samanta
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mercoledì 11 dicembre 2019
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l'inferno può attendere ...
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Il film del 1943 in uno splendido tecnicolor ha la regia di Ernst Lubitsch un regista tedesco naturalizzato americano che mor+ a 55 anni nel 1947. Inizio la regia con il muto ma realizzo i suoi film più noti con il sonoroa, fra i tanti: Mancia competente, Ninotchka (con Greta Garbo), Scrivimi fermo posta (con James Stewart) che ebbe un felice remake nel 1998: C'è posta per te (Con Tom Hanks e Meg Ryan).
Il film (unico a colori girato da Lubitsch) narra la storia di Henry (Don Ameche attore che lavorò moltissimo negli anni '30 e '40, che ebbe una carriera lunghissima che culminò con l'Oscar come migliore attore n.
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Il film del 1943 in uno splendido tecnicolor ha la regia di Ernst Lubitsch un regista tedesco naturalizzato americano che mor+ a 55 anni nel 1947. Inizio la regia con il muto ma realizzo i suoi film più noti con il sonoroa, fra i tanti: Mancia competente, Ninotchka (con Greta Garbo), Scrivimi fermo posta (con James Stewart) che ebbe un felice remake nel 1998: C'è posta per te (Con Tom Hanks e Meg Ryan).
Il film (unico a colori girato da Lubitsch) narra la storia di Henry (Don Ameche attore che lavorò moltissimo negli anni '30 e '40, che ebbe una carriera lunghissima che culminò con l'Oscar come migliore attore n.p. per Cocoon nel 1986) che muore e va all'inferno (realizzato con un'ambientazione astratta) dove lo aspetta un gentile e distinto diavolo (Sua Eccellenza) che incuriosito si fa raccontare la sua storia dall'età di 10 anni per un arco di 60 anni. Henry nato in una ricca famiglia di New York fin da bambino è attratto dalle donne e diventato grande ha numerose avventure amorose, fino a quando incontra per caso una bella ragazza Martha (Gene Tierney) e si innamora a prima vista, la sera la rivede a casa dove viene presentata come la fidanzata e prossima sposa del noioso cugino Albert. Henry la convince e fuggono insieme sposandosi subito in Municipio. Comincia così la vita a due con un figlio: Jack, ma Henry pur amando (ricambiato) la moglie non perde interesse per le altre donne, tanto che dopo 10 anni di matrimonio per un tradimento Martha fugge dai suoi, ma Henry spalleggiato dal nonno Hugo (un impareggiabile Charles Coburn), la convince a ritornare. Il figlio Jack anche lui fa un pò lo scavezzacollo, ma poi diventa un serio uomo d'affari. Il 25° anno di matrimonio Harry e Martha lo festeggiano con un ricevimento, ma proprio quella sera Harry apprende che la moglie è malata e morirà alcuni mesi dopo, ma quei mesi saranno i più belli della loro vita. Henry è ormai in disarmo come Don Giovanni e quando muore è rassegnato all'inferno, ma il diavolo lo rassicura: è destinato ai piani superiori dove tante persone che ha amato lo aspettano e in particolare la sua adorata moglie.
E' un film delizioso , non solo brillante e spiritoso (il tocco di Lubitsch diceva Billy Wilder), ma anche con momenti di riflessione sul tempo che passa inesorabile e le cose che sembravano importanti non lo sono più, mentre rimangono quelle veramente importanti che forse si erano sottovalutate.
Bravissimi Don Ameche e Charles Coburn, splendida come bellezza e recitazione Gene Tierney. Durante le riprese il regista aveva l'abitudine di urlare agli attori, in una ripresa dalle 8 alle 17 che Tierney doveva girare, il regista urlò ininterrottamente finché l'attrice scoppiò a piangere, Lubitsch chiese il perché e lei rispose che urlava da 9 ore, il regista "mi pagano per questo !" e l'attrice "lo so e a me pagano per ascoltarla, ma non abbastanza !". Lubitsch rise e da allora non ci furono più incidenti. In conclusione un bel film con un'ottima ambientazione, costumi ben realizzati, dialoghi intelligenti e divertenti, con una recitazione di altissimo livello.
