angelo
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fondamentale
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Indubbiamente un'opera fondamentale per la fantascienza, riferimento imprescindibile per molti dei film moderni del genere, che lo richiamano magari anche solo nelle suggestioni di qualche inquadratura.
Il film riprende alcuni dei classici temi del genere (il rapporto uomo-macchina, l'esistenza ed il ruolo degli alieni), ed anche altri meno ovvi (l'origine dell'umanità).
Rivoluzionario all'epoca, è ancora attualissimo (anche negli effetti speciali), anche se tutto sommato dell'effettivo futuro azzecca ben poco.
Come in Arancia Meccanica, le musiche sottolineano in modo irreprensibile le sequenze, talvolta semplicemente con la loro assenza.
Però il film risulta a volte lento in maniera esasperante, ed inoltre la (voluta) ambiguità della trama è un mezzo non del tutto leale per aumentarne il fascino.
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giorpost
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domenica 17 gennaio 2010
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la storia dell' uomo. il suo destino. per sempre.
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Non esistono parole o espressioni adatte per descrivere con esattezza quanto si possa provare in determinate situazioni. Circostanze nelle quali, per la verità, ci troviamo raramente. Ed in questi momenti siamo spinti a ringraziare chi o cosa ci ha creati per aver donato a qualcuno di noi il raro fuoco dell' Arte, quella vera. Si, l' Arte, in tutte le Sue forme, perchè tale Opera ne è impregnata di quasi tutte quelle esistenti al mondo, dalla musica, quella classica, stampata nel tempo, alle immagini: lunghe sequenze degli interni delle astronavi ove domina il bianco, lunghissime sequenze all’ esterno ove domina il nero dell’ infinito universo.
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Non esistono parole o espressioni adatte per descrivere con esattezza quanto si possa provare in determinate situazioni. Circostanze nelle quali, per la verità, ci troviamo raramente. Ed in questi momenti siamo spinti a ringraziare chi o cosa ci ha creati per aver donato a qualcuno di noi il raro fuoco dell' Arte, quella vera. Si, l' Arte, in tutte le Sue forme, perchè tale Opera ne è impregnata di quasi tutte quelle esistenti al mondo, dalla musica, quella classica, stampata nel tempo, alle immagini: lunghe sequenze degli interni delle astronavi ove domina il bianco, lunghissime sequenze all’ esterno ove domina il nero dell’ infinito universo.
L’uomo e i suoi antenati di Neanderthal, un monolite a rappresentare la perfetta geometria, fotografia ai massimi livelli, scene di fluttuazione nello spazio e di vita all’ interno delle navi stellari del tutto simili alla realtà.
“2001: A Space Odissey” (USA, UK, 1968) è l’ antesignano del genere Fantascienza, ma non solo. L’ Opera principale di Kubrick è un lavoro metafisico sulle domande più frequenti che ci poniamo: da dove proveniamo, cosa stiamo facendo, dove siamo diretti. Il tutto condito da tecniche straordinarie all' avanguardia perfino oggi, 42 anni dopo la sua realizzazione.
Il bello (o il brutto, è soggettivo) di questo straordinario racconto è che le risposte non vengono dispensate e non perché si tratti del solito film a interpretazione ma, anzi, perché lo sceneggiatore Kubrick (insieme ad Arthur C. Clarke, scrittore profetico) ha la sacrosanta umiltà di dirci che nessuno può avere risposte, nessuno può sapere, in realtà, come e perché ci troviamo sperduti su questo Pianeta e soprattutto da dove deriva tutta l’ intelligenza che abbiamo ma che, purtroppo, non sappiamo utilizzare al meglio.
Lo “Starchild” del finale, a sancire un viaggio non si sa fino a che punto interiore del protagonista, racchiude messaggi se vogliamo anche spirituali , ma non scalfisce la drammaticità del viaggio vero e proprio che un gruppo di uomini ha intrapreso nel nome della conoscenza. Il calcolatore HAL 9000 è uno dei “personaggi” più importanti della Storia del Cinema, straordinario precursore di quanto accade oggi e di quanto ci aspetta nel futuro prossimo.
L’ Uomo, la Sua Storia e, forse, il Suo Destino, raccontati dalla visionaria e al contempo lucida mente del più grande regista di tutti i tempi.
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stefaniapuma
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mercoledì 25 agosto 2010
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un'odissea dallo spazio all'uomo.
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Come nell’Odissea di Omero, anche nell’Odissea dello spazio di Kubrick c’è il tema dell’ingegno. Odisseo usava l’ingegno per superare le difficoltà, nel film di Kubrick scopriamo i limiti dell’ingegno, del progresso tecnologico.
Il monolita rappresenta il mistero della vita e del cosmo.
