ciaco63
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giovedì 9 aprile 2015
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un film non capito che parlava di noi!
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Questa opera, sommersa alla sua uscita nel 1973 da critiche pesanti, spesso dovute alla superficialità e prese di posizione rigide di chi le portava avanti, si poneva, come ben affermava il suo autore, come una chiave di lettura dell'Italia, oramai uscita dal periodo cosiddetto del boom economico e piombata nella crisi petrolifera, e una visione spietata sugli italiani che si erano oramai fatti l'espressione del paese.
Già nel suo primo lungometraggio, 'L'assassino' (1961), Petri ci aveva messo in guardia sulla situazione italiana che vedeva emergere squallidi e disumani personaggi in un clima sociale pre-boom.
Vediamo il titolo del film.
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Questa opera, sommersa alla sua uscita nel 1973 da critiche pesanti, spesso dovute alla superficialità e prese di posizione rigide di chi le portava avanti, si poneva, come ben affermava il suo autore, come una chiave di lettura dell'Italia, oramai uscita dal periodo cosiddetto del boom economico e piombata nella crisi petrolifera, e una visione spietata sugli italiani che si erano oramai fatti l'espressione del paese.
Già nel suo primo lungometraggio, 'L'assassino' (1961), Petri ci aveva messo in guardia sulla situazione italiana che vedeva emergere squallidi e disumani personaggi in un clima sociale pre-boom.
Vediamo il titolo del film. La proprietà non è più un furto ma...è una malattia: questo il senso nascosto nel titolo del film e il senso palese del film stesso che svolge il tema in una maniera che non lascia scampo a speranza alcuna.
La classe rampante piccolo-borghese nella figura del macellaio, interpretato dall'eccellente Tognazzi, dà la visione chiara e tagliente di coloro che nel nostro paese si sono arricchiti si con il sudore della fronte, ma macchiandosi di mancanza di rispetto di ogni legalità e la messa in opera di furberie varie, pur di aumentare il proprio grado di livello sociale: diventare così i nuovi ricchi ad emulazione della nostra contradditoria borghesia.
Dall'altra parte un modestissimo impiegato di banca, poi disoccupato, che nella propria bramosia di rivolta sociale (sottrarre i beni al macellaio) confonde gli ideali nobili di giustizia con il sentimento dell'invidia: malato, anch'egli mostra come il possesso possa essere allora davvero considerato una malattia. Avere o essere?
E per concludere: grandi tutti gli interpreti, grande la regia e le trovate filmiche che solo un regista come Petri, attento e consapevole del cinema come arte di espressione delle contraddizioni della società in cui viviamo, era in grado di ideare.
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elgatoloco
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domenica 5 maggio 2019
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il cinema italiano d'antan, anche"impegnato"...
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Un "grande"film, in certo senso, questo"La proprietà non è più un furto"(1973, Elio Petri, autore pieno, come regista e sceneggiatore). a tesi, certo, smascherando il mito della ribellione anticapitalista velleitaria, individualistica, "anarchica", ma anche mostrando la complessità dialettica del reale(il perosnaggio del ladro più anziano, straordinariamente interpretato da Mario Scaccia, grandissimo del teatro, come Salvo Randone, impegnato in in altro ruolo, che è anche attore.che si sdoppia come maschio e come femmina, nel film; ma soprattutto Total, il protagonista marxista-mandrakista(da Mandrake, l''eroe-antieroe dei cartoons.
