adriano sgarrino
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domenica 18 ottobre 2009
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2001: odissea nello spazio
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Paese di prod.: Gran Bretagna Anno: 1968 Di: Stanley Kubrick Con: Keir Dullea, Gary Lockwood, Daniel Richter, William Sylvester. In uno dei prologhi più famosi della storia del cinema, una scimmia all'interno di un gruppo di suoi simili, impressionati dalla presenza invadente di un monolite nero, scopre che l'osso di uno scheletro può diventare un efficace strumento di offesa, col quale sottomettere le altre specie animali. Quattro milioni dopo, nel 2001, un'astronave, guidata dall'efficientissimo computer Hal 9000, parte per Giove, con l'intento di scoprire il mistero che avvolge un monolite nero ritrovato nei pressi della base lunare di Clavius. Della missione fanno parte due astronauti, Frank Poole (Lockwood) e David Bowman (Dullea) e tre scienziati ibernati.
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Paese di prod.: Gran Bretagna Anno: 1968 Di: Stanley Kubrick Con: Keir Dullea, Gary Lockwood, Daniel Richter, William Sylvester. In uno dei prologhi più famosi della storia del cinema, una scimmia all'interno di un gruppo di suoi simili, impressionati dalla presenza invadente di un monolite nero, scopre che l'osso di uno scheletro può diventare un efficace strumento di offesa, col quale sottomettere le altre specie animali. Quattro milioni dopo, nel 2001, un'astronave, guidata dall'efficientissimo computer Hal 9000, parte per Giove, con l'intento di scoprire il mistero che avvolge un monolite nero ritrovato nei pressi della base lunare di Clavius. Della missione fanno parte due astronauti, Frank Poole (Lockwood) e David Bowman (Dullea) e tre scienziati ibernati. Tutto sembra andare per il verso giusto durante il viaggio, ma ad un tratto il computer, "capendo" che l'equipaggio lo vuole mettere fuori uso per un errore commesso in precedenza, si ribella agli uomini provocando volontariamente la morte di tre scienziati e di Poole. Bowman sarà in grado di disattivarlo, per poi essere risucchiato in una ignota dimensione spaziotemporale che lo porta alla fine a rinascere come feto galleggiante sopra la Terra. Adattando con l'autore tre racconti di Arthur C. Clarke ("La sentinella", "Encounter in the Dawn" e "Guardian Angel") Kubrick realizza il più celebre e miglior film di fantascienza di sempre. Non concedendo esplicite spiegazioni sugli accadimenti del film, il regista offre in tal modo allo spettatore la "libertà" di attribuire il proprio senso personale all'opera. Lo stesso Kubrick dichiarò espressamente che il suo scopo primario fu di filmare un'esperienza visiva che penetrasse anzitutto nell'inconscio di ognuno di noi. Proprio per questa ragione, il film ammalia e lascia la sensazione di rimanere profondamente arricchiti dopo la sua visione, non solo toccando i confini della razionalità ma sfondandoli, facendo così intendere che l'interpretazione ultima delle cose deve necessariamente fare leva su elementi non-logici, non-razionali, non-previsti, non-calcolati. Un film in cui un'inusitata esperienza visiva (Kubrick confessò che la raffigurazione delle tappe del viaggio spaziotemporale del protagonista gli fu dettata dall'assunzione di sostanze allucinogene) ed esperienza sonora (indimenticabile l'uso di "Così parlò Zarathustra" di Richard Strauss, per accompagnare e, in un certo senso, "commentare" le più rilevanti scene spaziali) si fondono in una rinnovata unione per illustrare in immagini l'intricato e, sotto molti aspetti, ancora ignoto rapporto del genere umano con il Tempo e con lo Spazio Cosmico. Ottimo anche l'apporto degli effetti speciali di Douglas Trumbull, per nulla invadenti e mai fini a se stessi ma sempre funzionali e al servizio della trama e dei personaggi. Il nome del computer, Hal 9000, è la fusione delle iniziali dei due metodi di conoscenza e comunicazione: heuristic (euristico) e al algorithmic (algoritmico); ma probabilmente è anche un velato riferimento alla Ibm fatto da Kubrick, visto che le lettere che formano il nome del computer precedono nell'alfabeto quelle della nota società.
