Jules e Jim

Giuseppe Marotta

Roma, sabato, un viaggetto lento, al piccolo trotto della Seicento, verso la remota via della Vasca Navale, per vedere, nella saletta di proiezione della De Laurentiis, il proibito film di François Truffaut Jules et Jim. L'estate era finalmente esplosa; a quell'ora, le diciotto, la città era come insanguinata da una luce d'incendio. I lungo-fiume, piazza Belli, Trastevere, corso Marconi, un itinerario per stivale delle sette leghe, nel caos di un traffico paragonabile a una matassa fra le zampe del gatto; lo scappamento degli autocarri alzava nubi omeriche, nelle quali, è probabile, fornicavano Giove e la vergine Io; la gente scamiciata, pareva sorgere dai tombini, a tradimento; zaffate di musica uscivano dai giubox dei gremitissimi bar; uno storpio che indugiava malvagiamente sulle strisce mi agitò la gruccia sul parabrezza, con un irriferibile epiteto alla mia targa napoletana; la via della Vasca Navale, fatta d'erba, intenzionale, simile a una “cupa” della rigogliosa campagna di Avellino, mi toccò infine un gomito, per così dire, al semaforo della confluenza con l'Olimpica; ed ecco il film che ha impaurito la Commissione di Censura, eccolo tutto per me, per Sandro De Feo, per Marino Piazzolla e per Alberto Bevilacqua (autore, quest'ultimo, di un libro appena uscito, Una città in amore, che vi suggerisco di leggere; descrive una Parma facinorosa e sensuale, comica e drammatica, alla quale spero che i Bianchi e i Bertolucci s'affrettino, spontaneamente, a fare tanto di cappello). [...]

di Giuseppe Marotta, articolo completo (10897 caratteri spazi inclusi) su 1965