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"A me Maciste mi fa un baffo": con questa frase Totò riassume la sua poetica del prendersi gioco di tutto, questa volta di Maciste, un uomo forzuto non realmente esistito e mai citato nella mitologia, ma nato dalla pellicola "Cabiria" del 1914 e identificato con il greco Ercole o, più in generale, con un fusto indistruttibile e capace di uccidere con un colpo solo 32 uomini. Il principe della risata anche qui è un truffatore che, affiancato dal "conduttore" Nino Taranto, si spaccia nell'antico Egitto per il figlio del dio Amon, e, nonostante la gracile apparenza, fa credere di essere fortissimo attraverso i soliti trucchi: piega una sbarra, sputa fuoco e si libera dalle catene in una scena da antologia, finita con un equivoco che li costringe a scappare, convinti di essere stati smascherati. Suo malgrado c'è di peggio: il faraone lo assolda per sconfiggere Maciste, scappato di prigione e desideroso di qualsiasi tipo di sfogo. Totokamen (Egitto maccheronico) lo ripete: "Non sono mica fesso", ma allo stesso tempo i suoi "uei" e "ah" esilaranti fanno trasparire che non prende niente sul serio. Ovunque lui vada è buffo, è giocherellone, persino mentre gli altri muoiono in battaglia lui fa un affondo col bacino all'avversario, mentre si trova faccia a faccia con il colosso, impersonato dal nuotatore canadese Samson Burke che grida virilmente, miagola. Il principe è davvero scatenato: salta, urla, cammina "sontuosamente" e si lascia andare anche alla parodia di Mussolini di fronte all'esercito, pronunciando la bellissima frase "Armiamoci e partite". Mitici i costumi di Salimbeni e saggia la sceneggiatura in cui figura Bruno Corbucci, vera parodia e presa in giro del peplum. Primo capitolo molto spassoso dell'ideale trilogia formata anche da "Totò e cleopatra" e "Totò contro il pirata nero".
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