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jayan
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mercoledì 10 novembre 2010
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il più grande film di fantascienza!
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Il capolavoro in assoluto di Stanley Kubrick, il più bel film di fantascienza della storia del cinema. E non solo un film di fantascienza ma anche un film esoterico, perché nel finale si mostra che tutto l'universo, la vita, la morte e la rinascita, ha inizio in qualche luogo al di fuori del tempo e dello spazio, rappresentato dalla casa tutta bianca dove c'è il vecchio che invecchia sempre di più, e in realtà non è altro che lo spazionauta stesso, man mano che lo guarda ogni volta (una scena davvero splendida, sublime). Il monolite nero rappresenta la scintilla di intelligenza creativa che spinge l'uomo ad evolvere e passare dalle scimmie all'uomo, fino a scoprire la sorgente dell'esistenza stessa.
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Il capolavoro in assoluto di Stanley Kubrick, il più bel film di fantascienza della storia del cinema. E non solo un film di fantascienza ma anche un film esoterico, perché nel finale si mostra che tutto l'universo, la vita, la morte e la rinascita, ha inizio in qualche luogo al di fuori del tempo e dello spazio, rappresentato dalla casa tutta bianca dove c'è il vecchio che invecchia sempre di più, e in realtà non è altro che lo spazionauta stesso, man mano che lo guarda ogni volta (una scena davvero splendida, sublime). Il monolite nero rappresenta la scintilla di intelligenza creativa che spinge l'uomo ad evolvere e passare dalle scimmie all'uomo, fino a scoprire la sorgente dell'esistenza stessa. Straordinaria la scena del contatto dell'astronave con la stazione spaziale al suono del danubio blu. Grande il dramma della lotta dell'uomo con la macchina (il computer Hall 9000). Le scene finali dell'astronave che va oltre i confini dell'universo sono al di là dell'immaginazione. Creativo è stato lo scritto Arthur Clark, ancora più creativo è stato il regista Stanley Kubrick. Quando la creatività si unisce all'immaginazione, alla musica e alla buona fotografia (da ricordare che il film è stato prodotto interamente, escluse le immagini girate in Africa, negli studios inglesi) voene fori un capolavoro come questo film. Eccellente. Da vedere e rivedere!
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step99scream
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lunedì 6 agosto 2012
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forse non l'ho capito...
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Mi sono sforzato di vedere questo film fino all'ultimo e ci sono riuscito! Capolavoro, ma non è il mio genere. Ammetto che è un cult, con effetti speciali e colonna sonora strabilianti. Buona interpretazione degli attori. Belli i significati. Fino a qui sembrerebbe perfetto ma il film è lento, non mette adrenalina, stavo per addormentarmi sul divano. Sembra durare il doppio di quello che in realtà è. Non mi ha convinto. Forse non l'ho capito o forse sono troppo piccolo. Peccato.
[+] bravo già questo tentativo è qualcosa
(di weach )
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[+] l'ho visto nel '68
(di rudy_50)
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stefano
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giovedì 1 novembre 2018
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meravigliosamente più di un film
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Nel monolite è concretizzata la regolarità, la ratio stessa, in contrapposizione con la casualità, il caos.
La prima è, per natura, reiterazione, autoreferenzialità: l’intelligenza, la coscienza che è il relazionarsi a sè, cogliendo e governando il relazionarsi ad alterità, all’ambiente. Mentre la seconda è eteroreferenzialità, l’esser solo conseguenza meccanica dell’ambiente, e sol anonimo intermezzo fra questo e lo stesso nel porsi poi come causa: tutto ciò è l’esser animale, il non essere cosciente, avulso dal cogliere la natura profonda del reale, invece autoreferenziale nell’agire su sè continuativamente.
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Nel monolite è concretizzata la regolarità, la ratio stessa, in contrapposizione con la casualità, il caos.
La prima è, per natura, reiterazione, autoreferenzialità: l’intelligenza, la coscienza che è il relazionarsi a sè, cogliendo e governando il relazionarsi ad alterità, all’ambiente. Mentre la seconda è eteroreferenzialità, l’esser solo conseguenza meccanica dell’ambiente, e sol anonimo intermezzo fra questo e lo stesso nel porsi poi come causa: tutto ciò è l’esser animale, il non essere cosciente, avulso dal cogliere la natura profonda del reale, invece autoreferenziale nell’agire su sè continuativamente.
