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ilaria doinel
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lunedì 25 luglio 2011
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voglio farti un discorso sulla famiglia
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Bertolucci non si smentisce. Il suo è un cinema facilmente riconoscibile improntato sull'onda francese della nouvelle vague riadattata utilizzando scene a primo impatto scandalose e fortemente erotiche.
Nel 1972 esce "Ultimo tango a Parigi" in cui i protagonisti sono Paul, un uomo solitario quasi quarantenne disperato per il suicidio di sua moglie, interpretato da Marlon Brando e una giovane ragazza bella e provocante nella sua falsa ingenuità, Jeanne, interpretata da un altrettanto giovane ed eserdiente Maria Schneider, ad un passo dal matrimonio con un
simpatico cineasta, il sempre sorprendente Jean-Pierre Léaud.
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Bertolucci non si smentisce. Il suo è un cinema facilmente riconoscibile improntato sull'onda francese della nouvelle vague riadattata utilizzando scene a primo impatto scandalose e fortemente erotiche.
Nel 1972 esce "Ultimo tango a Parigi" in cui i protagonisti sono Paul, un uomo solitario quasi quarantenne disperato per il suicidio di sua moglie, interpretato da Marlon Brando e una giovane ragazza bella e provocante nella sua falsa ingenuità, Jeanne, interpretata da un altrettanto giovane ed eserdiente Maria Schneider, ad un passo dal matrimonio con un
simpatico cineasta, il sempre sorprendente Jean-Pierre Léaud.
Il caso li fa incontrare in un appartamento da affittare nel quartiere francese Passy dove si consumerà tutta la loro relazione.
Grande, ma anche leggermente irreale, è la passione tra i due protagonisti che pero' fa sognare. In alcune scene pensi che sono come quegli animali dei documentari che non si capisce mai se si stanno massacrando o se stanno facendo l'amore.
Un Brando inquieto e selvaggio si presenta come "l'ideale femminile" fin dalle prime scene per il suo fascino da duro, le sue paure personali e il suo microcosmo inviolabile. Un patto iniziale, proposto da lui stesso, lega i due: "noi ci incontriamo senza sapere niente di quello che siamo fuori da questa casa".
Adatto a chi vuole sgranchirsi i pensieri. Due ore che ti risucchiano.
E nonostante siano passati circa 40 anni, pregni di "porcherie" del genere, la scena del burro, beh, fa sempre un certo effetto, ragazzi.
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il cinefilo
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domenica 8 maggio 2011
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ultimo fiasco a parigi
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Ho visionato con attenzione il film e devo dire che,a vederlo oggi,questo falso capolavoro di B.Bertolucci ha perso grandissima parte della sua"carica scandalistica"(ammesso che meritasse effettivamente di"vantare"una critica simile già negli negli anni settanta)anche a causa del fatto che il sesso al cinema,oggi,non è più una novità nella sua rappresentazione"integrale"e"senza veli"...ma questo non sarebbe un gran difetto se confrontato a tutte le arie da"intellettuale frustrato"che sembra darsi il regista ad ogni buona occasione nell'inquadrare le vite dei due protagonisti.
Ciò che interessa a Bertolucci,mi pare,è la complessa"alternanza"che corre tra eros(l'amore),thanatos(ovvero la morte riferendosi alla moglie defunta dell'uomo)e il raffinato mondo del cinema(il film a cui la ragazza dovrebbe partecipare)e nella sua rappresentazione del legame erotico che lega l'uomo e la donna all'interno dell'appartamento mi è sembrato che il buon Bernardo non sia riuscito a rinunciare a trovate falsamente intelligenti come l'idea di"nascondere"i nomi della coppia(sebbene il loro passato,invece,venga fatto emergere)in nome di una non meglio precisata"astuzia narrativa"che finisce,da subito peraltro,per sconfinare nell'imbecillità.
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Ho visionato con attenzione il film e devo dire che,a vederlo oggi,questo falso capolavoro di B.Bertolucci ha perso grandissima parte della sua"carica scandalistica"(ammesso che meritasse effettivamente di"vantare"una critica simile già negli negli anni settanta)anche a causa del fatto che il sesso al cinema,oggi,non è più una novità nella sua rappresentazione"integrale"e"senza veli"...ma questo non sarebbe un gran difetto se confrontato a tutte le arie da"intellettuale frustrato"che sembra darsi il regista ad ogni buona occasione nell'inquadrare le vite dei due protagonisti.
