luca scialò
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martedì 30 agosto 2011
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la gente comune che si ribella al nazismo
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Roma, come tutte le città italiane, vive tra il 43 e il 44 nello sbando più totale, tra un regime che si avvia al tramonto, un altro che vorrebbe prenderne il posto e gli americani che tardano ad arrivare. La gente sopravvive come può e c'è chi spera in un mondo migliore, combattendo e rischiando la vita per esso. Tra questi c'è Pina (Anna Magnani) a un passo dal matrimonio con l'ingegner Manfredi (Marcello Pagliero), attivista anti-fascista, che trova aiuto in Don Pietro Pellegrini (Aldo Fabrizi), ormai anch'egli compromessosi.
In questo film di Roberto Rossellini, molto stimato e premiato all'estero, c'è la sintesi di ciò che furono gli ultimi periodi del Fascismo e gli anni più duri della seconda guerra mondiale per l'Italia ('43-'44).
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Roma, come tutte le città italiane, vive tra il 43 e il 44 nello sbando più totale, tra un regime che si avvia al tramonto, un altro che vorrebbe prenderne il posto e gli americani che tardano ad arrivare. La gente sopravvive come può e c'è chi spera in un mondo migliore, combattendo e rischiando la vita per esso. Tra questi c'è Pina (Anna Magnani) a un passo dal matrimonio con l'ingegner Manfredi (Marcello Pagliero), attivista anti-fascista, che trova aiuto in Don Pietro Pellegrini (Aldo Fabrizi), ormai anch'egli compromessosi.
In questo film di Roberto Rossellini, molto stimato e premiato all'estero, c'è la sintesi di ciò che furono gli ultimi periodi del Fascismo e gli anni più duri della seconda guerra mondiale per l'Italia ('43-'44). Delle disumane atrocità compiute dai nazisti e delle sofferenze del popolo italiano, non si risparmia nulla allo spettatore. Il finale, coi bambini che si avviano verso il centro di Roma dopo aver visto trucidare il loro sacerdote, danno però speranza in un futuro migliore.
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dario
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domenica 19 aprile 2015
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scaltrissimo
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Rossellini è uno dei cineasti più sopravvalutati della storia del cinema. Innegabile il buon uso della macchina da presa, ma a livello fotografico: le sequenze sono poste una dopo l'altra, frenando il linguaggio cinematografico (meglio Alberto Lattuada, altro padre del Neorealismo, e forse il primo con "Giacomo l'idealista"). La vicenda, poi, è tratta in un modo rozzo, diretto, da pugno nello stomaco, quasi Rossellini volesse stordire lo spettatore più che emozionarlo. La famosa scena della Pina mitragliata è terribilmente melodrammatica e tanto melodramma toglie reale tensione all'evento. Tutti gli attori sono sopra le righe, il film è attraversato da un'aria funerea, imposta più che naturale.
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Rossellini è uno dei cineasti più sopravvalutati della storia del cinema. Innegabile il buon uso della macchina da presa, ma a livello fotografico: le sequenze sono poste una dopo l'altra, frenando il linguaggio cinematografico (meglio Alberto Lattuada, altro padre del Neorealismo, e forse il primo con "Giacomo l'idealista"). La vicenda, poi, è tratta in un modo rozzo, diretto, da pugno nello stomaco, quasi Rossellini volesse stordire lo spettatore più che emozionarlo. La famosa scena della Pina mitragliata è terribilmente melodrammatica e tanto melodramma toglie reale tensione all'evento. Tutti gli attori sono sopra le righe, il film è attraversato da un'aria funerea, imposta più che naturale. Fabrizi è patetico oltremisura. C'è del compiacimento per la scaltrezza con cui si è pensato di mettere insieme la pellicola, un'atmosfera da "èpater le bourgeois". Bianco e nero di lusso.
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shagrath
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martedì 16 dicembre 2014
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retorica poco interessante
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L'occupazione nazista di Roma viene narrata attraverso il punto di vista della resistenza cittadina, un mondo variegato in cui uomini e donne da ideologie tanto opposte si uniscono per contrastare il nemico comune. Poteva nascere un opera interessante da uno spunto del genere, invece il film si brucia, sfumando in una retorica di basso livello, fatta di dialoghi scontati e personaggi abbozzati. Per di più i nazisti non hanno solo la funzione di antagonista (come dovrebbe essere), ma sono proprio la rappresentazione del male assoluto, né più né meno, ed ecco che lo scopo del film non è quello di narrare le storie di Don Pietro e dei suoi compagni sullo sfondo dell'occupazione nazista, ma di arruffianarsi il facile consenso tra i nuovi vincitori prendedoli alla pancia.
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L'occupazione nazista di Roma viene narrata attraverso il punto di vista della resistenza cittadina, un mondo variegato in cui uomini e donne da ideologie tanto opposte si uniscono per contrastare il nemico comune. Poteva nascere un opera interessante da uno spunto del genere, invece il film si brucia, sfumando in una retorica di basso livello, fatta di dialoghi scontati e personaggi abbozzati. Per di più i nazisti non hanno solo la funzione di antagonista (come dovrebbe essere), ma sono proprio la rappresentazione del male assoluto, né più né meno, ed ecco che lo scopo del film non è quello di narrare le storie di Don Pietro e dei suoi compagni sullo sfondo dell'occupazione nazista, ma di arruffianarsi il facile consenso tra i nuovi vincitori prendedoli alla pancia. Un film ruffiano, con situazioni trattate in maniera superficiale e poco interessante. A cominciare dal capo delle SS che è lo stereotipo di un fantoccio che interpreta un bullo di quartiere, il povero attore viene fatto recitare in maniera talmente montata e innaturale che non sarebbe credibile neppure nel ruolo di Dracula. Anche i personaggi femminili sono piuttosto improponibili, a cominciare da Pina che si fa sparare in una scena scontatissima e inutile. Anche perché cosa ne ricava Rossellini dalla morte di Pina? Nulla, nulla di nulla ai fini della trama, perché le vicende dei protagonisti sarebbero continuate uguali che fosse morta o meno. Facile pensare che uno scena tanto sciatta sia stata inserita solo per far scappare la lacrimuccia, così come tutto il personaggio di Pina (degno delle più squallide fiction italiane). In effetti tutto l'impianto della storia si regge male su se stesso, perché fin troppe scene sono futili ai fini della narrazione e sembrano inserite solo per "ribadire" il concetto antifascista, con enfasi esagerata, come in un interminabile spot. E l'antifascismo non sarebbe di certo sgradito se solo venisse posto in maniera meno melodrammatica, meno ruffiana, meno scontata. Un film che avrà sempre un vasto pubblico, ma non chiamiamolo cinema colto.
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