luca peretti
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giovedì 18 agosto 2005
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quando il gatto si sporca di rosso
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Il film di Bido risente, anche volontariamente, delle atmosfere tipiche dei gialli di Argento. In questo caso la lezione risulta essere assorbita molto bene, se si eccettua l'evidente forzatura ed rimando del titolo, la produzione assai povera aveva bisogno di un titolo che potesse attirare gli amanti del genere, peccato che essendo nel 1976 si faceva rimando alla trilogia sugli animali piu' che al recente(1975) Profondo Rosso.
Ed è proprio da quest'ultimo che Bido prende spunto. I personaggi sembrano marionette inserite a regola d'arte in un contesto filmico calcolatissimo, ma mai banale. La musica entra nei momenti giusti, quando la tensione sale, fino a scompare come per magia quasi a rassicurare lo spettatore ed i suoi nervi.
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Il film di Bido risente, anche volontariamente, delle atmosfere tipiche dei gialli di Argento. In questo caso la lezione risulta essere assorbita molto bene, se si eccettua l'evidente forzatura ed rimando del titolo, la produzione assai povera aveva bisogno di un titolo che potesse attirare gli amanti del genere, peccato che essendo nel 1976 si faceva rimando alla trilogia sugli animali piu' che al recente(1975) Profondo Rosso.
Ed è proprio da quest'ultimo che Bido prende spunto. I personaggi sembrano marionette inserite a regola d'arte in un contesto filmico calcolatissimo, ma mai banale. La musica entra nei momenti giusti, quando la tensione sale, fino a scompare come per magia quasi a rassicurare lo spettatore ed i suoi nervi.
Di Profondo Rosso, resta la presenza, forse anche scomoda, in tutto il film. Basta osservare i primi due omicidi ripresi e ripuliti da Bido ma con il timbro tipico di Argento. I protagonisti assomigliano, forse anche troppo, a quelli del capolavoro argentiano ma, nonostante tutto, risultano piacevoli nella loro presenza.
Il Gatto dagli occhi di giada trova le sue origini nel cinema di genere, ma qui siamo gia' nel 1976, e da lì a poco arrivera' il prematuro canto del cigno per quello che era un punto di forza del nostro cinema italiano. In sostanza il film sa di provincia, quella pero' cara al miglior Avati, quella sfiorata e sempre rispettata da Argento, quella provincia che mette i brividi e fa paura, e la paura in questo caso arriva dal passato. Il passato come storia e tragedia e non il passato come trauma psicologico di chissa' quale orribile delitto borghese. In questo film l'assassino muove i suoi passi di vendetta ma, la sua è una vendetta "storica" e non piu' generica come si addiceva ai film del filone giallo. L'ombra crudele del passato riportera' a galla una tragedia legata alla storia del nostro paese.
La vendetta' diventera' prerogativa per patteggiare cio' che all'epoca era stato tolto.
Solo di fronte alla lucda verita' delle proprie azioni, forse l'assassino trovera' pace per far tacere il proprio dolore, solo il finale, serrato, secco e senza fronzoli chiarira' tutto e portera' alla luce risvolti macchiavellici sino all'ultimo tenuti perfettsamente nascosti agli occhi e alla comprensione dello spettatore.
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burton99
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lunedì 28 luglio 2014
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un ottimo thrilling post-profondo rosso
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Sicuramente un thrilling riuscito questo di Bido dall'ennesimo titolo animalesco. Alcune sequenze di grande tensione, da grande prodotto di suspense, ma il film è troppo, troppo vicino a un "Profondo rosso", in certe scene quasi identico. Ma il regista era esordiente allora e dunque, giudicandolo come opera prima, il film è accattivante grazie ad una soluzione introspettiva e sociologica molto interessante, e grazie ad un mucchio di splendide ambientazioni. Un buon trio attoriale Citti-Pani-Tedesco. Memorabile omicidio "casalingo" grazie ad un forno acceso, oltre alla scena nel deposito di costume, da brividi.
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elgatoloco
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giovedì 5 marzo 2020
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forse troppi segni, in questo thriller...
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"Il gatto dagli occhi di giada"(1977, Antonio Bido)è un thriller in certo senso troppo carico di segni, ossia di indizi che potrebbe condurre a identificare il movente dei tre omicidi che si svolgono nel film, anche se fondamentalmente onesto. IL regista e sceneggiatore del film, peraltro, dopo alcuni film sperimentali e un altro thriller con le stesse qualitù e gli stessi limiti di questo("Solamente Nero", dell'anno successivo)non ha realizzato se non documentari, dunque si è mosso in un altro ambito-genere, peraltro decisamente diverso da questo. Non avrebbe senso, nello spazio di questa piccola riflessione("recensione")esaminare tutto il film, ma basterà dire, che l'ingegnere diventato detective suo maglardo, dato che la sua"ex"(apola Tedesco, successivamente più nota per altri film)ha assistito a un omicidio e poi coinvolta malgré soi nella vicenda in quanto testimone, reso bene ma a tratti forse con eccessiva"convinzione"da Corrado Pani, segue varie piste, arrivando poi a scoprire quella"giusta"dopo vari tentativi "by trials and errors"come avviene in generale nel porocesso conosctivo ma poi sengatamente nella detection.
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"Il gatto dagli occhi di giada"(1977, Antonio Bido)è un thriller in certo senso troppo carico di segni, ossia di indizi che potrebbe condurre a identificare il movente dei tre omicidi che si svolgono nel film, anche se fondamentalmente onesto. IL regista e sceneggiatore del film, peraltro, dopo alcuni film sperimentali e un altro thriller con le stesse qualitù e gli stessi limiti di questo("Solamente Nero", dell'anno successivo)non ha realizzato se non documentari, dunque si è mosso in un altro ambito-genere, peraltro decisamente diverso da questo. Non avrebbe senso, nello spazio di questa piccola riflessione("recensione")esaminare tutto il film, ma basterà dire, che l'ingegnere diventato detective suo maglardo, dato che la sua"ex"(apola Tedesco, successivamente più nota per altri film)ha assistito a un omicidio e poi coinvolta malgré soi nella vicenda in quanto testimone, reso bene ma a tratti forse con eccessiva"convinzione"da Corrado Pani, segue varie piste, arrivando poi a scoprire quella"giusta"dopo vari tentativi "by trials and errors"come avviene in generale nel porocesso conosctivo ma poi sengatamente nella detection...il tutto, però, viene presentato in modo abbastanza incoerente o meglio slegato, con qualche"fuga"nelllo sperimentalismo che, francamente, non attiene a quanto si"deve dimostrare" e soprattutto, però, trattandosi di cinema, "mostrare". Film onesto, come dicevo, dove la musica è a tratti ipertrofica ma non banale, attrbuita alla"band"(credo)denominato"Trans-Europa Express", che dev'essersi sciolta non moltissimo tempo dopo il film, vede anche qualche altra partecipazione attorale importante, oltre a quella di Pani: Bianca Toccadondi, Sergio Citti e (ma qui "sforiamo"in una zona meno nota, volendo)Paolo Malco. La riscoperta di questo genere filmico, oggi decisamente meno espresso in Italia, è meritoria, purché si tenda conto che esistono comunque criteri per esprimere giudizi di valore in merito, ossia che non tutti i film del genere"nero"sono assilmilabili.Qui c'è anche una tesi(o sottotesi)finale molto interessante, che non sfugge a chi ha seguito con una certa attenzione la prima parte del film, ma forse viene un po'"sommersa"dal resto del film, sempre per la'ccennato sovraccarico di segni... El Gato
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