Le scimmie lo vedono e non capiscono cosa sia; comunque cominciano a usare ossa come armi. Si tratta della tecnologia, e significa che il progresso porta guerra (anche l’uomo con il progresso ha creato le bombe atomiche ad esempio). L’inquadratura all’osso che diventa navicella vuol dire che il progresso tecnologico che è cominciato dalle scimmie è poi continuato nell’uomo, ma tuttavia, l’uomo non ha risolto il mistero.
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Come nell’Odissea di Omero, anche nell’Odissea dello spazio di Kubrick c’è il tema dell’ingegno. Odisseo usava l’ingegno per superare le difficoltà, nel film di Kubrick scopriamo i limiti dell’ingegno, del progresso tecnologico.
Il monolita rappresenta il mistero della vita e del cosmo.
Le scimmie lo vedono e non capiscono cosa sia; comunque cominciano a usare ossa come armi. Si tratta della tecnologia, e significa che il progresso porta guerra (anche l’uomo con il progresso ha creato le bombe atomiche ad esempio). L’inquadratura all’osso che diventa navicella vuol dire che il progresso tecnologico che è cominciato dalle scimmie è poi continuato nell’uomo, ma tuttavia, l’uomo non ha risolto il mistero. L’uomo del 2001 che fa un viaggio nello spazio e trova un monolita come quello che era apparso alle scimmie, non riesce a spiegarselo nemmeno lui, quindi in questo non è superiore alle scimmie. Infatti il mistero dell’universo e della vita, noi come i nostri antenati non lo conosciamo, anche se la nostra tecnologia è molto più sofisticata. La necessità di disattivare Hal significa che l’uomo deve riuscire a fare a meno delle macchine, perché l’uomo deve ritornare dall’odissea nello spazio a sé stesso. L’uomo non può scoprire l’universo se prima non scopre l’infinito che ha dentro. E solo se lascia perdere le macchine potrà scoprire che l’umanità nella sua circolarità, simboleggiata dalla vecchiaia e poi dalla trasformazione in feto, è un mistero grande quanto l’universo e parallelo ad esso.
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(di nick castle)
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il cinefilo
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giovedì 10 marzo 2011
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l'arte di descrivere l'ignoto
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Il film inizia(dopo la splendida"introduzione"grandiosamente musicata del globo terrestre che sorge dietro a un altro pianeta)con"l'alba dell'uomo"ovvero l'era in cui il mondo era dominato dai primati e la cultura umana letteraria,teatrale,pittorica,filosofica(quasi imprescindibile da quella letteraria),religiosa,scientifica e di tutti gli altri ambiti del sapere ancora non esisteva e tutto era in preda alla"disorganizzazione animale cieca e insensata"...ma mai"cieca"quanto quella di cui si rivelerà capace,dal punto di vista strettamente etico,la stessa umanità.
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Il film inizia(dopo la splendida"introduzione"grandiosamente musicata del globo terrestre che sorge dietro a un altro pianeta)con"l'alba dell'uomo"ovvero l'era in cui il mondo era dominato dai primati e la cultura umana letteraria,teatrale,pittorica,filosofica(quasi imprescindibile da quella letteraria),religiosa,scientifica e di tutti gli altri ambiti del sapere ancora non esisteva e tutto era in preda alla"disorganizzazione animale cieca e insensata"...ma mai"cieca"quanto quella di cui si rivelerà capace,dal punto di vista strettamente etico,la stessa umanità.
Un giorno,però,alcune presunte entità extraterrestri inviano un"dono"sulla terra...un MONOLITE NERO che possiede lo straordinario potere di avviare le entità inferiori al grado supremo dell'intelligenza...inizialmente le scimmie appaiono animalescamente preoccupate dinanzi a quest'oggetto...ma poi,toccandolo,essi verranno lentamente"iniziati"all'evoluzione.
Stanley Kubrick e lo scrittore-sceneggiatore Arthur C.Clarke,partendo dal romanzo"LA SENTINELLA"illustrano questo processo descrivendo uno dei nostri"antenati"(stando almeno alla teoria evoluzionistica di Charles Darwin che si estende anche a tutte le specie viventi)nella fase di apprendimento,apparentemente rudimentale ma in se stesso autenticamente rivoluzionario,di un osso come arma di difesa e aggressione nei confronti dei suoi simili...e la"potenza"con cui viene analizzato visivamente questo passaggio fa trasparire l'idea ambigua ma interessante secondo la quale ogni entità oggi"intelligente"sulla terra sembra essersi fondata radicalmente su un"peccato originario":la violenza...la visione definitiva che emerge,comunque,è che ogni evento non condizionato da mentalità estranee fa parte,inevitabilmente,del normale proseguimento della vita...sebbene,in questo caso,ci siano eccome e cioè i misteriosi"coloro"che hanno"inviato"il monolite.