Ciò che interessa a Bertolucci,mi pare,è la complessa"alternanza"che corre tra eros(l'amore),thanatos(ovvero la morte riferendosi alla moglie defunta dell'uomo)e il raffinato mondo del cinema(il film a cui la ragazza dovrebbe partecipare)e nella sua rappresentazione del legame erotico che lega l'uomo e la donna all'interno dell'appartamento mi è sembrato che il buon Bernardo non sia riuscito a rinunciare a trovate falsamente intelligenti come l'idea di"nascondere"i nomi della coppia(sebbene il loro passato,invece,venga fatto emergere)in nome di una non meglio precisata"astuzia narrativa"che finisce,da subito peraltro,per sconfinare nell'imbecillità.
In conclusione tutto quello che rimane,oggi,di ULTIMO TANGO A PARIGI è la potente recitazione di Brando e la fotografia di Vittorio Storaro...che peccato.
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astromelia
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sabato 5 febbraio 2011
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40 anni ma non li dimostra
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rivederlo dopo 40 anni quasi e 2 giorni dopo la dipartita di maria schneider,non fa altro che farmi ripetere che questo film sia uno dei dei più completi mai girati,scenografia sceneggiatura cast,uno splendido e bellissimo unico marlon brando rivissuto attraverso la sua parte,e la schneider ancorchè 19enne in erba ma realistica nella parte,raccontò in un'intervista che per il film prese solamente 5000 dollari e la scena del burro fu per lei un'umiliazione e le sue lacrime non furono finzione, scena girata a sorpresa.....cmq rimane un film da archiviare e rivedere...
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catullo
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venerdì 4 febbraio 2011
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l'appartamento sui giardini di luxembourg
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Quando “L’ultimo tango a Parigi” uscì sconvolgendo le menti turbate dell’italia catto-sessuofobica-romana (che scoprì le virtù del burro nei rapporti anali…) Pasolini…per dirla con Flaiano..aveva già aperto la gabbia della tigre dei turpi porcaccioni da tempo.... inondando le sale cinematografiche della serie dei varii Decameroni di serie B….Fellini col suo Satyricon aveva già rappresentò addirittura la pederastia…ma “L’ultimo tango” fu letto dai censori come una sfida alla morale comune per le scene di sesso giustificando una persecuzione degna dei tempi migliori dell’inquisizione perché messaggio negativo sui valori dell’amore.
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Quando “L’ultimo tango a Parigi” uscì sconvolgendo le menti turbate dell’italia catto-sessuofobica-romana (che scoprì le virtù del burro nei rapporti anali…) Pasolini…per dirla con Flaiano..aveva già aperto la gabbia della tigre dei turpi porcaccioni da tempo.... inondando le sale cinematografiche della serie dei varii Decameroni di serie B….Fellini col suo Satyricon aveva già rappresentò addirittura la pederastia…ma “L’ultimo tango” fu letto dai censori come una sfida alla morale comune per le scene di sesso giustificando una persecuzione degna dei tempi migliori dell’inquisizione perché messaggio negativo sui valori dell’amore. La critica marxista parlò del decadimento della morale borghese ma quella è la voce di un’altra chiesa…in realtà secondo me il film risplende della grande fotografia di Vittorio Storaro…dell’interpretazione di un Marlon Brando nel pieno della sua maturità sia fisica che artistica il quale fra l’altro sembra abbia diretto più lui il film piuttosto di colui che doveva dirigerlo cioè Bernardo Berlolucci….la musica scritta e interpretata da Gato Barbieri è indimenticabile. La giovane Maria Schneider addebiterà al film il suo fallimento da attrice e accuserà sia Bertolucci che Brando di aver approfittato della sua giovane età per poterla manipolare usandola senza riguardo.Ciao Maria!
