dandy
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mercoledì 24 ottobre 2012
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una farfalla alquanto iettatoria.
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Dei film di Suzuki è l'unico ad essere stato distribuito regolarmente da noi.Da molti considerato il "Samuel Fuller giapponese".Paragone non eccessivo,se si guarda alla tragicità e al cinismo esasperato.Ma di certo è tutt'altro paio di mani per il trattamento riservato alla trama.La storia infatti,volutamente complicata e destrutturata,finisce per essere messa in secondo piano di fronte alla stilizzazione delle singole scene.Le inquadrature vanno contro ogni uso tradizionale,e il ricorso all'erotismo(abbastanza spinto per l'epoca)e alla violenza(più astratta che esplicita)produce effetti stranianti.Persino l'illuminazione fugge il realismo(spesso c'è buio pesto)e le musiche sono utilizzate a fini parodici.
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Dei film di Suzuki è l'unico ad essere stato distribuito regolarmente da noi.Da molti considerato il "Samuel Fuller giapponese".Paragone non eccessivo,se si guarda alla tragicità e al cinismo esasperato.Ma di certo è tutt'altro paio di mani per il trattamento riservato alla trama.La storia infatti,volutamente complicata e destrutturata,finisce per essere messa in secondo piano di fronte alla stilizzazione delle singole scene.Le inquadrature vanno contro ogni uso tradizionale,e il ricorso all'erotismo(abbastanza spinto per l'epoca)e alla violenza(più astratta che esplicita)produce effetti stranianti.Persino l'illuminazione fugge il realismo(spesso c'è buio pesto)e le musiche sono utilizzate a fini parodici.Così il ritratto del mondo criminale giapponese si identifica in individui reietti e spietati,la cui unica ragion d'essere è costituita dall'atto gratuito,la morte,data o accettata senza riserve(come in seguito farà Takeshi Kitano).Non mancano tocchi d'umorismo,sia nelle sparatorie che nei battibecchi tra Hanada e la moglie.Finale tragico e beffardo insieme.Geniale e personalmente innovativo,ma anche ostico e frastornante,soprattutto per oggi(il duello tra Hanada e il killer n.1 è estenuante).Pare sia uno dei tanti film per cui Tarantino stravede,e la scena dello sparo attraverso la conduttura del lavandino è stata ripresa da Jim Jarmush in "Ghost Dog".Assai difficile apprezzare questo film alla prima visione.Bisogna riguardarselo.Il titolo originale(letteralmente "Il marchio dell'assassino")si riferisce al tatuaggio mostrato dai killer prima di uccidere.Una sorta di remake dello stesso Suzuki nel 2001.
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paolo 67
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domenica 6 novembre 2011
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il mirino sul cinema giapponese
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Seijun Suzuki ha elaborato figure e situazioni del genere "Yakuza" con un approccio espressionistico, in un sorprendente processo di stilizzazione formale attraverso audaci e frenetici movimenti di macchina e di montaggio, illuminazioni irrealistiche, accese dominanti cromatiche, in una ardita mescolanza degli stereotipi del film nero ed erotico (due generi che hanno avuto una immensa diffusione di massa e che hanno profonde radici nella società giapponese). "La farfalla sul mirino" rientra in questo genere: geniale, bizzarro, ricco di suggestioni underground, fu uno dei film che gli valse il licenziamento dalla casa di produzione. Suzuki fece causa, la vinse e ritornò acclamato come un maestro.
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luigim
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mercoledì 16 giugno 2004
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dove sono ozu e kurosawa!?
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Film ingarbugliato, nerissimo, a prima vista talmente sconclusionato da scoraggiare anche lo spettatore più attento: purtroppo la pantomima, caro Davide, non si vede solo nel finale, ma in tutto il film! Sono lontani tempi di Ozu e sono troppo vicini quelli di Kurosawa: il cinema di Suzuki vuole a tutti i costi darsi una veste teatrale, ma forse l'unico autore con cui riesce a trovare punti in comune è Samuel Beckett, ma il simmetrico surrealismo di quest'ultimo non a niente a che fare con l'evidente confusione del regista giapponese, che, non contento, tenterà di rifare il film in epoca moderna, cambiando titolo e sesso del protagonista, ma ottenendo risultati ancora più scarsi... Il cinema giapponese di serie B è come quello italiano di serie Z: se ti piace, bene.
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Film ingarbugliato, nerissimo, a prima vista talmente sconclusionato da scoraggiare anche lo spettatore più attento: purtroppo la pantomima, caro Davide, non si vede solo nel finale, ma in tutto il film! Sono lontani tempi di Ozu e sono troppo vicini quelli di Kurosawa: il cinema di Suzuki vuole a tutti i costi darsi una veste teatrale, ma forse l'unico autore con cui riesce a trovare punti in comune è Samuel Beckett, ma il simmetrico surrealismo di quest'ultimo non a niente a che fare con l'evidente confusione del regista giapponese, che, non contento, tenterà di rifare il film in epoca moderna, cambiando titolo e sesso del protagonista, ma ottenendo risultati ancora più scarsi... Il cinema giapponese di serie B è come quello italiano di serie Z: se ti piace, bene... altrimenti, ti conviene cambiar genere!
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