Successivamente il regista ci mostra uno degli"sbalzi scenici temporali"più importanti della storia della cinematografia pre-moderna...la scena in cui il primate lancia in aria l'osso e che,nella fase di ritorno,trasporta di colpo lo spettatore avanti di diversi migliaia di anni...nell'anno 2001...in cui la razza umana ha raggiunto ormai il suo"apice tecnologico"e non ha timore,pultroppo,di tentare di superare i confini della scienza...con le conseguenze terribili che possono derivarne.
Basterebbe la sola sequenza del valzer delle astronavi sulle note di Strauss ha collocare quest'opera tra le più complicate e indescrivibili di tutti i tempi ma ciò che segue è addirittura più ammaliante come ho già scritto nel mio commento precedente.
Quando utilizzo il termine"terribile"per classificare le azioni dell'uomo mi riferisco ovviamente alla sofisticata entità di HAL 9000 la quale,sfuggendo al controllo umano da esso stesso concepito,finisce per uccidere tutti gli astronauti della nave spaziale eccetto il protagonista Gary che riesce coraggiosamente a disattivarlo.
La terza e ultima parte del film riguarda il viaggio di gary oltre i confini del tempo e,forse,delle stelle...e in cui l'utilizzo degli effetti speciali raggiunge,a mio giudizio,il suo grado d'importanza più alto in assoluto in quanto viene permeato non soltanto dalla mera spettacolarità(come va di moda oggi)ma anche da un oceano di riflessioni intellettuali posti a un livello pesantemente e fascinosamente cerebrale e ipnotico.
Le scene in cui Gary termina il suo viaggio all'interno di una stanza decorata come se si trattasse del 18°secolo vedendo se stesso invecchiare e morire lasciano,ancora oggi,una sensazione fisica e psicologica che è un misto di sbigottimento e inquietitudine...salvo poi rivedere l'uomo(si presume che si tratti proprio di lui)rinascere sotto forma di feto e galleggiare nella profondità e nell'eternità dello spazio infinito in una delle scene più belle che il sottoscritto sia capace di ricordare per quanto riguarda il cinema.
P.S:gradirei,mi rivolgo con tranquillità alla redazione di MYMOVIES,che questa recensione non sparisse misteriosamente considerando il piacere e il sudore mentale che mi è costata.
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(di weach)
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paolo 67
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giovedì 3 novembre 2011
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l'alba dell'uomo
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Parlare di "2001" è come parlare della storia del cinema. Le esaurisce tutte, dal film per la televisione allo sperimentalismo underground, nella anche spettacolarmente genialissima intuizione del monolito come spazio nero in cui tutto si genera e lavagna su cui tutto si scrive. Come ha fatto rilevare Enrico Ghezzi, questo celebrato capolavoro, talmente geniale che visto oggi sembra un -altro genere- documentario, è soprattutto un film di interni, il cui misterioso rapporto col fuori dell'Universo è suggellato nel finale del film. Che sia, come si è detto, una illustrazione dei concetti del filosofo Nietzsche o di una teologia laico-materialistica non è più importante del suo raffigurare nel meraviglioso ciò che la ragione non può comprendere e la parola non può dire.
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Parlare di "2001" è come parlare della storia del cinema. Le esaurisce tutte, dal film per la televisione allo sperimentalismo underground, nella anche spettacolarmente genialissima intuizione del monolito come spazio nero in cui tutto si genera e lavagna su cui tutto si scrive. Come ha fatto rilevare Enrico Ghezzi, questo celebrato capolavoro, talmente geniale che visto oggi sembra un -altro genere- documentario, è soprattutto un film di interni, il cui misterioso rapporto col fuori dell'Universo è suggellato nel finale del film. Che sia, come si è detto, una illustrazione dei concetti del filosofo Nietzsche o di una teologia laico-materialistica non è più importante del suo raffigurare nel meraviglioso ciò che la ragione non può comprendere e la parola non può dire. Dopo le iniziali stroncature, la critica si allineò al successo decretato dal pubblico, le cui avanguardie furono i giovani che videro nel film l'equivalente di un viaggio psichedelico. Con questo film la fantascienza -se di fantascienza si può parlare-, da genere infantile quando non stupido (in certi casi erotico) quale era considerato diventa adulta, anzi scavalca l'esperienza adulta della ragione umana giunta a un momento di crisi di cui il film è anche drammatica testimonianza. La psicoanalisi, una delle chiavi interpretative di Kubrick, torna nel rapporto edipico del computer col suo creatore (tema che verrà ripreso persino in "Star Trek"), un dramma in chiave cosmica paradigmatico di un futuro possibile, ma il destino dell'umanità è visto in chiave apocalittica, coll'uomo