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francesco2
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martedì 21 dicembre 2010
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la rivoluzione in un atto sessuale
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Forse aveva ragione Marcello Garofalo sostenendo che quello di Bertolucci è l'unico (O il migliore) cinema politico che esista in Italia, più dei vari Giordana, "Segreti di Stato" e via discorrendo, cui potrei aggiungere anche l'ultimissimo lavoro di Paolo Rossi, per quanto possa essere simpatico in certi momenti. Qualcuno ha definito "The Dreamers" una lezione sulla cinefilia, lettura seria ma forse nient'affatto condivisibile, dato che per la Green e gli altri giovani del film la fiction apriva la strada alla rivoluzione. Ricollegandosi a questo lavoro, di trent’anni precedente, non mi sembra che certi detrattori abbiano colto il suo risvolto politico, oltre che artistico.Il film è disseminato di idee che mettono in crisi gli "Status" dati sino ad allora per scontati (Credo, almeno, io sono nato cinque anni dopo): Dio, l'autorità (Scardinata anche troppo), persino l'individualità del soggetto, forse cosiderata simbolo liberista in contrapposizione al marxismo della società.
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Forse aveva ragione Marcello Garofalo sostenendo che quello di Bertolucci è l'unico (O il migliore) cinema politico che esista in Italia, più dei vari Giordana, "Segreti di Stato" e via discorrendo, cui potrei aggiungere anche l'ultimissimo lavoro di Paolo Rossi, per quanto possa essere simpatico in certi momenti. Qualcuno ha definito "The Dreamers" una lezione sulla cinefilia, lettura seria ma forse nient'affatto condivisibile, dato che per la Green e gli altri giovani del film la fiction apriva la strada alla rivoluzione. Ricollegandosi a questo lavoro, di trent’anni precedente, non mi sembra che certi detrattori abbiano colto il suo risvolto politico, oltre che artistico.Il film è disseminato di idee che mettono in crisi gli "Status" dati sino ad allora per scontati (Credo, almeno, io sono nato cinque anni dopo): Dio, l'autorità (Scardinata anche troppo), persino l'individualità del soggetto, forse cosiderata simbolo liberista in contrapposizione al marxismo della società. Ma è anche l'amore _o sesso- tra i due, ad essere impregnato di questa mentalità. I "Dreamers" forse lo saranno anche loro, ma nell'ambiguo rapporto a tre si nutriranno -Già detto- di cinema, mentre questi protagonisti non si "Chiamano" neanche tra di loro. Dunque il sesso ed il tanatos sostituiscono l'amore e la vita, valori cristiani o forse più semplicemente "Conservatori"(?), ma la fusione tra dimensioni diverse (In tanti sensi)che il film cerca non si ferma qui. Presente e passato, verità e fiction: che imita maluccio Truffaut, ha obiettato qualcuno. Forse parzialmente ha ragione. Ma è un modo per descrivere la freschezza, presunta o vera, di quegli anni. Se la "Nouvelle vague" verrà definita un parricidio, questo film parzialmente contravviene a queste regole: Brando ha ucciso la moglie( Si noti l'eccellente primo piano che illumina (sic!) la scena del delitto, restituendo molto bene il senso di una storia nella storia). Allora, se forse cinema e realtà siano inscindibili (La Schneider recita e contemporaneamente vive il suo rapporto con Brando, ma forse recita di più con l’uomo che non durante il lavoro, e contemporaneamente si gioca cronologicamente sulla diacronia (Presente e passato che si mescolano tra di loro).
Ove il film trasgredisce, allora, è anche nell'infrangere certi “schemi” artistici. Ma anche nella sfacciataggine di mostrare sesso selvaggio (Guardate i primissimi momenti in cui la Schneider vuole abbandonarsi alla passione con Brando), che paradossalmente nella sua dimensione al contempo forte ed inconsistente (Due perfetti estranei, che iniziano a “Conoscersi” tra un atto sessuale e l’altro) è anche leggero, come l’attrice quando all’inizio sorpassa con nonchalance un signore sulle banlieu parigine. Ecco, se “The Dreamers” saprà toccare momenti di apice ma solo nella leggerezza, “Ultimo Tango” era ancora superiore, perché alla lievità della voglia di fare cinema, di rivoluzionare col tocco magico di una macchina da presa, univa la crudezza di un atto sessuale che rischia di arricchirsi (?) di un povero topo morto, trovato lì per caso. Se la conclusione non fosse tanto tragica, e non avesse al contempo un significato individuale (La Schneider ammette. “Ho ucciso un uomo che neanche conoscevo”), e collettivo (L’uomo parla di un’eredità che verrà lasciata ai figli), si potrebbe pensare che Bertolucci abbia paragonato Von Clausewitz, mettendo in scena che “il sesso è solo la prosecuzione della politica con altri mezzi”.