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Un "grande"film, in certo senso, questo"La proprietà non è più un furto"(1973, Elio Petri, autore pieno, come regista e sceneggiatore). a tesi, certo, smascherando il mito della ribellione anticapitalista velleitaria, individualistica, "anarchica", ma anche mostrando la complessità dialettica del reale(il perosnaggio del ladro più anziano, straordinariamente interpretato da Mario Scaccia, grandissimo del teatro, come Salvo Randone, impegnato in in altro ruolo, che è anche attore.che si sdoppia come maschio e come femmina, nel film; ma soprattutto Total, il protagonista marxista-mandrakista(da Mandrake, l''eroe-antieroe dei cartoons...m che ruba di tutto ma non denaro, che è stato impiegato di banca...-un grande Flavio Bucci), con il contrasto evidenziato, ad personam tra Total e il macellaio(un insolito, come sempre"enorme"ugo Tognazzi,. stavolta parlante romanesco). Non a caso, vorrei segnalarlo, il titolo rovescia la celebre frase, che è il titolo della sua opera più celebre, di Pierre Joseph Proudhon. Brechtiano nell'evidenziazione dei ruoli-personaggi, ma completamente anti-"neorealistico"(con gli inserti teatrali e altro), "La proprietà..."dimostra la grandezza di Petri, con un sottofinale straordinario che vede l'anti-monologo/apologo di Gigi Proietti della grandezza del ladro, altro"paradosso"(o meglio contraddizione), ma non poi del tutto...Altra presenza eccelsa, quella di Daria Nicolodi, impegnata come amante.quasi prezzolata del macellaio emblema del capitalismo speculatore, ma molto simpatizzante con Total. Un grottesco politico d'antan, da rivalutare comunque, ad ogni costo... El Gato
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carloalberto
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mercoledì 18 agosto 2021
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la dimenticanza dell''essere
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Elio Petri, regista visionario, forse veggente, utilizza lo specchio deformante del grottesco-paradossale per riflettere l’immagine deformata della realtà quale appare alle masse, svelandone il lato in ombra. E’ lo stesso principio degli occhiali da sole di Carpenter in Essi vivono. Con tale artificio restituisce quel che è sottratto alla coscienza dalla mistificazione della parola, chiacchiera popolare o borghese, discorso colto o impegnato che sia, quel significato altro che svela impietoso l’ineffabile meccanismo che governa sotterraneo la nostra società, quel che resta e deve restare indicibile e che può essere soltanto trasfigurato nel linguaggio poetico.
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Elio Petri, regista visionario, forse veggente, utilizza lo specchio deformante del grottesco-paradossale per riflettere l’immagine deformata della realtà quale appare alle masse, svelandone il lato in ombra. E’ lo stesso principio degli occhiali da sole di Carpenter in Essi vivono. Con tale artificio restituisce quel che è sottratto alla coscienza dalla mistificazione della parola, chiacchiera popolare o borghese, discorso colto o impegnato che sia, quel significato altro che svela impietoso l’ineffabile meccanismo che governa sotterraneo la nostra società, quel che resta e deve restare indicibile e che può essere soltanto trasfigurato nel linguaggio poetico.
Le straordinarie performance attoriali di Bucci, Randone, Tognazzi, Scaccia, Orlando, Nicolodi, danno vita a maschere tragicamente grottesche, personaggi onirici eppure tratti dalla vita quotidiana, il macellaio arricchito, il ladro di professione, il bancario frustrato, il sognatore rivoluzionario, la prostituta d’alto bordo, il questurino orgoglioso del suo mestiere, tutti oracoli inconsapevoli attraverso i quali parlano gli dei o meglio i demoni della società moderna, marionette del teatro vivente dell’assurdo contemporaneo di cui Petri mette a nudo i fili altrimenti invisibili.
Il feticismo edonistico e l’accaparramento consultivo della roba e dei soldi, padri fondatore occulti della società italiana del dopoguerra, determina i rapporti tra gli uomini e colora le relazioni umane del livido pallore dell’invidia e della sottomissione rancorosa o all’opposto suscita una ribellione animalesca, velleitariamente rivoluzionaria, incarnata nel personaggio nevrotico di Total, nella straordinaria interpretazione di Bucci. All’essere o non essere shakespeariano si sostituisce il dilemma attuale dell’essere o avere, poiché le due categorie si escludono reciprocamente ed il possesso delle cose ovvero l’attribuzione di valore all’ente conduce heideggerianamente alla dimenticanza dell’Essere.
Memorabile resta la scena in cui Bucci dà fuoco ad una banconota da diecimila lire nel salone della banca, atto che il direttore inorridito condanna quale gesto sacrilego e che in effetti equivale, nel nostro mondo idolatra del dio danaro, a bruciare un crocefisso nella navata centrale di una chiesa cristiana.
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anonimo
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sabato 23 agosto 2008
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l'antimarxismo socialdemocratico di elio petri
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Un impiegato di banca, il ragionier Total (Flavio Bucci, già co-protagonista con Gian Maria Volontè nel film precedente di Petri, il bruttissimo "La classe operaia va in paradiso"), odia il denaro (ma nel film quest'odio è la mascheratura di una invidia e di un desiderio di arricchimento), e si scontra con il volgare macellaro romano Tognazzi, odioso riccone, cominciando a rubargli di tutto (anche la grottesca fidanzata). Il macellaio ammazzerà Total. Elio Petri, oscillante tra la destra e il riformismo socialdemocratico riformista del PCI, fa vomitare per la sua reazionarietà.
[+] anonimo in tutti i sensi.
(di spione)
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