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luca scialò
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mercoledì 1 settembre 2010
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commedia soave
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Henry van Cleve è un don giovanni dal cuore tenero, che non è mai riuscito nei fatti a tradire la moglie. Giunto al cospetto del Diavolo dopo una dolce morte che forse ogni uomo spera, gli racconta i 70 anni della sua vita, dimostrandogli che forse non merita davvero l'Inferno...
Tratto dal romanzo "Compleanno" di Lazlo Bus-Feket, trattasi di una commedia, soave, piacevole, sebbene forse trovi nell'inizio e nella fine il suoi momenti più interessanti. La parte centrale scorre prevalentemente in modo piatto, avendo comunque qualche sussulto ironico ed emozionante qua e là.
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mr.619
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domenica 4 luglio 2010
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giuliva redenzione dei (giusti) peccati terreni
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Sontuosa e galante commedia romantica vestita di un leggero ed impercettibile velo metafisico ( ed ornante a mo' d'opera artistica il quadro vitale del protagonista) che non stanca mai lo spettatore nella fedele copiatura che fornisce delle dolcezze e dei piaceri dell'esistenza, annessa l'aporia dilemmatica della vecchiaia e del funesto trascorrere del tempo.L'anti-eroe della storia narrata rappresenta, sotto ogni aspetto, la "katastrophe", ribaltamento, del solito modello memoriale casanovesco preso come modello e metro di giudizio, giacchè solo un piccolo fattore scissorio li divide in due concezioni e poli opposti della genuinità delle emozioni: l'amore.
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Sontuosa e galante commedia romantica vestita di un leggero ed impercettibile velo metafisico ( ed ornante a mo' d'opera artistica il quadro vitale del protagonista) che non stanca mai lo spettatore nella fedele copiatura che fornisce delle dolcezze e dei piaceri dell'esistenza, annessa l'aporia dilemmatica della vecchiaia e del funesto trascorrere del tempo.L'anti-eroe della storia narrata rappresenta, sotto ogni aspetto, la "katastrophe", ribaltamento, del solito modello memoriale casanovesco preso come modello e metro di giudizio, giacchè solo un piccolo fattore scissorio li divide in due concezioni e poli opposti della genuinità delle emozioni: l'amore.Un amore sincero, catartico ed incontaminato che segue come il corso d'un fiume pedissequamente il divenire storico del protagonista, il quale, sebbene sin dall'età infantle sia stato dedito ai cosiddetti lati "goliardici" della vita, ha sempre saputo contenere nel suo "tumos" la forza dell'Eros sensibilizzante.Difatti, il regista Lubitsch sceglie di non mostrare mai i momenti di infedeltà e supponibile tradimento dell'uomo, eccettuata la vicenda inerente alla danzatrice legata al figlio (ma, in questo caso, si parla di "diabasis", passaggio genealogico da padre a figlio).E' vero, il protagonista ha peccato, fino all'ultimo istante della sua giunonica vita ha espresso l'ultimo atto di rivelaziuone del suo trascendentale estetismo;ma tale dato è facilmente giustificabile grazie ad un altro elemento che riesce a bilanciare ogni cosa: la solitudine (di cui, per inciso, dichiara di essere apertamente afflitto).Nondimeno, un piccolo posto, nei Campi Elisi, si può trovare per chi, durante l'intero arco della sua vita, non ha fatto altro che provare ardore ed amare.Come disse Joe Cocker: "Love lifts us up where we belong".Incantevole.
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marc10
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giovedì 7 febbraio 2008
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amore da favola
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E pensare che i produttori del film mostrarono non poche reticenze a mettere in scena "Il cielo può attendere". A loro avviso il film non andava a parare da nessuna parte, non aveva messaggio. Un uso, questo di cercare a tutti i costi nella pellicola un fine moralistico-catartico-redentore, tipicamente americano (per di più siamo ancora nella stagione "classica" di Hollywood). Lubitsch, tedesco purosangue,come quasi tutti gli autori europei trapiantati al di là dell'Atlantico dovette fare spesso i conti con questo genere di limitazioni produttive. Ma, per fortuna, il grande regista riuscì a fare il film praticamente come voleva (anche se aveva pensato ad un finale leggermente diverso) regalandoci il suo testamento.