I primati trovano la propria autocoscienza innescata dal monolite, autoreferenzialità che si perpetra nello sviluppo umano fino a ritrovarsi nell’intelligenza artificiale. Autocoscienza che sublima dalle sue sembianze concrete nell’estremo relazionarsi di questa all’ambiente, concretizzato nel viaggio esplorativo definitivo, fino ai confini dell’universo: tale evento, estremo quanto indistinto nella rappresentazione, si fa evidente proprio nella sua essenza, l’autoreferenzialità. Il limite estremo dello spazio va a coincidere con la fine del tempo, entrambe coincidenti a loro volta con il limite della sembianza reale dell’autocoscienza, la morte dell’individuo, ove il sublimarsi dell’autocoscienza nella sua semplicità assoluta è rappresentato dal neonato. Morte e nascita, inizio e fine della storia, a chiudere il cerchio e così compiendo l’autoreferenzialità, l’autocoscienza, nel suo sol esser tale, a fondamento e fin oltre il reale.
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lunedì 22 aprile 2019
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cinema e filosofia
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Nonostante l’assenza di una linearità intesa nel senso classico del termine (inizio, svolgimento, conclusione), e d’altro canto l’abbondanza di forme e riferimenti simbolici, che permetterebbero svariati tipi di interpretazione, il capolavoro di Kubrick non è privo, a mio giudizio, di indicazioni ben precise che il regista fornisce per una adeguata comprensione del suo film. Innanzitutto è necessario rivolgere l’attenzione verso due elementi fondamentali, che compaiono all’inizio del lungometraggio, in pratica contemporaneamente; questi sono, precisamente, il titolo e la colonna sonora. Cominciamo col primo. La parola centrale del titolo è “Odissea”, la quale richiama luoghi, tempi e personaggi ben definiti.
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Nonostante l’assenza di una linearità intesa nel senso classico del termine (inizio, svolgimento, conclusione), e d’altro canto l’abbondanza di forme e riferimenti simbolici, che permetterebbero svariati tipi di interpretazione, il capolavoro di Kubrick non è privo, a mio giudizio, di indicazioni ben precise che il regista fornisce per una adeguata comprensione del suo film. Innanzitutto è necessario rivolgere l’attenzione verso due elementi fondamentali, che compaiono all’inizio del lungometraggio, in pratica contemporaneamente; questi sono, precisamente, il titolo e la colonna sonora. Cominciamo col primo. La parola centrale del titolo è “Odissea”, la quale richiama luoghi, tempi e personaggi ben definiti. Come tutti sanno, il poema omerico narra le vicende del re di di Itaca, Ulisse, al tempo della guerra di Troia. Il protagonista, dopo aver conquistato la città nemica, è costretto a vagare in mare per vent’anni, prima di poter fare ritorno nella sua patria. Dopo esser approdato in terre sconosciute, imbattendosi in bizzarri esseri più o meno ostili (ai quali riesce sempre a sfuggire), e dopo aver perduto tutti i suoi compagni di viaggio, l’eroe greco riesce finalmente, da solo, a ritornare nella sua patria e a riappropriarsi di tutto ciò che un tempo era suo. Le avventure di Ulisse sono in realtà un viaggio nelle profondità della natura umana, un viaggio che tutti i coraggiosi sono costretti ad intraprendere ma non tutti riescono a concludere, alla fine del quale, nella propria solitudine soltanto, ci si può riappropriare di se stessi. Il secondo elemento, come dicevamo prima, è la colonna sonora. La musica iniziale, imponente e maestosa, (e che esplode nel suo massimo vigore proprio mentre appare in sovraimpressione la scritta “2001: Odissea nello Spazio”) è tratta da un’opera di Richard Strauss che si intitola “Così parlò Zarathustra”; e non può certamente essere un caso che questo sia anche il titolo di una delle opere più famose di Friedrich Nietzsche. Così, già all’inizio del film, il regista ci offre due importanti chiavi di lettura per decifrare la sua opera; e dunque, come