tecnologico anello mancante tra l'animale e un uomo-altro (bambino), per sempre affrancato dalla violenza e dalle profonde e perpetue contraddizioni che tutta l'opera di Kubrick esplora. Affiora nel secondo episodio, che si distingue per la sua euforia contrapposta, tranne il finale, brusco come altri di Kubrick, all'allucinata angoscia del resto dell'opera (pensiamo all'immensa malinconia delle sequenze del "Discovery"), una nota nostalgica, esplicita nel valzer viennese, che rivela le origini mitteleuropee dell'autore, senza che egli manchi di andare a bersaglio con la consueta ironia soprattutto nella prima parte, dove un umorismo sardonico è presente nel sottolineare le tappe dell'evoluzione dell'umanità (e ritorna nelle scene sulla Luna, dove una ridicola foto-ricordo è interrotta dal misterioso e lancinante sibilo del monolito). Il fascino del film sta nel mistero che conserva mostrando l'uomo al confronto con un'altra civiltà, che potrebbe essere benissimo una coscienza immortale che faccia parte dell'intero Universo. Qualcuno, facendo riferimenti collo sviluppo successivo del cinema di Kubrick, ha ipotizzato un disegno del cosmo in forma satanica, ma il film si rivela rispettoso verso qualsiasi concezione religiosa (tanto è vero che è nella lista dei film più importanti filosoficamente della storia del cinema elaborata dalla Chiesa cattolica). Quanto al monolito, che monopolizza gli interrogativi sul simbolismo del film, bisogna rendere omaggio al suo vero ideatore come simbolo metafisico: lo scrittore Arthur Clarke, autore dei tre libri (La sentinella, Incontro al crepuscolo e L'angelo custode) da cui Kubrick trasse ispirazione e cosceneggiatore del film. Nella sua ambizione (in questo senso forse il film che osa più della storia del cinema) "2001" rappresenta anche l'Universo come mente (é in effetti la raffigurazione di una misura mentale umana) di cui le armonie del compositore ungherese Ligeti rendono l'astrattezza ma anche una inquietante sensazione insieme di sgomentevole lontananza e strana familiarità. L'esperienza ineffabile metafisica, il sentimento di tutto (quello che avrebbe voluto raggiungere Fellini col "Viaggio di G. Mastorna" ma che gli è riuscito qua e là in più di un altro film). Nel suo continuo farsi forma di spettacolo, in una circolarità da nastro di Moebius in cui tutto è, è stato e sarà, il film è anche un personalissimo modo di rinnovare la parentela stretta tra la fiaba e il racconto dell'orrore (come farà in "Shining"), dimostrando l'importanza del Mito nella Storia. Nell'Universo come lo conosciamo, il principio della vita è la morte, e la riduzione simbolica del monolito è il mistero che non si chiarisce (la stessa intelligenza umana, la nascita della tecnologia è legata a un gesto omicida). Quello che è stato chiamato il pessimismo di Kubrick si converte soltanto nel passaggio all'Utopia: oltre i limiti umani, comprese le necessità fisiologiche, oltre il tempo (come già avviene nella stanza del Settecento), comunque concetto razionale (l'astronauta ha accesso alla quarta dimensione dopo aver disattivato la memoria terminale di Hal, in una sequenza chiaramente allegorica), in uno stato fetale (viene in mente l'assioma secondo il quale non è l'uovo l'espediente della natura perchè esista la gallina, ma la gallina l'espediente della natura per portare da un uovo a un altro uovo). Ma è il film a esaurire ogni possibile spiegazione, lo fa letteralmente. Domina il genio di Kubrick, luminoso, algido (e plumbeo), a portare al limite delle zone oscure dove può farci da guida solo la nostra immaginazione. Quando si fa così si va sempre avanti, e non solo nella storia del cinema.
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(di dan69)
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goliadkin
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mercoledì 1 maggio 2013
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ambizioso, colossal sperimentale
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Film tra i più ambiziosi nella storia del cinema, secondo me l'intento è quello di rappresentare sul grande schermo tra i maggiori temi della speculazione filosofica; dall'origine dell'universo, il film si apre con lo schermo nero accompagnato da una sequenza caotica di suoni, che diviene poi l'overtoure di "Così parlò Zarathustra" (omonima opera di Nietzsche, attraversata come nel film dal tema della metamorfosi, uomo-superuomo), all'origine dell'uomo in quanto essere pensante, la comparsa di un enigmatico monolite nero, impulso che per tre volte nel film spinge scimmie e uomini alla ricerca e all'evoluzione, preludio ogni volta a delle metamorfosi rese con due memorabili sequenze: un osso scagliato in aria diviene un'astronave, il viaggio allucinato attraverso il monolite nello spazio, per arrivare al tema dell'autocoscienza e del conflitto tra uomo e macchina reso mediante il personaggio del computer HAL9000.
