giuseppe th. dreyer
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martedì 21 aprile 2009
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viaggio nella sofferenza
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Da molti considerato l'unico vero film muto, da quasi tutti viene considerato il capolavoro di Carl Thedor Dreyer. Un film intenso, emozionante, difficile che comporta una fatica anche nello spettatore, quasi anch'esso dovesse mettersi in relazione con la figura di giovanna vessata dai giudici, impotente di fronte ad essi. Renée falconetti è particolarmente inspirata nel ruolo della pulzella d'Orleans, il suo volto rende al meglio le sofferenze alle quali essa e sottoposta. le inquadrature, fortissimo l'uso del primo piano, con giovanna ripresa in prevalenza dall'alto e gli inquisitori in prevalenza dal basso evidenziano la disparità dei ruoli e riportano l'attenzione sul volto dei protagonisti quasi tralasciando l'ambiente circostante.
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Da molti considerato l'unico vero film muto, da quasi tutti viene considerato il capolavoro di Carl Thedor Dreyer. Un film intenso, emozionante, difficile che comporta una fatica anche nello spettatore, quasi anch'esso dovesse mettersi in relazione con la figura di giovanna vessata dai giudici, impotente di fronte ad essi. Renée falconetti è particolarmente inspirata nel ruolo della pulzella d'Orleans, il suo volto rende al meglio le sofferenze alle quali essa e sottoposta. le inquadrature, fortissimo l'uso del primo piano, con giovanna ripresa in prevalenza dall'alto e gli inquisitori in prevalenza dal basso evidenziano la disparità dei ruoli e riportano l'attenzione sul volto dei protagonisti quasi tralasciando l'ambiente circostante. Un film ostico ma che ripaga in pieno lo sforzo con emozioni che difficilmente non pervaderanno lo spettatore.
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il cinefilo
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giovedì 3 marzo 2011
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l'immenso dolore della pulzella d'orléans
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Il volto perennemente sofferente di Giovanna D'Arco in questo film di Dreyer(l'eroina è nata nel 1412 ed è stata bruciata per eresia a Rouen nel 1431),è la chiave principale che rende pienamente possibile la comprensione di tutti gli innumerevoli simbolismi presenti nelle varie inquadrature.
Il dolore di una donna coraggiosa e votata alla fedeltà verso Dio ma a cui i giudici attribuiscono invece l'intervento di Satana reputandola pertanto uno strumento del male...ma essi stessi,i giudici,non si rendono conto(e il regista lo fa comprendere con chiarezza)di essere invece loro,ad essere prigionieri di un violento fanatismo capace di renderli gli unici autentici rappresentanti di quell'oscurantismo mentale che ha pervaso gli anni più oscuri del medioevo.
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Il volto perennemente sofferente di Giovanna D'Arco in questo film di Dreyer(l'eroina è nata nel 1412 ed è stata bruciata per eresia a Rouen nel 1431),è la chiave principale che rende pienamente possibile la comprensione di tutti gli innumerevoli simbolismi presenti nelle varie inquadrature.
Il dolore di una donna coraggiosa e votata alla fedeltà verso Dio ma a cui i giudici attribuiscono invece l'intervento di Satana reputandola pertanto uno strumento del male...ma essi stessi,i giudici,non si rendono conto(e il regista lo fa comprendere con chiarezza)di essere invece loro,ad essere prigionieri di un violento fanatismo capace di renderli gli unici autentici rappresentanti di quell'oscurantismo mentale che ha pervaso gli anni più oscuri del medioevo.
Gli occhi di Giovanna e i volti dei suoi persecutori vengono inquadrati con un rigore tale da sfiorare l'ossessività ma questo rischio viene ben compensato dalla stupenda forza emotiva che si propaga da questo elemento e,attraversando le barriere del tempo,(si consideri che la pellicola risale al 1928)ci appare,a conti fatti,come una forma di"modernità estetica" che può dirsi non intaccata quasi minimamente dall'età e dalle tecniche oggi infinitamente più avanzate(ma non per questo necessariamente migliori)dell'industria hollywoodiana moderna che predomina costantemente il panorama cinematografico.
