Il film di Alex Garland - la produzione più costosa di sempre di A24 - scopre provocatoriamente i nervi di una nazione in bilico tra Trump e Biden. Al cinema. Vai all'articolo
E così anche il cinema ha il suo "Il canto del profeta", il romanzo di Paul Lynch vincitore del Book Prize 2023 (in Italia pubblicato a fine marzo da 66th&2nd) che immagina in un presente nemmeno così alternativo l’Irlanda prima governata da un partito fascista e poi devastata da una guerra civile. Il film in questione si chiama Civil War, l’ha diretto il regista e romanziere inglese Alex Garland (suoi Ex machina, Annientamento e Men) ed è tra le uscite più attese di questa primavera, dopo che in patria in un solo weekend ha incassato più di 25 milioni di dollari e generato una netta polarizzazione di giudizi. In un paese che si avvia alle presidenziali con una base elettorale mai così divisa, con un candidato (Trump) che promette ferro e fuoco in caso di sconfitta e già una volta ha approvato l’assalto dei suoi sostenitori al Congresso e un presidente in carica (Biden) distratto da due fronti di guerra esteri (Ucraina e Palestina), Civil War sfrutta il momento e coglie furbescamente nel segno: giusto o sbagliato, bello o brutto che sia, è un film che scopre provocatoriamente i nervi di una nazione. Vai all'articolo
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