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Film tra i più ambiziosi nella storia del cinema, secondo me l'intento è quello di rappresentare sul grande schermo tra i maggiori temi della speculazione filosofica; dall'origine dell'universo, il film si apre con lo schermo nero accompagnato da una sequenza caotica di suoni, che diviene poi l'overtoure di "Così parlò Zarathustra" (omonima opera di Nietzsche, attraversata come nel film dal tema della metamorfosi, uomo-superuomo), all'origine dell'uomo in quanto essere pensante, la comparsa di un enigmatico monolite nero, impulso che per tre volte nel film spinge scimmie e uomini alla ricerca e all'evoluzione, preludio ogni volta a delle metamorfosi rese con due memorabili sequenze: un osso scagliato in aria diviene un'astronave, il viaggio allucinato attraverso il monolite nello spazio, per arrivare al tema dell'autocoscienza e del conflitto tra uomo e macchina reso mediante il personaggio del computer HAL9000.
L'intento del film è perseguito attraverso il susseguirsi di scene che spesso fanno più appello alla suggestione emotiva che alla comprensione logica della trama, resa mediante forti contrasti cromatici della fotografia: blu profondi dello spazio, rossi caldi di molti interni, contrasti sonori: il susseguirsi di temi classici melodici a sonorità enigmatiche, l'essenzialità delle scene spesso geometriche e minimaliste (anche per quanto riguarda i dialoghi, davvero esigui per la durata del film).
Pellicola che precorre i tempi, sono innumerevoli i casi in cui è possibile ritrovare in essa idee riproposte in film (sopratutto di fantascienza) usciti successivamente (si pensi ai vari computer autocoscienti che di volta in volta vogliono prendere il controllo, l'ultimo dei quali in Oblivion che ci guarda con il suo tondo occhio rosso).
Film di genere ma la cui etichetta di fantascienza può trarre in inganno chi si aspetti azione e una trama lineare, in questo senso risulterà lento e noioso, la dove è invece una riflessione resa con tutti i mezzi che il cinema ha messo a disposizione di un talento straordinario come Stanley Kubrick.
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simon90
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martedì 17 giugno 2014
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la filmografia che diventa opera d'arte
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Cercare di analizzare il film seguendo i tradizionali canoni della cinematografia è impossibile, è proprio lo stesso regista che vuole donare allo spettatore un’opera che non ha l’obiettivo di raccontare, ma piuttosto quello di sconvolgere l’inconscio affrontando il mistero più grande: vita e morte che si ripetono ciclicamente all’interno di quel reticolo spaziotemporale che compone e “ingabbia” l’universo. La materia che lo forma è anch’essa soggetta a un moto astrale perpetuo che si ripete all’infinito quasi come una sorta di sinfonia cosmica (forse kubrick nella sua mente aveva già ipotizzato la futura teoria delle stringhe, le strings, le microscopiche corde di violino, che muovendosi casualmente genererebbero le particelle subatomiche).
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Cercare di analizzare il film seguendo i tradizionali canoni della cinematografia è impossibile, è proprio lo stesso regista che vuole donare allo spettatore un’opera che non ha l’obiettivo di raccontare, ma piuttosto quello di sconvolgere l’inconscio affrontando il mistero più grande: vita e morte che si ripetono ciclicamente all’interno di quel reticolo spaziotemporale che compone e “ingabbia” l’universo. La materia che lo forma è anch’essa soggetta a un moto astrale perpetuo che si ripete all’infinito quasi come una sorta di sinfonia cosmica (forse kubrick nella sua mente aveva già ipotizzato la futura teoria delle stringhe, le strings, le microscopiche corde di violino, che muovendosi casualmente genererebbero le particelle subatomiche). Spazio e tempo non a caso sono a tutti gli effetti i protagonisti del film, agli attori umani restano solamente dialoghi scarni per esprimersi, ben poco utili a comprendere i veri significati dell’odissea kubrickiana. La fotografia degli spazi e i dettagli della scenografia, associati a una dilatazione temporale quasi infinita dell’immagine, sono pretesti per farci comprendere l’estrema lentezza dei movimenti ciclici della natura, così come la continua espansione/evoluzione dell’universo e di tutto ciò che esso contiene. L’uomo non sfugge a questo processo ovviamente, anzi il tema dell’evoluzione diventa il punto cruciale da cui parte il film. Tutto ha origine in un’Africa primordiale, dove gli animali vivono spinti da istinti naturali di sopravvivenza. Le scimmie (su cui kubrick si sofferma narrando con la cinepresa la loro semplice vita) sono animali pacifici, il cui principale obiettivo e quello di sopravvivere e preservare il benessere del proprio gruppo. L’unico vero pericolo che incombe su di loro sono i grandi felini predatori che a loro volta, seguendo il principio di natura attaccano le scimmie indifese per sfamarsi. D’improvviso la placida quiete viene interrotta dalla comparsa di un misterioso monolito nero apparso dal nulla, il quale donerà a queste ultime l’intelletto. Ciò porterà