinoso e delicato che coinvolge chiunque abbia avuto una qualsiasi esperienza diretta o indiretta che sia.
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enzo70
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lunedì 4 febbraio 2013
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un classico di grande attualità
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Un cult che ogni volta assume un significato nuovo. La storia è celeberrima: Kramer padre, o marito, uno straordinario Dustin Hoffmann, viene lasciato dalla moglie, una incredibile Meryl Streep. E qua ci si potrebbe fermare, i due protagonisti da soli reggerebbero qualsiasi film. Ma questo è un film degli anni settanta, in cui l’impegno era dovuto e l’Amerika, quella, con la kappa aveva una zona franca: New York City. E la straordinaria capitale statunitense è il degno proscenio di una storia che anticipa i tempi: il dramma dei padri divorziati cui la giustizia, quasi sempre, sottrae i figli sulla base di una presunzione assoluta basata, comunque, sulla legge naturale. Il film si muove con grande eleganza ed ha tempi sempre perfetti.
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Un cult che ogni volta assume un significato nuovo. La storia è celeberrima: Kramer padre, o marito, uno straordinario Dustin Hoffmann, viene lasciato dalla moglie, una incredibile Meryl Streep. E qua ci si potrebbe fermare, i due protagonisti da soli reggerebbero qualsiasi film. Ma questo è un film degli anni settanta, in cui l’impegno era dovuto e l’Amerika, quella, con la kappa aveva una zona franca: New York City. E la straordinaria capitale statunitense è il degno proscenio di una storia che anticipa i tempi: il dramma dei padri divorziati cui la giustizia, quasi sempre, sottrae i figli sulla base di una presunzione assoluta basata, comunque, sulla legge naturale. Il film si muove con grande eleganza ed ha tempi sempre perfetti. La scena stessa del processo, e del relativo dramma umano, è quanto mai essenziale. Insomma un cult, di grandissima attualità.
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gianni lucini
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venerdì 30 settembre 2011
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una doppia separazione
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Quando a Dustin Hoffman viene proposto di interpretare Kramer contro Kramer l’attore attraversa un momento delicato della sua vita perché si sta separando dalla moglie Anna Byrne. Il romanzo non lo appassiona e la prima stesura non lo convince per niente. La produzione non s’arrende e dopo una lunga trattativa ottiene il suo assenso. Nel contratto è previsto che Hoffman possa intervenire sulla sceneggiatura, ripetere una scena se non lo soddisfa indipendentemente dall’opinione del regista e supervisionare tutta la fase del montaggio. Per la prima volta nella sua carriera è investito di una responsabilità che va molto oltre il suo ruolo d’attore e la sua mano si sente.
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Quando a Dustin Hoffman viene proposto di interpretare Kramer contro Kramer l’attore attraversa un momento delicato della sua vita perché si sta separando dalla moglie Anna Byrne. Il romanzo non lo appassiona e la prima stesura non lo convince per niente. La produzione non s’arrende e dopo una lunga trattativa ottiene il suo assenso. Nel contratto è previsto che Hoffman possa intervenire sulla sceneggiatura, ripetere una scena se non lo soddisfa indipendentemente dall’opinione del regista e supervisionare tutta la fase del montaggio. Per la prima volta nella sua carriera è investito di una responsabilità che va molto oltre il suo ruolo d’attore e la sua mano si sente. Contrariamente a quanto accade di solito il film viene girato per scene successive nello stesso ordine previsto dal copione per facilitare agli attori l’inserimento nei caratteri dei personaggi. Spesso apporta modifiche al copione stesso anche in fase di lavorazione. Nella scena dell’incontro al bar, per esempio, la sceneggiatura originale prevede che Joanna chieda immediatamente a Ted l’affidamento del figlio appena il marito si fosse seduto al tavolino. Per scelta di Hoffman quel momento viene posticipato. Non pago di ciò decide di sottolineare la drammaticità del momento lanciando un bicchiere di vino bianco contro la parete. L’episodio, non previsto dallo script, lascia di stucco Meryl Streep la cui espressione emblematica non è frutto di bravura interpretativa ma di reale sgomento di fronte a un gesto inaspettato. Messo nelle condizioni ideali per recitare regala il meglio del suo bagaglio tecnico a un personaggio in costante metamorfosi come Ted Kramer. Più che l’espressione verbale è il corpo il vero strumento di comunicazione. È la sua gestualità a rendere con efficacia la progressiva trasformazione da distratto uomo in carriera a genitore attivo e responsabile con i movimenti del corpo che gli fanno progressivamente e fisicamente “conquistare” spazi (la cucina, il soggiorno, il parco, il gioco, le aree per il gioco, ecc.) nei quali inizialmente fatica a muoversi.