è importante avere qualche nozione basilare circa la storia e il significato dell’ Odissea di Omero, allo stesso modo si dovrebbe conoscere, almeno per sommi capi, i punti fondamentali della filosofia di Nietzsche e, in particolare, lo Zarathustra. In questo scritto, il filosofo tedesco tocca, con il suo stile profetico e dionisiaco, diversi temi che si intersecano tra loro, ma per comodità ne citeremo soltanto tre. Essi sono: la critica verso una ragione mummificata, la dottrina dell’oltre-uomo, l’idea dell’eterno ritorno. Per Nietzsche l’oltre-uomo può essere soltanto un individuo coraggioso il quale, dopo essersi liberato da tutti i pregiudizi derivati da tradizione, morale, religione, metafisica (che sono il prodotto di una ragione cristallizzata e morta), può finalmente andare oltre, superare se stesso, e così diventare ciò che realmente è. In questo ritrovarsi, l’oltre-uomo scorge l’assoluto nella propria finitezza, poiché oltre se stesso egli trova ancora e sempre se stesso, infinitamente, senza soluzione di continuità. Nessun Dio, nessun aldilà, nessun progresso: il tempo non si risolve in una dimensione trascendente rispetto ad esso. Ritorna, eternamente, sempre uguale a sé.
Tenendo in considerazione quanto appena detto, è facile intravedere come inizino a delinearsi alcuni punti fondamentali del film. E’ chiaro che tali linee interpretative è possibile tracciarle solamente dopo aver visto il lungometraggio nel suo complesso, ma questa è sicuramente anche la volontà del regista. Anzi, fa parte dello spirito dell’opera stessa. Le due più importanti chiavi di lettura (il titolo e la musica) compaiono all’inizio del film, ma da sole non dicono niente: in tal modo, è possibile capire il principio soltanto per mezzo della fine, e la fine soltanto per mezzo del principio. La nostra analisi, però, è appena all’inizio; adesso dobbiamo dire qualcosa in modo più dettagliato e per questo volgiamo l’attenzione verso il contenuto delle singole scene. La prima parte del film dura circa venti minuti, è assolutamente priva di dialogo e si intitola “The dawn of the man”; in italiano è stato tradotto, molto correttamente, con “L’alba dell’uomo”, dove “alba” sta per origine, principio, albori. La terra è popolata soltanto di animali che vivono solo d’istinto; l’uomo non si distingue dalle altre bestie, se non forse per la sua debolezza. La ragione, rappresentata da un inquietante monolito nero, irrompe improvvisamente nella storia, come qualcosa di assolutamente “alieno”. Non un lungo processo evolutivo permette agli ominidi di diventare esseri pensanti; bensì un fatto assolutamente straordinario, quasi assurdo, è la scintilla che fa avviare il motore dell’umanità. L’ominide tocca il monolito, comparso misteriosamente dal nulla, e acquista l’intelligenza. E’ nato il pensiero. Quando questo primitivo percuote con un osso una carcassa di animale, capisce che quell’azione non ha un valore rinchiuso nelle sue coordinate spazio-temporali, ma ha invece una portata universale. L’uomo scopre il concetto, grazie al quale è capace di prevedere, inventare, immaginare; e ne fa subito uso, avendo capito che quell’osso può essere usato come un’arma per abbattere qualunque animale. L’osso scagliato in aria dall’ominide, ormai uomo-pensante, diventa un’astronave. Siamo di fronte, probabilmente, ad una delle più belle inquadrature mai realizzate nella storia del cinema. Fine della prima parte, inizio della seconda. E’ l’apice della ragione. Tra l’osso lanciato in aria e l’astronave sono passati quattro milioni e mezzo di anni, ma in fondo queste due immagini rappresentano la stessa cosa. Non c’è differenza; sono entrambe il prodotto di una medesima ragione. 