la scimmia a evolversi sfruttando una nuova dote acquisita, quella di utilizzare ciò che la natura offre per migliorare le proprie condizioni di vita diventando così più forte e invulnerabile grazie all’uso di un arma primordiale che gli permette di cacciare le prede e difendersi dagli altri animali che usufruivano delle risorse vitali comuni regalate da madre natura alle sue creature. La scimmia proto-ominide razionalizza la violenza del suo istinto tramite la presa di coscienza del male e delle sue conseguenze (temi tanto cari al regista approfonditi 2 anni più tardi in Arancia Meccanica). La narrazione prosegue nel 2001, il caro monolito (un’entità aliena? Un’entità superiore mandata da Dio? Una semplice roccia con proprietà inspiegabili?) viene ritrovato sulla superficie lunare e sarà nuovamente oggetto di attenzioni da parte degli uomini, i quali attratti irresistibilmente da esso lo seguiranno raggiungendo lo stadio evolutivo superiore, rappresentato dallo starchild-superuomo nato dal corpo morto dell’astronauta che rappresenta l’intera umanità. Resta soltanto un nemico da superare, la presunzione di avere sempre una risposta corretta tramite l’analisi puramente fenomenica ed empirica del mondo, questo concetto astratto viene interpretato dall'"attore cibernetico" Hall 9000, un elaboratore talmente infallibile da non essere in grado di prendere coscienza del suo errore.
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great steven
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domenica 19 luglio 2015
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un perfetto tripudio fra musica, scene e messaggio
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2001: ODISSEA NELLO SPAZIO (USA, 1968) diretto da STANLEY KUBRICK. Interpretato da KEIR DULLEA, GARY LOCKWOOD, WILLIAM SYLVESTER, DANIEL RICHTER, LEONARD ROSSITER, MARGARET TYZACK, ROBERT BEATTY, SEAN SULLIVAN, DOUGLAS RAIN
Solamente un regista del calibro di Kubrick (1928-1999) poteva adottare il genere fantascientifico per dedicarsi ad un progetto che in realtà parla di tutt’altro: questo film rappresenta infatti quello che è probabilmente il più straordinario e inquietante apologo sulla condizione umana, in un futuro intelligibile e meno lontano di quel che sembra, riguardo al rapporto dei nostri simili con le tecnologie d’avanguardia.
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2001: ODISSEA NELLO SPAZIO (USA, 1968) diretto da STANLEY KUBRICK. Interpretato da KEIR DULLEA, GARY LOCKWOOD, WILLIAM SYLVESTER, DANIEL RICHTER, LEONARD ROSSITER, MARGARET TYZACK, ROBERT BEATTY, SEAN SULLIVAN, DOUGLAS RAIN
Solamente un regista del calibro di Kubrick (1928-1999) poteva adottare il genere fantascientifico per dedicarsi ad un progetto che in realtà parla di tutt’altro: questo film rappresenta infatti quello che è probabilmente il più straordinario e inquietante apologo sulla condizione umana, in un futuro intelligibile e meno lontano di quel che sembra, riguardo al rapporto dei nostri simili con le tecnologie d’avanguardia. Non a caso il computer HAL 9000 assume ben presto il ruolo di antagonista della vicenda, da quando segnala l’inesistente avaria in un circuito della navicella spaziale a quando l’astronauta decide di far regredire il suo sistema informatico intelligente allo stadio iniziale. Indimenticabili il prologo e l’epilogo. Si parte, mediante una sferzata irresistibile di vento primordiale e apocalittico, con un branco di australopitechi quadrumani che cercano di sopravvivere in un mondo desertico risalente a quattro milioni di anni fa, e che imparano, attraverso l’intuizione e l’esperienza, a sminuzzare la carne battendovi sopra le ossa per poterla mangiare meglio. La comparsa del monolito nero scombussola il loro ordine naturale di cose e li rende sospettosi di una forma vitale mai concepita prima. Si prosegue con una memorabile danza nello spazio aperto in cui le astronavi si librano nel vuoto dell’universo come se seguissero la musica di Johann Strauss nota per nota, mentre la cinepresa riflette un movimento che sa donare agli spettatori un ineguagliabile e irripetibile istante lunghissimo di pura poesia. Nella parte centrale prendono corpo i personaggi umani, quasi interamente ingegneri aerospaziali e viaggiatori siderali che hanno colonizzato le stelle e le altre galassie e si preparano sia a scoprire esseri viventi dotati di raziocinio su mondi finora sconosciuti, sia all’esplorazione di pianeti per scopi scientifici e naturalistici. Il veicolo destinato al viaggio su Giove ospita cinque astronauti, di cui tre in stato di ibernazione ancor prima della partenza. Lo sviluppatissimo sistema informatico intelligente, noto come HAL 9000, interagisce coi due uomini che pilotano il mezzo fino al pianeta di maggiori dimensioni del sistema solare, ma quando assume prepotentemente l’iniziativa e cattura il controllo della missione, le sue intenzioni appaiono chiare e soprattutto terrificanti. Non va dimenticato che HAL uccide quattro uomini nel tentativo ben organizzato di spadroneggiare sulla volontà umana. II messaggio inviato da Kubrick si espleta nella sua spietatezza più cruda e pessimistica: il futuro dell’umanità potrà venire rubato ai suoi stessi pensatori/inventori dai macchinari che potrebbero