Ogni inquadratura e ogni angolazione della macchina da presa sul volto della pulzella d'Orléans fa scaturire ogni aspetto,anche quello più nascosto,dell'anima della protagonista...perchè ad essere in scena non è il lato guerriero della donna bensì il suo amore spirituale verso la figura di Dio dal quale ella è convinta di essere stata inviata per liberare la Francia degli inglesi...ma proprio questa devozione la costringerà a subire il martirio,dello spirito e non del corpo,che precede la sua condanna definitiva sul rogo dove il devastante dolore,ovviamente,sarà anche fisico scatenando,però,la rivolta dei contadini...i giudici tentano in ogni modo di farle firmare l'abiura ma lei resisterà e sempre in nome di Dio.
L'interpretazione di Renée Falconetti è quanto di meglio il mestiere dell'attore possa,universalmente,offrire al regista considerando la bravura e la convinzione con la quale è riuscita a calarsi in questo drammatico ruolo...in conclusione:un film immortale.
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il cinefilo
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venerdì 30 aprile 2010
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cinema muto della più alta levatura artistica
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LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO di Carl Theodor Dreyer è uno dei più importanti "rappresentanti" dell'cinema muto e uno dei grandi film appartenenti alla tecnica dell'espressionismo e racconta le ultime ore della vita di Giovanna D'Arco dall'processo per eresia fino alla condanna all'rogo e in cui molti abitanti insorgono contro tale decisione.
Dreyer ha realizzato quest'opera nell'1928 ma lo stile con cui vengono descritti eventi e personaggi la fa sembrare essere stata realizzata solo di recente...non occorrono dialoghi parlati,in questo grandissimo film,per comprendere la drammaticità degli eventi poichè i volti,gli sguardi e le immagini raccontano molto più di qualunque dialogo parlato e la grandezza di Dreyer come regista è resa evidente dalla forza dell'"realismo" che egli immette(grazie anche all'magistrale utilizzo della cinepresa)a molte sequenze dell'film contando anche sulla bravura di Renée Falconetti(che interpreta la famosa pulzella d'orleans)che riesce a trasportare sullo schermo la sofferenza di Giovanna D'Arco in maniera tanto autentica e "epica" quanto esagerata e malinconica.
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LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO di Carl Theodor Dreyer è uno dei più importanti "rappresentanti" dell'cinema muto e uno dei grandi film appartenenti alla tecnica dell'espressionismo e racconta le ultime ore della vita di Giovanna D'Arco dall'processo per eresia fino alla condanna all'rogo e in cui molti abitanti insorgono contro tale decisione.
Dreyer ha realizzato quest'opera nell'1928 ma lo stile con cui vengono descritti eventi e personaggi la fa sembrare essere stata realizzata solo di recente...non occorrono dialoghi parlati,in questo grandissimo film,per comprendere la drammaticità degli eventi poichè i volti,gli sguardi e le immagini raccontano molto più di qualunque dialogo parlato e la grandezza di Dreyer come regista è resa evidente dalla forza dell'"realismo" che egli immette(grazie anche all'magistrale utilizzo della cinepresa)a molte sequenze dell'film contando anche sulla bravura di Renée Falconetti(che interpreta la famosa pulzella d'orleans)che riesce a trasportare sullo schermo la sofferenza di Giovanna D'Arco in maniera tanto autentica e "epica" quanto esagerata e malinconica.
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reservoir dogs
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martedì 16 novembre 2010
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il monumento al volto umano
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La passione di Giovanna D'arco ha consegnato al cinema uno dei più importanti e significativi contributi nei cofronti della donna e di tutte le sue sfaccettature espressive.
Giovanna D'arco viene processata in un tribunale per la sua "visionarietà" e successivamente bruciata al rogo.
Inizialmente doveva essere un film storico che raccontava le gesta della giovane eroina, ma Dreyer successivamente decise di eliminare la maggior parte delle inquadrature già girate che non fossero primi piani, trasformando il film in un monumento alla donna e al mistero del volto umano.
La scelta dei primi piani conferisce un importanza maggiore alle altre inquadrature come ad esempio la ruota della tortura oppure l'insopportabile scena del salasso.
