Il signore delle mosche [1] |
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Un film di Peter Brook.
Con James Aubrey, Tom Chapin, Hugh Edwards, Roger Elwin, Tom Gaman.
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Titolo originale Lord of the Flies.
Fantascienza,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 90 min.
- Gran Bretagna 1963.
MYMONETRO
Il signore delle mosche [1]
valutazione media:
2,79
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Les Enfants Sauvagesdi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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lunedì 1 ottobre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un gruppo di ragazzi di una prestigiosa scuola britannica sopravvive ad un incidente aereo, rimanendo confinato su di una sperduta isola del Pacifico. Iniziano subito a svilupparsi rivalità per il comando che dividono la sparuta pattuglia di naufraghi in due gruppi: uno capeggiato dal riflessivo e moderato Ralph e l'altro dall'irruento Jack che propende per la caccia e l'imperio attraverso la violenza e l'organizzazione tribale. Inevitabili le conseguenze di una tragica e cruenta escalation. Favoletta antropologica a tesi che prende le mosse da un'opera letteraria figlia del clima di paura da 'Guerra Fredda' e che si fa da un lato monito sulle pulsioni autodistruttive dell'uomo nella civiltà dell'atomo e dall'altro saggio apologetico sul carattere violento e primitivo della natura umana, al di là di qualunque progresso sociale e culturale. A prescindere dai meriti o dalle ambizioni del soggetto non originale da cui prende spunto, il film sviluppa un discorso non banale sull'eterno conflitto tra natura e cultura, tra bene e male, tra istinti primordiali e la dimensione evoluta dell'uomo come animale etico. Certo lo fa ricorrendo alla banalità di un linguaggio cinematografico che se per certi versi appare eccessivamente lineare e non privo di un pedante schematismo didascalico, dall'altro rifugge la crudezza visiva di scene violente che si limita a suggerire, svilendo la forza visionaria della dimostrazione sociologica a vantaggio di una banale estetica drammaturgica. Rimane comunque apprezzabile a livello tecnico la volontà di rappresentazione della condizione di insularità (che favorisce il sorgere di paure escatologiche e di credenze mitiche funzionali al potere) nell'alternanza tra i campi lunghi della descrizione paesaggistica e i primi piani di teneri e smarriti 'Robinson Crusoe' in erba (bella ed efficace la fotografia di G.Feil e T.Hollyman soprattutto nelle scene diurne) e la suggestione parossistica delle scene di esaltazione tribale. Finale (non) a sorpresa tra il declamatorio e il pedagogico. Remake di scarsi risultati del 1990 di Harry Hook.
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