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gianni lucini
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venerdì 30 settembre 2011
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un regista inatteso
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Robert Benton inizia a lavorare alla trasposizione cinematografica del romanzo “Kramer contro Kramer” quando ancora non sa che toccherà a lui dirigerlo. Il suo mestiere è quello di sceneggiatore e per questo lo hanno messo sotto contratto. Nei giorni in cui mette mano alla sceneggiatura la produzione pensa infatti di affidarne la regia a un vecchio mago dei sentimenti come François Truffaut. Per questa ragione quando si ritrova a dover occuparsi della regia affronta il suo compito proprio guardando a Truffaut. Nel regista francese non vede tanto il modello cui rifarsi quanto il correttivo di una grammatica cinematografica, quella hollywoodiana, che spesso eccede nella melassa delle situazioni strappalacrime puntando su esasperate caratterizzazioni dei personaggi.
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Robert Benton inizia a lavorare alla trasposizione cinematografica del romanzo “Kramer contro Kramer” quando ancora non sa che toccherà a lui dirigerlo. Il suo mestiere è quello di sceneggiatore e per questo lo hanno messo sotto contratto. Nei giorni in cui mette mano alla sceneggiatura la produzione pensa infatti di affidarne la regia a un vecchio mago dei sentimenti come François Truffaut. Per questa ragione quando si ritrova a dover occuparsi della regia affronta il suo compito proprio guardando a Truffaut. Nel regista francese non vede tanto il modello cui rifarsi quanto il correttivo di una grammatica cinematografica, quella hollywoodiana, che spesso eccede nella melassa delle situazioni strappalacrime puntando su esasperate caratterizzazioni dei personaggi. La scelta di Benton appare fin dall’inizio quella di lavorare sui personaggi in modo da farli apparire più veri di quanto non siano nel romanzo da cui nascono. Lo fa con cautela, ma lo fa. Porta lo spettatore nei meandri delle beghe, dei piccoli e grandi rancori di una separazione coniugale senza sposare del tutto nessuno dei personaggi coinvolti ma utilizzando scene, dialoghi e situazioni in modo da alternarne i punti di vista. È chiaro che siccome la storia gira intorno al personaggio di Ted Kramer sia proprio lui a godere di uno sguardo più attento, ma non è mai esclusivo. Il suo punto di vista è importante ma deve fare i conti, più di quanto accada nel romanzo, con quelli degli altri personaggi, compresa l’antagonista per eccellenza, la sua ex moglie. Joanna infatti viene disegnata come una donna fragile che non ha retto il peso di una situazione coniugale stressante dopo aver vissuto otto anni al completo servizio della carriera del marito. Il suo personaggio è più complesso, con un’umanità maggiore della Joanna nel romanzo di Avery Corman che è fondamentalmente un’antagonista ambigua e rancorosa. Da buon sceneggiatore utilizza poi il personaggio di Margareth, sorella di Ted e amica di Joanna, per aiutare lo spettatore a comprendere la complessità della vicenda dei Kramer. Interessanti sono anche le scelte del registro narrativo che muta con il mutare dei punti di vista. Assume quello di Joanna quando vive la sua angoscia esistenziale mentre Ted non s’accorge neppure che lei gli ha detto che lo lascia e diventa maschile nel momento in cui il pubblicitario di successo è costretto a prendere coscienza del suo ruolo di padre nel breve volgere di qualche ora. Il pregio della regia di Robert Benton è proprio in questa capacità di tenere sempre viva l’alternanza dei punti di vista calibrando il ritmo stesso della narrazione sulla loro costante contrapposizione. Nel contenzioso legale e sentimentale che si sviluppa intorno al piccolo Billy non c’è un personaggio completamente “buono” e uno completamente “cattivo” così come le situazioni non sono mai decisamente “giuste” o “ingiuste”.
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pier lorenzo pisano
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venerdì 29 aprile 2011
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una storia costruita per piacere, ma con stile
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Una moglie in crisi, Joanna (Meryl Streep), lascia il marito Ted Kramer (Dustin Hoffman) ed il piccolo Billy (Justin Henry), costringendo Ted a reinventare la sua vita includendo suo figlio, prima escluso e relegato alle cure materne.
Ted è costretto dagli eventi a costruire in fretta il rapporto col figlio e a cambiare epicentro alla sua vita. La sua prima preoccupazione, “portare a casa il becchime”, scende a patti con le esigenze e gli impegni comportati dal mantenere un bambino che soffre per l’abbandono della madre ed è bisognoso di moltissime attenzioni.