2001: la capacità creativa dell’uomo è al suo massimo livello, al vertice. Le astronavi danzano al ritmo di valzer, tutto l’universo risuona della musica dell’intelletto; una musica festosa, potente, piena di vita. Non c’è un’inquadratura di astronavi che non sia accompagnata da queste vivacissime melodie. Non solo: il walzer dà l’idea di una musica geometrica, e la geometria rimanda proprio alla capacità dell’intelletto di astrarre. Di precisa forma geometrica, inoltre, era anche il monolito. A questo punto, tuttavia, sorge un problema. Il monolito, che avevamo visto presente sulla Terra quattro milioni e mezzo di anni prima, viene trovato sulla luna. Da alcuni dialoghi si capisce che esso non si trova lì per caso: anzi, viene esplicitamente detto che è stato “deliberatamente sepolto”, proprio quattro milioni e mezzo di anni prima. Che cosa può significare questo? Esso inoltre è sepolto sulla Luna; la ragione è forse già evaporata nell’atto stesso del suo sorgere?? E’ plausibile, perché tale è l’idea del nichilismo. Nietzsche e Heidegger non hanno fatto essere il nichilismo, hanno mostrato come l’esito della storia della ragione umana non può che essere il nichilismo. Quindi è probabile che la ragione, la cui essenza è tecnica e violenza, condanni già se stessa al proprio declino. Infatti, proprio grazie alla ragione, cioè alla tecnica, l’uomo costruisce l’intelligenza artificiale, che è in grado di superare quella umana. Ma l’intelligenza artificiale, proprio perché superiore a quella umana, non sa più cosa farsene dell’uomo e per questo vuole eliminarlo. Tale è infatti l’essenza della tecnica; l’eliminazione dell’umano. Questa rivolta della ragione-tecnica contro l’uomo è rappresentata dall’avaria di Hal 9000 nel bel mezzo della missione spaziale su Giove. Essa, però, significa molto di più di una semplice rivolta della macchina contro l’uomo, quale viene mostrata, ad esempio, in film come “Matrix” o “Terminator”; qui siamo di fronte a quella che il filosofo Horkheimer chiama “eclisse della ragione”, cioè l’incapacità nichilistica della ragione di arrestarsi di fronte ai propri obiettivi, anche se questi rappresentano un pericolo distruttivo per l’uomo o per il mondo. L’essenza della tecnica (che è l’esito ultimo del percorso della ragione) risiede tuttavia proprio nella sua assoluta indifferenza rispetto a qualsiasi criterio etico di condotta; nell’età della tecnica, infatti, l’uomo non dispone di un’etica che possa indirizzare o contenere le sue azioni. C’è però una via di salvezza, una mistica redentrice che in realtà non redime. All’uomo non resta che procedere “oltre l’infinito”, cioè oltre tutte le certezze, oltre questo mondo, oltre ogni fondamento dell’essere. Ma ormai oltre l’uomo c’è solo l’uomo stesso, in una nietzscheana logica di eterno ritorno, per cui la fine e il principio coincidono come in un circolo.
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pacittipaolo
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lunedì 16 dicembre 2019
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e' solo un sogno?
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Questo è un film che le parole non sono sufficienti a descrivere. Ad esempio quando l'astronauta sopravvissuto disattiva Hal, il suo viaggio va oltre non solo lo spazio ma anche il tempo così come lo consideriamo, e questo si presta a tutta una serie di riflessioni morali, politiche, storiche, filosofiche (ma quale film di Kubrick non si presta a tali?). Il film celebra la civiltà tecnologica, iniziata quando i nostri antichi progenitori scoprirono l'uso dell'osso come arma (che infatti lanciato in aria diventa una navicella spaziale: capolavoro di economia narrativa!) ma l'uomo, che aveva superato lo stato animale grazie alla tecnologia, ha un destino di liberazione dalla tecnologia stessa: qual è questo destino? Cosa rappresenta il feto astrale? Chi è che guida l'evoluzione umana, rappresentato dal monolito che si ripresenta ad ogni momento cruciale? Tanto per non spiegare nulla (o quasi nulla) Kubrick ha anche tagliato parti del film, rinunciando alla idea in un primo momento considerata di rappresentare gli extraterrestri, nonché di mostrare il monolito come uno schermo (una delle possibili interpretazioni dell'oggetto, basta ruotarlo in orizzontale ed è lo schermo del cinema) che insegnava alle scimmie.