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georgia
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mercoledì 9 giugno 2010
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so che mi odierete
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e che sicuramente l'ho visto quando ero stanca e non l'ho capito, ma l'ho trovato noioso...
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g. romagna
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mercoledì 28 aprile 2010
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ultimo tango a parigi
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Paul e Jeanne si incontrano per caso in un appartamento da affittare. Si guardano, si amano, subito. Carnalmente. La relazione, intensa e di puro sesso, viene portata avanti per lungo tempo, entro quelle quattro mura. Nessuno sa nulla dell'altro, nulla della sua storia, del suo passato, nemmeno il suo nome. Paul è vedovo, sua moglie Rosa, che lo tradiva, si è uccisa. Jeanne coltiva una relazione con un regista intento a realizzare, in presa diretta, un'opera in cui si filmi, come in un reality, l'amore vero ed autentico: l'impresa convolerà in una proposta di matrimonio, accettata. La liason dell'appartamento è messa in crisi, e Paul e Jeanne si perdono di vista.
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Paul e Jeanne si incontrano per caso in un appartamento da affittare. Si guardano, si amano, subito. Carnalmente. La relazione, intensa e di puro sesso, viene portata avanti per lungo tempo, entro quelle quattro mura. Nessuno sa nulla dell'altro, nulla della sua storia, del suo passato, nemmeno il suo nome. Paul è vedovo, sua moglie Rosa, che lo tradiva, si è uccisa. Jeanne coltiva una relazione con un regista intento a realizzare, in presa diretta, un'opera in cui si filmi, come in un reality, l'amore vero ed autentico: l'impresa convolerà in una proposta di matrimonio, accettata. La liason dell'appartamento è messa in crisi, e Paul e Jeanne si perdono di vista. Lui tuttavia ha bisogno di lei, la cerca, tenta di sedurla, di fare chiarezza sulla sua persona e di trasferire la loro relazione entro i canoni della normalità. Ma non si può, non può funzionare... Film di clamoroso impatto, visivo e psicologico, Ultimo Tango a Parigi dovette affrontare, per via della forza erotica delle sue immagini, una tale crociata da parte da parte della censura dell'epoca - tanto rigida quanto stolta e perbenista - da farlo quasi sparire dalla circolazione alla sua uscita e da renderlo uno dei lavori più processati della storia del cinema. Bertolucci, che cura anche una magistrale sceneggiatura - audace, illuminante e, per l'epoca, possiamo ben dirlo, rivoluzionaria - è visibilmente presente con il suo consueto stile visivo melodrammatico e lievemente coreografato. Il messaggio che la pellicola lascia è di una forza disarmante: non c'è speranza, non c'è positività, nè, tantomeno, felicità nella giungla della quotidianità, ed è l'amore in primis a fallire miseramente, prigioniero della triste abitudinarietà delle "coppie pop" che si tradiscono e disvelato nel simulacro della vicinanza sentimentale come alibi della carnalità, dell'impero dei sensi, della regressione allo stato animale, unici elementi dotati di una parvenza di senso nell'arco della vita di un uomo. La realtà, tuttavia, non è un appartamento isolato da tutto e da tutti, e occorre prima o poi farvi i conti per, inevitabilmente, soccombervi. Da brividi la scena dell'ultimo ballo. Sempre immenso Marlon Brando, calato in una parte così al limite da non poter non rendere al meglio in tutta la sua carismatica magia. Grande film.
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barmario
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mercoledì 16 dicembre 2009
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anche i gigolò hanno un'anima
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Questo film vuole farci sapere che anche i gigolò hanno un'anima, tanto da finirla per perdere. Film molto intenso, quasi capace di farti sentire gli odori dei protagonisti. Bello anche il finale. Non è un capolavoro, ma sfiora la quinta stellina.
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claudiorec
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domenica 13 settembre 2009
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mi ha deluso
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Mi aspettavo chissà che, invece il film mi ha particolarmente annoiato...
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