Ted Kramer è un brav’uomo: solare, ottimista, tutto preso dal suo lavoro e carico (forse anche in maniera eccessiva) di valori positivi.
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Una moglie in crisi, Joanna (Meryl Streep), lascia il marito Ted Kramer (Dustin Hoffman) ed il piccolo Billy (Justin Henry), costringendo Ted a reinventare la sua vita includendo suo figlio, prima escluso e relegato alle cure materne.
Ted è costretto dagli eventi a costruire in fretta il rapporto col figlio e a cambiare epicentro alla sua vita. La sua prima preoccupazione, “portare a casa il becchime”, scende a patti con le esigenze e gli impegni comportati dal mantenere un bambino che soffre per l’abbandono della madre ed è bisognoso di moltissime attenzioni.
Ted Kramer è un brav’uomo: solare, ottimista, tutto preso dal suo lavoro e carico (forse anche in maniera eccessiva) di valori positivi. Manca però della sensibilità necessaria a capire gli errori e la piega che sta prendendo il suo rapporto con Joanna; peraltro le cause della separazione sono marginalmente abbozzate e non approfondite più di tanto. Il fulcro del film si gioca infatti nel rapporto padre-figlio, con tanto di scene stereotipate (la prima volta in bicicletta), e patetiche (la corsa disperata all’ospedale), ma sempre godibili.
Joanna, motore della vicenda, è in realtà un personaggio fantoccio. È usata come causa scatenante, ma su di lei non sappiamo molto. Manca un qualunque lavoro di introspezione e ciò contribuisce a rendercela invisa perché ogni suo comportamento sembra essere irrazionale e frutto di instabilità mentale. Il pubblico è il primo severo giudice dei suoi comportamenti che non ammettono giustificazioni, e qui sta anche la maggior pecca del film: l’unilateralità. Anche se il titolo è “Kramer vs Kramer”, in realtà l’unico punto di vista trattato è quello del padre lasciato e del figlioletto abbandonato, il tutto costruito per creare grande empatia col pubblico ma non per questo togliendo valore al tutto. Si potrebbe infatti dire che il film sia un po’ “furbo” nell’attrarre a se lo spettatore con questi trucchetti ma resta comunque intrattenimento di altissimo livello, premiato da cinque Oscar, (tra cui miglior attore protagonista e miglior attrice non protagonista), quattro Golden Globe e tre David di Donatello.
Durante tutto il corso del film Ted si trova ad affrontare una serie di conflitti di difficoltà crescente, a partire dalla prima colazione immediatamente dopo l’abbandono. Ogni volta che un ostacolo è sciolto, il successivo si erge subito minaccioso, ed è interessante notare come ogni scena cruciale o di contrasto tra personaggi si svolga davanti ad un tavolo, anche qui in un crescendo: il tavolo di un bar, di un ristorante, il banco di un tribunale.
Il conflitto interiore tra l’attenzione da dedicare al figlio e le energie da impiegare nel lavoro si scioglie inaspettatamente in favore del figlio, mostrandoci una sorta di sogno americano rovesciato: Ted, uomo di successo, con un lavoro di grande prestigio, sceglie di essere un buon padre a scapito della sua carriera, inseguendo un sogno molto più condivisibile (e ancora una volta ammiccando al pubblico).
Dustin Hoffman e Meryl Streep guadagnarono entrambi il primo oscar con questa pellicola, regalando due interpretazioni davvero intense e memorabili. In particolare, Dustin Hoffman all’epoca stava realmente divorziando dalla moglie Anne Byrn, e quello che vediamo nel film è una trasposizione della sua vita su pellicola, più che una interpretazione (come lui stesso ha dichiarato).
In sintesi, un film che ha lasciato il segno, con due interpreti formidabili ed una storia costruita per piacere, ma con stile.
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hi mate!
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giovedì 28 aprile 2011
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al giorno d' oggi....
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Il film è molto bello e toccante,certo era il 1979 e forse rivisto oggi può sembrare un tantino moralizzatore!
4 stelle comunque!
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ivan91
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domenica 4 luglio 2010
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film educativo
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un film che fa riflettre sul tema scottante delle separazione dei genitori.