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La passione di Giovanna D'arco ha consegnato al cinema uno dei più importanti e significativi contributi nei cofronti della donna e di tutte le sue sfaccettature espressive.
Giovanna D'arco viene processata in un tribunale per la sua "visionarietà" e successivamente bruciata al rogo.
Inizialmente doveva essere un film storico che raccontava le gesta della giovane eroina, ma Dreyer successivamente decise di eliminare la maggior parte delle inquadrature già girate che non fossero primi piani, trasformando il film in un monumento alla donna e al mistero del volto umano.
La scelta dei primi piani conferisce un importanza maggiore alle altre inquadrature come ad esempio la ruota della tortura oppure l'insopportabile scena del salasso.
Film sperimentale perchè formato da più di 2/3 su primi piani della donna e dei giudici, la cinepresa si sofferma sul volto per creare l'agitazione nel fruitore che non vede nient'altro dando così sfogo alla sua immaginazione e alle sue paure.
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noia1
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lunedì 3 dicembre 2018
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L’intero processo, a cui è stata sottoposta Giovanna d’Arco, messo in scena secondo quanto riportato dai documenti ufficiali dell’epoca.
Un ottimo esempio dell’ennesimo caso in cui le autorità verso l’imputato appaiono piuttosto come sadici bulletti al parco infierenti sull’inerme malcapitata vittima, perché lo stesso regista lo afferma proprio nei titoli di testa assieme alle didascalie di presentazione, ci si vien da chiedere dopo il primo quarto d’ora perché degli alti membri, di quella che era l’importante istituzione della chiesa, possano goderci a tal punto nell’imporsi su quella che in fin dei conti si rivela essere una semplice ragazzina.
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L’intero processo, a cui è stata sottoposta Giovanna d’Arco, messo in scena secondo quanto riportato dai documenti ufficiali dell’epoca.
Un ottimo esempio dell’ennesimo caso in cui le autorità verso l’imputato appaiono piuttosto come sadici bulletti al parco infierenti sull’inerme malcapitata vittima, perché lo stesso regista lo afferma proprio nei titoli di testa assieme alle didascalie di presentazione, ci si vien da chiedere dopo il primo quarto d’ora perché degli alti membri, di quella che era l’importante istituzione della chiesa, possano goderci a tal punto nell’imporsi su quella che in fin dei conti si rivela essere una semplice ragazzina. La cronaca di una ridicola perdita di tempo, l’esempio di una mente violata, prima esaltata e poi devastata dai suoi torturatori.
Uno di quei casi dimostrativi di come il cinema riesca nel proprio risultato finale a trascendere le capacità stesse del regista, che comunque in quanto tale ci mette sempre lo zampino. Parlo nel caso specifico della direzione degli attori ottima ma dove la Falconetti d’Arco ci mette del suo oltre ogni ortodossa previsione, interpretazione intensa al punto che lei stessa uscì dalla lavorazione del film letteralmente distrutta. Prima quasi estatica, poi vividamente provata dal processo, capace di sprazzi di vitalità dai quali lo schermo viene letteralmente squarciato, poi in lacrime quasi disposta a rinnegare sé stessa dopo ore di violenze psicologiche.
Le inquadrature tese a rendere il distorto clima disagiato, i movimenti di macchina arditi all’inseguimento di quei monaci che sull’imputata fanno come le iene sulla carogna, il fastidioso serrato montaggio: fa tutto parte del novanta per cento degli aspetti tecnici del cinema che va da lì agli ultimi novant’anni, una pellicola che oltre ad aver fatto scuola è tutt’ora inarrivabile come precisione ed eleganza.
Quasi un film dell’orrore dove gli accusatori sono brutti ed inquadrati dall’alto dimodoché siano ben visibili i solchi sui loro visi mentre la pelle liscia di Giovanna d’Arco è inquadrata da davanti, sulla sua faccia non ci sono ombre quasi fosse una santa. Solo il grigio si colora pian piano al piegarlesi del collo, quando comincia ad accorgersi di essere intrappolata in una situazione da cui nessuno la salverà.
