I nomi di Simenon e di Romy Schneider possono creare da soli un effetto allucinatorio, ma nel caso di Noi due senza domani (titolo effettistico preferito al più sobrio il Treno) non traggono in inganno. Il film di P. Granier Deferre(autore dimenticato in Patria come all'estero) è un dramma lancinante che non scade mai nel melo' più effettistico, come accaduto a molti altri must dell'epoca. Il merito in questo caso, più che risiedere nel soggetto del geniale scrittore, è tutto nel resoconto del viaggio dei profughi Trintignant (sobrio come al solito) e Romy Schneider, riuniti dal caso su un infernale vagone per sfuggire agli occupanti tedeschi. Se l'attrazione tra i due scatta in modo quasi automatico e plausibile, è la sua resa scenica a funzionare, non disperdendo neanche una sfumatura dell'espressioni della Schneider, qui più abbagliante del solito.
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I nomi di Simenon e di Romy Schneider possono creare da soli un effetto allucinatorio, ma nel caso di Noi due senza domani (titolo effettistico preferito al più sobrio il Treno) non traggono in inganno. Il film di P. Granier Deferre(autore dimenticato in Patria come all'estero) è un dramma lancinante che non scade mai nel melo' più effettistico, come accaduto a molti altri must dell'epoca. Il merito in questo caso, più che risiedere nel soggetto del geniale scrittore, è tutto nel resoconto del viaggio dei profughi Trintignant (sobrio come al solito) e Romy Schneider, riuniti dal caso su un infernale vagone per sfuggire agli occupanti tedeschi. Se l'attrazione tra i due scatta in modo quasi automatico e plausibile, è la sua resa scenica a funzionare, non disperdendo neanche una sfumatura dell'espressioni della Schneider, qui più abbagliante del solito. Grazie alla presenza magnetica dell'attrice l'amore contrastato della coppia, lui con moglie e prole e lei vedova, si arrichisce di attimi di grazia che stemperano la presenza animalesca dei compagni di viaggio, o quella altrattanto brutale della guerra. Ma è il finale, che tradisce la conclusione Simenoniana, a scrivere un momento di memorabile intensità degno della migliore tradizione cinematografica francese; tutto lo struggimento si consuma nell'ultimo sguardo della Schneider che sembra radiografare l'anima della protagonista e quella, altrettanto tormentata, della ineguagliabile attrice. Matteo De Chiara
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