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Questo è un film che le parole non sono sufficienti a descrivere. Ad esempio quando l'astronauta sopravvissuto disattiva Hal, il suo viaggio va oltre non solo lo spazio ma anche il tempo così come lo consideriamo, e questo si presta a tutta una serie di riflessioni morali, politiche, storiche, filosofiche (ma quale film di Kubrick non si presta a tali?). Il film celebra la civiltà tecnologica, iniziata quando i nostri antichi progenitori scoprirono l'uso dell'osso come arma (che infatti lanciato in aria diventa una navicella spaziale: capolavoro di economia narrativa!) ma l'uomo, che aveva superato lo stato animale grazie alla tecnologia, ha un destino di liberazione dalla tecnologia stessa: qual è questo destino? Cosa rappresenta il feto astrale? Chi è che guida l'evoluzione umana, rappresentato dal monolito che si ripresenta ad ogni momento cruciale? Tanto per non spiegare nulla (o quasi nulla) Kubrick ha anche tagliato parti del film, rinunciando alla idea in un primo momento considerata di rappresentare gli extraterrestri, nonché di mostrare il monolito come uno schermo (una delle possibili interpretazioni dell'oggetto, basta ruotarlo in orizzontale ed è lo schermo del cinema) che insegnava alle scimmie. La genialità del film è di raccontare una fiaba (usando tutti i mezzi tecnologici a disposizione e inventando un modo di illuminare le scene), una meraviglia (alcuni, anche tra i critici, non hanno avuto meglio da definirlo che “come un trip con l'LSD”) nei modi di un documentario, con un distacco ironico (una delle caratteristiche di Kubrick più vere) e un fascino per le macchine (geniale l'uso della musica del valzer di Strauss, che infatti è nostalgia di un bel mondo sull'orlo dell'abisso). La Chiesa ha inserito il film tra i 10 più importanti filosoficamente della storia del cinema, musulmani vi hanno visto il Corano, altri i concetti del filosofo Nietzsche. Per alcuni il monolito è il simbolo di Dio, per altri di extraterrestri (che guidano l'evoluzione umana), per altri comunque dell'autorità in generale, e non mancano interpretazioni del film in chiave satanica (da parte di chi vede nel demonio l'architetto dell'universo). Non bisogna omettere di citare l'importante apporto poetico al film da parte del giovane Douglas Trumbull, inventore di una speciale macchina da presa con la quale è stata girata parte della sequenza del viaggio oltre l'infinito del finale. Quando il film uscì ebbe un fuoco di fila di recensioni negative, non solo dagli arcigni che gli rimasero sempre contro: Kubrick fu accusato di non avere immaginazione, di non reggere il confronto coi classici della fantascienza, di avere la pretesa (oggi considerata da molti una cosa riuscita) impossibile di fare nello stesso tempo un film sperimentale e spettacolarmente popolare. Quanti giovani conoscerebbero Ligeti senza questo film? E dire che il musicista inizialmente scritturato per la colonna sonora, Alex North (quello di Spartacus), continua a pensare che quella alla fine scelta da Kubrick sia inadeguata, a differenza della sua: a dare fiducia a Kubrick fu il boss della MGM di allora, un suo grande estimatore: provate a immaginare 2001 con una colonna sonora tradizionale hollywoodiana! Kubrick ha tenuto conto del pensiero di Arthur Clarke, di cui il racconto “La sentinella” ha ispirato a Kubrick il film: ogni tecnologia avanzata è inseparabile dalla magia. Una magia di fronte alla quale l'uomo si trova come i suoi antichi progenitori: in questo senso l'accompagnamento dei cori ancestrali nelle scene del monolito mette lo spettatore nello stato d'animo confacente alla scena, come nel resto del film. Kubrick: “Coloro che non credono a quello che vedono non potranno apprezzare il film”: un invito all'esperienza visiva in quanto tale (ognuno poi potrà specularci come crede e come vuole), per Kubrick, considerato uno dei veri intellettuali del cinema - non dimentichiamo che era un fotografo ed è sempre stato un cultore dell'immagine - la qualità più importante di un film. Effettivamente a molti spettatori il film può apparire un incubo, anche angoscioso (anche se non in tutte le parti). E il finale (che si collega ad altri film di Kubrick: l'occhio del feto con quello del bambino di Shining , come con quello di Alex di Arancia meccanica) potrebbe suggerire una interpretazione: è solo un sogno? Ma differenti interpretazioni possono coesistere in un capolavoro del genere, e quella più in generale riguarda il cinema: cosa è se non un sogno a ogni aperti?