pericolosamente dotarsi di abilità proprie che li renderanno in grado di prendere decisioni che avranno il rischio di sovrapporsi al nostro controllo, eludendolo abilmente fino a sconfiggere la finitezza umana e governando con imbattibile onnipotenza. Abbiamo comunque a che fare con un capolavoro del cinema di science-fiction il quale ha rivoluzionato il modo di raffigurare la lontananza del tempo insieme ad una profonda innovazione del pensiero d’autore, della gestione del materiale narrativo a disposizione e della plasticità figurativa unita all’impiego dei contributi tecnici. Ebbe un Oscar per i meravigliosi e fantasmagorici effetti speciali, il cui supervisore fu Douglas Trumbull, coadiuvato dal regista. Quello che rimane impresso dopo i centoquarantatre minuti di proiezione è pur sempre la varietà di toni, colori, schemi e luci che l’opera propone magari sfiancando la vista ma senza forzare ideologicamente il pubblico e senza sbattergli sul muso un’accozzaglia cromatica priva di senso. La voce italiana di HAL 9000 è del bravissimo doppiatore di lungo corso Gianfranco Bellini. Nessun altro film ambientato negli anni a venire riuscirà mai nemmeno ad imitarlo in fatto di potenza espressiva, dovizia di clamorosi dettagli, metamorfosi durevole e mescolanza nella sperimentazione.
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paolo vattelappesca
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mercoledì 10 agosto 2016
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il delirio allarga i confini mentali e razionali
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Il film nelle sue apparenze narra la nascita del Superuomo con la civiltà tecnologica come passaggio e con le apparizioni di un misterioso monolito che segna le tappe fondamentali del progresso dell'umanità. Così come le scimmie erano in immobilità evolutiva prima della sua apparizione simbolica, l'uomo del 2000 vive in un cullante bel mondo che appare persino banale, prima che l'unico superstite del viaggio verso Giove vada ad affrontare il suo destino dopo aver disattivato il computer, facendo tutt'uno col monolito in un finale euforico come la scimmia che getta in aria l'osso che diventa un'astronave. Il monolito infatti, è accompagnato da un coro che evoca insieme la vita e la morte, il cui mistero si supera solo in un'altra dimensione.
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Il film nelle sue apparenze narra la nascita del Superuomo con la civiltà tecnologica come passaggio e con le apparizioni di un misterioso monolito che segna le tappe fondamentali del progresso dell'umanità. Così come le scimmie erano in immobilità evolutiva prima della sua apparizione simbolica, l'uomo del 2000 vive in un cullante bel mondo che appare persino banale, prima che l'unico superstite del viaggio verso Giove vada ad affrontare il suo destino dopo aver disattivato il computer, facendo tutt'uno col monolito in un finale euforico come la scimmia che getta in aria l'osso che diventa un'astronave. Il monolito infatti, è accompagnato da un coro che evoca insieme la vita e la morte, il cui mistero si supera solo in un'altra dimensione. Il feto astrale non spiega il mistero; non si capisce se è la fine dell'umanità o una sua rinascita affrancata, con la tecnologia, dalla violenza (che ha contrassegnato le storia umana); se è una regressione a uno stato antropoide in un ciclo infinito; l'unica cosa che possiamo capire con la nostra ragione è che il film tratta della immortalità biologica, con la morte necessaria come principio della vita. Nelle sequenze del viaggio finale ci sono momenti in cui Kubrick assimila il microscopico al macroscopico, il dentro l'uomo con il fuori dall'uomo, ma anche si riconoscono fin troppo bene visioni del pianeta Terra, prima di approdare a un ambiente che ha tutta l'aria di essere una parte del cervello, che è una delle letture del mistero del film: tutto è cervello, tutto - il concetto di natura, la nostra relazione col mondo, il nostro stesso senso di noi stessi e del mondo, la cui separazione in certe condizioni mentali scompare - dipende dal cervello. Il Superbambino, o come lo si voglia chiamare, è un superamento dell'uomo che fu, per il quale scompaiono i nostri concetti di riferimento anche morali e la nostra intelligenza e coscienza non è più separata dal resto dell'Universo, come ci sembra. Non può stupire quindi che questo fosse il film preferito di John Lennon, consumatore di LSD in quantità industriale, che lo vedeva almeno una volta alla settimana; o di Timothy Leary, attivista in favore delle droghe psichedeliche; nè che la major conservatrice Metro Goldwin Mayer, che già aveva accettato di distribuire "Lolita", per motivi di incassi lasciasse pubblicizzare il film come "il viaggio definitivo", negli stessi anni in cui lo stesso tipo di pubblico decretava il successo del "Satyricon" di Fellini, con i cinema come astronavi in viaggio questa volta all'indietro (e nel profondo), in una nube di hashish (Fellini disse: vorrei essere giovane oggi). E ancora una volta si può affermare con Burroughs e Kubrick (che lo condivideva) che lo schizofrenico paranoico è quello che ha scoperto cosa sta succedendo. "Diversamente (e più ampiamente) abile" non è soltanto un modo di dire.