Un film universale dal disturbante tono sempre attuale perché non ci sono chissà quali dettagli, che siano scenografie sontuose o particolari orrendi, bensì visi, facce sovrapposte in un serrato dialogo scandito da un esasperante montaggio da poliziesco. Un messaggio forte che passa dalla violenza delle parole, all’idea terribile che dà l’immagine della camera delle torture fino alla violenza vera, fino al massacro finale emblematico per comprendere che la vita spezzata di una ragazzina – qualunque sia la motivazione anche divina – non può lasciare indifferente la folla assetata di vendetta.
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L’intero processo, a cui è stata sottoposta Giovanna d’Arco, messo in scena secondo quanto riportato dai documenti ufficiali dell’epoca.
Un ottimo esempio dell’ennesimo caso in cui le autorità verso l’imputato appaiono piuttosto come sadici bulletti al parco infierenti sull’inerme malcapitata vittima, perché lo stesso regista lo afferma proprio nei titoli di testa assieme alle didascalie di presentazione, ci si vien da chiedere dopo il primo quarto d’ora perché degli alti membri, di quella che era l’importante istituzione della chiesa, possano goderci a tal punto nell’imporsi su quella che in fin dei conti si rivela essere una semplice ragazzina.
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L’intero processo, a cui è stata sottoposta Giovanna d’Arco, messo in scena secondo quanto riportato dai documenti ufficiali dell’epoca.
Un ottimo esempio dell’ennesimo caso in cui le autorità verso l’imputato appaiono piuttosto come sadici bulletti al parco infierenti sull’inerme malcapitata vittima, perché lo stesso regista lo afferma proprio nei titoli di testa assieme alle didascalie di presentazione, ci si vien da chiedere dopo il primo quarto d’ora perché degli alti membri, di quella che era l’importante istituzione della chiesa, possano goderci a tal punto nell’imporsi su quella che in fin dei conti si rivela essere una semplice ragazzina. La cronaca di una ridicola perdita di tempo, l’esempio di una mente violata, prima esaltata e poi devastata dai suoi torturatori.
Uno di quei casi dimostrativi di come il cinema riesca nel proprio risultato finale a trascendere le capacità stesse del regista, che comunque in quanto tale ci mette sempre lo zampino. Parlo nel caso specifico della direzione degli attori ottima ma dove la Falconetti d’Arco ci mette del suo oltre ogni ortodossa previsione, interpretazione intensa al punto che lei stessa uscì dalla lavorazione del film letteralmente distrutta. Prima quasi estatica, poi vividamente provata dal processo, capace di sprazzi di vitalità dai quali lo schermo viene letteralmente squarciato, poi in lacrime quasi disposta a rinnegare sé stessa dopo ore di violenze psicologiche.
Le inquadrature tese a rendere il distorto clima disagiato, i movimenti di macchina arditi all’inseguimento di quei monaci che sull’imputata fanno come le iene sulla carogna, il fastidioso serrato montaggio: fa tutto parte del novanta per cento degli aspetti tecnici del cinema che va da lì agli ultimi novant’anni, una pellicola che oltre ad aver fatto scuola è tutt’ora inarrivabile come precisione ed eleganza.
Quasi un film dell’orrore dove gli accusatori sono brutti ed inquadrati dall’alto dimodoché siano ben visibili i solchi sui loro visi mentre la pelle liscia di Giovanna d’Arco è inquadrata da davanti, sulla sua faccia non ci sono ombre quasi fosse una santa. Solo il grigio si colora pian piano al piegarlesi del collo, quando comincia ad accorgersi di essere intrappolata in una situazione da cui nessuno la salverà.
Un film universale dal disturbante tono sempre attuale perché non ci sono chissà quali dettagli, che siano scenografie sontuose o particolari orrendi, bensì visi, facce sovrapposte in un serrato dialogo scandito da un esasperante montaggio da poliziesco. Un messaggio forte che passa dalla violenza delle parole, all’idea terribile che dà l’immagine della camera delle torture fino alla violenza vera, fino al massacro finale emblematico per comprendere che la vita spezzata di una ragazzina – qualunque sia la motivazione anche divina – non può lasciare indifferente la folla assetata di vendetta.
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