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luca scialò
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lunedì 8 marzo 2010
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il divorzio visto dal marito
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Ted Kramer è un agente pubblicitario di successo; ma, preso troppo dal lavoro, trascura la moglie Joanna e il figlio, al punto che lei decide di lasciarlo, sentendosi irrealizzata e poco ascoltata. Iniziano per lui molti problemi, soprattutto lavorativi, dovuti all'accudire da solo il figlio e di conseguenza, nel dare meno spazio al lavoro, a cui prima si dedicava in toto; tant'è che viene licenziato. La moglie poi si ripresenta, per chiedere il divorzio e la custodia del figlio e di qui comincia un'inevitabile battaglia legale...
Il film affronta un fenomeno all'epoca (fine anni '70) dilagante in America, un pò come sta accadendo ora in Italia: il divorzio.
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Ted Kramer è un agente pubblicitario di successo; ma, preso troppo dal lavoro, trascura la moglie Joanna e il figlio, al punto che lei decide di lasciarlo, sentendosi irrealizzata e poco ascoltata. Iniziano per lui molti problemi, soprattutto lavorativi, dovuti all'accudire da solo il figlio e di conseguenza, nel dare meno spazio al lavoro, a cui prima si dedicava in toto; tant'è che viene licenziato. La moglie poi si ripresenta, per chiedere il divorzio e la custodia del figlio e di qui comincia un'inevitabile battaglia legale...
Il film affronta un fenomeno all'epoca (fine anni '70) dilagante in America, un pò come sta accadendo ora in Italia: il divorzio. Ma lo fa in modo diverso, dando risalto alla vita del marito-padre, ossia al dramma che egli vive dopo che la moglie lo ha lasciato. Lo fa però risaltandone anche le colpe, senza renderlo eccessivamente una vittima. Emozionante, soprattutto perché sottolinea il dramma di chi, più di tutti, vive sulla propria pelle la vicenda: il figlio piccolo.
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riccardo-87
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giovedì 4 febbraio 2010
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uno sguardo lucido sui problemi famigliari (2)
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Durante tale lotta in tribunale inoltre pare riaffiorare un qualcosa tra i due contendenti, una sensazione che diviene più forte con il passare del tempo e con l’incalzare delle spietate domande da parte dei due avvocati, anche se viene spazzata via quando l’avvocato di Joanna pensa di parlare davanti al giudice,all’insaputa di lei, di un incidente avvenuto al piccolo Billy per vincere la causa. Il tribunale infatti decide in favore della madre. Tutto sembra volgersi a favore di lei anche se lo spettatore viene portato naturalmente a parteggiare per Hoffman, il quale rinuncia anche a ricorrere in appello per non coinvolgere il figlio – “questa volta sarebbe Billy a pagare, dovrò portarlo in tribunale” dice l’avvocato a Ted, il quale scuote la testa e conclude “questo mai.
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Durante tale lotta in tribunale inoltre pare riaffiorare un qualcosa tra i due contendenti, una sensazione che diviene più forte con il passare del tempo e con l’incalzare delle spietate domande da parte dei due avvocati, anche se viene spazzata via quando l’avvocato di Joanna pensa di parlare davanti al giudice,all’insaputa di lei, di un incidente avvenuto al piccolo Billy per vincere la causa. Il tribunale infatti decide in favore della madre. Tutto sembra volgersi a favore di lei anche se lo spettatore viene portato naturalmente a parteggiare per Hoffman, il quale rinuncia anche a ricorrere in appello per non coinvolgere il figlio – “questa volta sarebbe Billy a pagare, dovrò portarlo in tribunale” dice l’avvocato a Ted, il quale scuote la testa e conclude “questo mai.. no non voglio questo.. no”. La scena finale però sorprende tutti con un vero colpo di scena: Meryl Streep appare tra le lacrime al momento di portar via il bambino e dice “mi sono svegliata stamani e pensavo a Billy sai, che si svegliava qui nella sua cameretta con quelle nuvole accanto che gli ho dipinto io e pensavo che dovrò fargliele anche da me quelle nuvole.. così penserà di svegliarsi in casa sua; io ero venuta qui per portare mio figlio a casa da me.. e mi sono resa conto che è già a casa.. io gli voglio bene.. tanto.. non lo porterò via con me. Posso andare su a parlargli?” “sì.. senti perché non vai tu sola, io aspetto qui”. Il film si conclude con la domanda di Meryl Streep, che, aggiustandosi i capelli, chiede “ come sto?”, a cui Dustin Hoffman risponde semplicemente “fantastica”, ricevendo da Joanna uno dei sorrisi più splendidi e carichi di significato della storia del cinema, segno che forse quel lungo momento di incomprensione tra i due è giunto al termine, lasciando spazio ad un periodo di riconciliazione per la famiglia Kramer.
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