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E pensare che i produttori del film mostrarono non poche reticenze a mettere in scena "Il cielo può attendere". A loro avviso il film non andava a parare da nessuna parte, non aveva messaggio. Un uso, questo di cercare a tutti i costi nella pellicola un fine moralistico-catartico-redentore, tipicamente americano (per di più siamo ancora nella stagione "classica" di Hollywood). Lubitsch, tedesco purosangue,come quasi tutti gli autori europei trapiantati al di là dell'Atlantico dovette fare spesso i conti con questo genere di limitazioni produttive. Ma, per fortuna, il grande regista riuscì a fare il film praticamente come voleva (anche se aveva pensato ad un finale leggermente diverso) regalandoci il suo testamento. Un'opera modernissima in cui ancora oggi, a dispetto dei produttori, possiamo scorgere ben più di uno spunto contenutistico: il tema dell'amore (eterno?), della felicità, del senso della vita in generale non sono certo minuscole frivolezze. Il tutto condito da una regia d'alta scuola abile nel far rendere al massimo gli attori (Don Ameche su tutti, ovviamente) e di esprimere un alone di malinconia tra le righe dell'impianto comico. Quella capacità, propria di una ristrettissima cerchia di artisti, di farci passare senza fastidi nè scossoni dal sorriso all'amarezza. Insomma, un insieme di meriti che vanno ascritti, soprattutto, al "Lubitsch touch", quell'ammiccare, quel provocare con ironica vivacità e con "pennellate leggere" tipici dell'autore tedesco.
Nel seguire la non irreprensibile vita di Henry van Cleve, teniamo sempre a mente che il tutto non avrà un epilogo felice. Perchè l'inferno (visto nelle prime inquadrature,) seppur rappresentato con levità e con un diavolo incipriato e dalla botola facile, sempre inferno è. Dunque ci sforziamo di cogliere la ragione di quella fine e ci pare proprio assurdo che colui in cui ci identifichiamo con tanta simpatia possa terminare la sua corsa tra le eterne fiamme. Peccato di lussuria, certo. Ma non esageriamo.
Infatti anche il diavolo non sarà d'accordo al momento dell'"accettazione". E convincerà Henry a tentare di farsi accogliere in paradiso con una battuta, decisiva tanto nel definire il senso del film, quanto nello stringerci il cuore: se anche lassù non ci fossero l'amato nonno nè tutte le donne della sua vita, ci sarà sicuramente la moglie Marta, la sua Beatrice, ad intercedere per lui. Un momento toccante, che ci mostra come anche il diavolo abbia capito che l'amore che univa i due, nonostante le scappatelle di lui, fosse un amore superiore, fuori dall'ordinario, da favola. Il loro lungo matrimonio era tutt'altro rispetto, per esempio, all'altrettanto duratura unione dei genitori di lei. Contrapposizione che si rende sommamente esplicita confrontando il bellissimo ballo che precede la morte di Marta con la tediosa e amorfa cena tra i genitori di Marta, collocata a metà del film. La favola, tormentata ma sincera da una parte, l'incomunicabilità grigia e ordinaria dall'altra.
L'amore trionfa, vince anche il male e la favola può continuare in eterno. Una favola a cui non ci si stanca di assistere nemmeno a più di sessant'anni di distanza.
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pico
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martedì 26 luglio 2005
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profumo di tempi passati
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Deliziosa commedia confezionata con la classe di Lubitsch. Don Ameche è capace di affascinare anche dopo sessant’anni, quasi come un vero Coccon!
Il tempo che passa, i personaggi della famiglia che spariscono e compaiono negli anni, e l’indimenticabile commiato di Enrico sulle note della Vedova Allegra, fanno di questa pellicola un piccolo gioiello dal profumo delle cose passate, ingenue ma genuine (le due parole sono una l’anagramma dell’altra).
Da far vedere alle persone sensibili.
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