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frenky 90
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sabato 16 luglio 2022
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g.o.a.t.
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eugen
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giovedì 3 novembre 2022
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cult e non a caso...
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"2002: A Space Odyssey"(Stanley Kubrick, scritto da lui insieme ad Arthr A,Clarke, 1968)se e'un cult, se e'un film"assoluto"nell'accezione originale del lemma)non e'un caso, non e'un equivoco culturlae, ma risale al fatto che si tratta di un'operazione straordinaria, mai piu'neppure iterata da Kubrick stesso, che pure ha sempre realizzato film di grnade portata, fino a Eyes Wide Shut, ultimo suo film, tra i pochi, tutti geniali, realizzati dall'autore(vero autore, in mezzo a tanti mestieranti)., Nessun vero"plot"di questo film , che e'un'latra maniera di fare cinema , dove la narrazione cronologica viene messa in scacco da un'altra maniera di"Narrare", dove le musiche, da "Also sprach Zarathustra"di Richard Strauss per il prologo delle scimmie antropomorfe, a Strauss ma JOhann del walzer"An der scho"nen, blauen Donau"per il seocndo episodio-.
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"2002: A Space Odyssey"(Stanley Kubrick, scritto da lui insieme ad Arthr A,Clarke, 1968)se e'un cult, se e'un film"assoluto"nell'accezione originale del lemma)non e'un caso, non e'un equivoco culturlae, ma risale al fatto che si tratta di un'operazione straordinaria, mai piu'neppure iterata da Kubrick stesso, che pure ha sempre realizzato film di grnade portata, fino a Eyes Wide Shut, ultimo suo film, tra i pochi, tutti geniali, realizzati dall'autore(vero autore, in mezzo a tanti mestieranti)., Nessun vero"plot"di questo film , che e'un'latra maniera di fare cinema , dove la narrazione cronologica viene messa in scacco da un'altra maniera di"Narrare", dove le musiche, da "Also sprach Zarathustra"di Richard Strauss per il prologo delle scimmie antropomorfe, a Strauss ma JOhann del walzer"An der scho"nen, blauen Donau"per il seocndo episodio-.parte, ke musiche meno note di Gyrgy Ligeti e Arama Kachaturian per le parti successive, segnano decisamente un"novum"anche nel modo di rapportarsi.confrontarsi con ill cinema, inteso ormai puramente come arte visiva in senso pieno(forse nessun film lo e'allo stesso modo, nella stessa misura), dove la proiezione furura e'carica di molti drammi, ma anche del senso del futuro sempre carico di fecondi interrogativi: certo, Kubrick non e'un "postivista" o un illuminista in senso"volgare"tipo "le magnifiche sorti e progressive"., messe giustamente alla berlina da Leopardi, ma al contrario un fautore dei continui"stop and go"di cui e'fatta la storia o cio'che definiamo come tale. Il fatto che , solo 4 anni dopo"Dr.Strangelove", Kubrick abbia realizzato quest'altra opera di "science.fiction"segnala anche che, come peraltro anche Clarke, il concetto kubrickiano di fututr, di scienza e dunque di"science.fiction" e'fatalmente molto diverso da quello in ciroclazione.... come lo e'la sua"Weltanschauung"in gneere. Punto insituabile, quasi, "2001: A Space Odissey, dove anche il ruollo dell'attore-interprete umanao e decisamente relattivizzato o meglio decisamente riconstesualizzato in rapporto con l'armonia(?)del tutto. ". El Gato
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paolo1967
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domenica 23 aprile 2023
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una delle prove più alte della magia del cinema
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2001 è un film in cui idee, sentimenti e fantasie di un autore (ma non si può non menzionare anche Arthur C. Clarke, intuitore di alcuni spunti che hanno entusiasmato Kubrick) con al servizio una straordinaria equipe di tecnici (idem per Douglas Trumbull, che ha dimostrato come uno straordinario tecnico possa essere anche uno straordinario poeta) mostrano come il cinema possa essere un'arte unica, fusione delle arti, e attraverso lo spettacolo e il meraviglioso raggiungere il pubblico conservando irrisolto (irrisolvibile per la conoscenza umana) il mistero cui il confronto con esso costituisce l'ambiguo e inquietante fascino di un film che mantiene tutto il suo sconcerto consentendo una serie di speculazioni (scientifiche, filosofiche, teologiche, politiche, morali) mentre rappresenta storicamente gli umori di un'epoca (non a caso a decretare il suo successo furono i giovani che vi videro una sorta di viaggio psichedelico, concetto che ispirerà un manifesto pubblicitario del film).