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ilsettimosamurai
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venerdì 12 agosto 2016
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2001 nel 2001
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Anno 2001 e 2001 diventa realtà. Riprongono il film al cinema. Io immagino di essere uno spettatore del 68 che vede per la prima volta il film, negli occhi la voglia di ribellione e nella pancia lo spazio per una fame infinita. La compagnia aggiunge un tocco di classe alla rappresentazione. Ho per l'occasione una sessantottina vera: mia madre. Non potevo di scegliere di meglio. Fiotte di persone cercano di entrare al cinema. Chissà se fu così all'uscita dl film, grandi incassi ma ... il film comincia. L'emozione sale, la rappresentazione riesce. Sono eccitato. Mi vengono i brividi.
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Anno 2001 e 2001 diventa realtà. Riprongono il film al cinema. Io immagino di essere uno spettatore del 68 che vede per la prima volta il film, negli occhi la voglia di ribellione e nella pancia lo spazio per una fame infinita. La compagnia aggiunge un tocco di classe alla rappresentazione. Ho per l'occasione una sessantottina vera: mia madre. Non potevo di scegliere di meglio. Fiotte di persone cercano di entrare al cinema. Chissà se fu così all'uscita dl film, grandi incassi ma ... il film comincia. L'emozione sale, la rappresentazione riesce. Sono eccitato. Mi vengono i brividi. Schermo nero per 3 minuti come se fosse un quadro di Malevic, un abisso iperscrutabile. 2001 divide. C'è chi lo ascolta in religioso silenzio e chi (la maggior parte) lo ascolta parlando e conversando, alcuni addirittura lo prendono in giro. Si aspettavano qualcosa di diverso, erano giunti lì sull'onda dell'emotività o spinti dal titolo avventuroso oppure dalla sua fama. Non giudico l'atteggiamento delle altre persone a mente fredda ma nella rappresentazione ... sì. Il '68: certo, un anno rivoluzionario, ma non per tutti, le rivoluzioni come al solito le vivono in pochi. Forse molti hanno visto questo film ma pochi l'hanno osservato. Kubrick voleva creare un sinfonia di immagini e suoni, un continuum spazio culturale, un film avventuroso nella staticità, un immobilismo contemplativo, un movimento di macchina lento e incessante, una mostra sull'universo, mettere in mostra l'universo. Ogni gesto è grandioso; è il film più veloce che abbia mai visto, è il film più lento che abbia mai visto. Dipende da che parte lo guardate, se siete in 68 nel 68 a capire veramente il film oppure nel 2001 in 2001. Quando esco l'esperimento mi ha sconvolto, non so più da che parte guardare, le persone portano ancora pantaloni a zampa di elefante e parlano radical chic ... la moda mi confonde; non so se mia madre al mio fianco è una bellissima sessantottina oppure la donna che adesso guardo negli occhi. Le do la mano: è il modo di ringraziarla, perchè come al solito mi ha guidato qui. Torno bambino e allo stesso tempo sono adulto in un cerchio di fuoco di immagini e suono, un ciclo vitale senza fine. Ero quello che sono, sarò quello che ero. Questo esperimento mi ha insegnato qualcosa, che l'universo è in un occhio, bisogna saperlo comprendere, accettare, combattere, scrutare, apprezzare, girare e il mistero continuerà ... come la vita. Anche Kubrick ha fatto un esperimento, ma questa è storia nota ... e se c'è qualcuno di voi, allora, che non lo sa ancora ... allora è fortunato e può fare anche lui un naturale esperimento, andando avanti e indietro nel tempo, guardando 2001 come se fosse il 1968, scoprendo il 2001 secondo il passato, stando in 2001 nel 2001; io sarò lì e starò tenendo per mano mia madre.
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