Sono innocente

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Un film di Fritz Lang. Con Henry Fonda, Sylvia Sidney, Barton MacLane, Jean Dixon, Margaret Hamilton.
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Titolo originale You only Live Once. Drammatico, b/n durata 86 min. - USA 1938. MYMONETRO Sono innocente * * * 1/2 - valutazione media: 3,89 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La complessità di dichiararsi pulito. Valutazione 4 stelle su cinque

di Great Steven


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lunedì 25 febbraio 2019

SONO INNOCENTE! (USA, 1938) diretto da FRITZ LANG. Interpretato da HENRY FONDA, SYLVIA SIDNEY, BARTON MCLANE, JEAN DIXON, MARGARET HAMILTON
Eddie Taylor, con un passato tra riformatorio e carcere, ha terminato di scontare la sua terza detenzione e ora si appresta a intraprendere un’esistenza onesta con al suo fianco la fidanzata, Joan Graham. Ma passa soltanto un po’ di tempo e Eddie viene accusato di aver commesso un altro reato, un pluriomicidio, e, seppur innocente in quest’ultimo caso, viene condannato alla sedia elettrica. Fugge dalla prigione dopo essersi procurato un’arma e, preso un ostaggio, si fa aprire il cancello, nel momento stesso in cui il vero colpevole viene identificato. Mentre scappa, accidentalmente Eddie uccide padre Dolan, il cappellano della prigione che stravedeva per lui e aveva cercato d’aiutarlo e adesso, tale e quale a un reale assassino, trascina Joan, ormai divenuta sua moglie, in un famigerato viaggio verso il Canada. Ben presto, tuttavia, la polizia si mette sulle loro tracce: la donna viene colpita a pochi metri dalla salvezza. Il protagonista allora se la carica moribonda sulle spalle e s’avvia a piedi sulla montagna, ma un cecchino fa secco anche lui. E pensare che, riguardo al reato del molteplice omicidio, conseguenza di una rapina, era stata appurata la sua estraneità al misfatto, ma ormai era troppo tardi. Parecchio del fascino di questo capolavoro è racchiuso nell’immenso quadro dell’America del New Deal, che dalle carceri si propaga nelle strade, alla timida felicità della coppia nel suo affannoso viaggio verso la morte, soli contro tutti (i biechi egoismi perbene, gli inesorabili agenti, e specialmente il destino avverso). Secondo film statunitense di Lang dopo Furia, prototipo del gangster movie di ambiente rurale in contrapposizione a quello di tòpos urbano (Scarface o Nemico pubblico), ritorna a tracciare le gesta di individui senza scampo, braccati da una società crudele che nega loro l’accesso alla "normalità", utilizzando come sfondo compartecipe e bilaterale la violenta America della Grande Depressione. Da notare come, nell’edizione italiana realizzata prima che scoppiasse la guerra mondiale, i dialoghi originali apparissero pesantemente modificati. Lang riagguanta il tema della giustizia e, in particolare, quello dell’uomo querelato senza fondamento. La storia raccontata si ispira notoriamente alle vicende di Bonnie e Clyde: una love story resa impossibile da un circolo vizioso che innesca scie di sangue, veemenza e iniquità. Il regista austriaco è feroce nel puntare il dito al fine di colpevolizzare il sistema giudiziario d’oltreoceano, descrivendo la provincia statunitense come teatro di bassezze, malignità e idiozia plebea. Il principale bersaglio di Lang, in tipico stile yankee, è il mito della seconda possibilità, qui costruito su misura per un H. Fonda di insolita cattiveria adoperata suo malgrado per auto-scagionarsi da coloro che tentano di ridurlo all’impotenza. Il quesito risiede in un busillis arrovellante: a tutti è concessa un’ulteriore occasione? O magari un delinquente comune come Eddie Taylor, che intende con ogni verità d’animo redimersi, non riuscirà mai nell’impresa perché "ha il crimine nel sangue"? E dunque ogni opportunità, per lui, è preclusa? Quando poi all’ignoranza e all’imbecillità ci si aggiunge anche il caso a seminare la storia, se non addirittura la Storia medesima, di piccole quanto terrificanti coincidenze, a costringere il soggetto a prendere decisioni sconsiderate, il quadro è tutt’altro che roseo, dunque i personaggi in esso inclusi o subiscono oppure cercano di tagliare la corda. Eddie e Joan, a tal proposito, non differiscono in niente da Bonnie e Clyde. Come sempre nel repertorio cinematografico di Lang, a sostegno del messaggio sociale dall’impatto notevole, convive un apporto stilistico meraviglioso. In modo più approfondito, non è possibile non ammirare il contrasto fra bianco e nero, usati in modo diverso a seconda dell’effetto scenico che si vuole ottenere, il montaggio convulso (Daniel Mandell – invidiabile perfino per moltissimi thriller d’oggigiorno) e la messa in scena della violenza, talora censurata e talaltra posta benissimo in evidenza. Ottime prove di S. Sidney nei panni di Joan – seducente e scapestrata – e di B. McLane come l’avvocato/custode angelico Stephan Whitney, fautore della liberazione di Fonda che darà poi il via alla sua inarrestabile catastrofe programmatica. Vi sono agganci perfino con Metropolis e M – Il mostro di Dusseldorf: quanto al film fantascientifico, si nota la stratificazione socio-politica che divide il mondo in classi, elevando i dominatori e soggiogando chi è reputato di inferiore levatura etica, oltre alla probabilità sempre rischiosa e minacciosa di condanne per i recidivi; come paragoni fra Sono innocente! e l’opera antecedente con Peter Lorre nel ruolo del malvagio protagonista, si ravvedono, in misura più o meno equa, un atto travisante la lealtà di una persona che o nasconde i propri delitti o cade vittima della propria impulsività quando dovrebbe stare ormai al sicuro, e una tensione eccellente, pilotata sul filo del rasoio, che smaschera al termine ogni mascalzone senza la minima pietà. Fotografia: Leon Shamroy. Scenografia: Alexander Toluboff. Musiche: Alfred Newman.

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