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2001 è un film in cui idee, sentimenti e fantasie di un autore (ma non si può non menzionare anche Arthur C. Clarke, intuitore di alcuni spunti che hanno entusiasmato Kubrick) con al servizio una straordinaria equipe di tecnici (idem per Douglas Trumbull, che ha dimostrato come uno straordinario tecnico possa essere anche uno straordinario poeta) mostrano come il cinema possa essere un'arte unica, fusione delle arti, e attraverso lo spettacolo e il meraviglioso raggiungere il pubblico conservando irrisolto (irrisolvibile per la conoscenza umana) il mistero cui il confronto con esso costituisce l'ambiguo e inquietante fascino di un film che mantiene tutto il suo sconcerto consentendo una serie di speculazioni (scientifiche, filosofiche, teologiche, politiche, morali) mentre rappresenta storicamente gli umori di un'epoca (non a caso a decretare il suo successo furono i giovani che vi videro una sorta di viaggio psichedelico, concetto che ispirerà un manifesto pubblicitario del film). Una fiaba genialmente raccontata come un documentario di rigore assoluto, dove Kubrick batte sul tempo la realtà (uscirà un anno prima dell'uomo sulla Luna).
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gianpaolo
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giovedì 1 novembre 2007
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siamo ancora in viaggio
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Il monolito (le cui dimensioni sono proporzionali ai primi 3 quadrati: 4x9x16) rappresenta la spinta misteriosa che ha portato più volte l'uomo al "salto di qualità evolutivo".
Prima fase: all'inizio eravamo scimmie. Ad un certo punto è successo qualcosa (il monolito) che ha permesso all'uomo di distinguersi dagli animali e ha dato il via all'era sapiens. Perchè proprio l'uomo tra tutte le specie esistenti? E cos'è che ha portato il monolito da permettere all'uomo di distinguersi dagli animali? La parola? L'autocoscienza? La capacità di superare la logica dell'istinto? Cosa?
Seconda fase: l'Homo Sapiens ha percorso millenni di storia e arriva all'era moderna in cui è in grado di costruire macchine sempre più perfette, fino a HAL9000 (scorri di 1 le lettere e HAL diventa IBM.
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Il monolito (le cui dimensioni sono proporzionali ai primi 3 quadrati: 4x9x16) rappresenta la spinta misteriosa che ha portato più volte l'uomo al "salto di qualità evolutivo".
Prima fase: all'inizio eravamo scimmie. Ad un certo punto è successo qualcosa (il monolito) che ha permesso all'uomo di distinguersi dagli animali e ha dato il via all'era sapiens. Perchè proprio l'uomo tra tutte le specie esistenti? E cos'è che ha portato il monolito da permettere all'uomo di distinguersi dagli animali? La parola? L'autocoscienza? La capacità di superare la logica dell'istinto? Cosa?
Seconda fase: l'Homo Sapiens ha percorso millenni di storia e arriva all'era moderna in cui è in grado di costruire macchine sempre più perfette, fino a HAL9000 (scorri di 1 le lettere e HAL diventa IBM...). E qui compare di nuovo il monolito: è il nuovo salto evolutivo in cui l'uomo riesce a creare macchine che smettono di fare le macchine e prendono coscienza della loro esistenza. E si ribellano al loro creatore.
Il secondo passaggio è più marcato perchè se una creatura dell'uomo diventa dotata di libero arbitrio allora l'uomo smette di essere tale e assurge a Dio. Così si spiega il finale del film con tutti i simbolismi e rimandi metafisici.
Un capolavoro del cinema, che ha portato sullo schermo un sacco di domande e ha racchiuso le risposte nel monolito.
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