Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Durata | 64 minuti |
Regia di | Luca Ferri |
Attori | Naomi Morello, Vincenzo Turca, Dario Bacis . |
Tag | Da vedere 2018 |
MYmonetro | 3,22 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 6 agosto 2018
La ripetizione di un rito di celibato e di solitudine tra la trasposizione anni 90 di Don Quijote e Dulcinea.
CONSIGLIATO SÌ
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Milano, anni Novanta. In un appartamento disadorno una ragazza riceve un uomo per una prestazione sessuale, ma tra di loro non c'è alcun contatto fisico. Solo un assurdo gioco delle parti: lui pulisce ossessivamente, lei si spoglia e si cambia d'abito.
Si può riprendere in molti modi il mito di Don Quixote, personaggio sempre più attuale (e continuamente riadattato su grande schermo) in questo alienante scorcio di terzo millennio.
La difficoltà di percezione e accettazione della realtà e l'alienazione che deriva da un anacronistico amor cortese rendono la creazione di Cervantes ideale per descrivere lo smarrimento dell'homo novus. Ma nella visione di Luca Ferri, instancabile esploratore surrealista del cinema sperimentale, Dulcinea e Don Quixote sono solo tracce archetipiche di un'altra possibile storia: il racconto di un uomo e una donna, di un desiderio che non si realizza, di un'ossessione senza speranza.
Ferri sceglie un'ambientazione specifica, una Milano anni Novanta in cui i grattacieli non svettano nel cielo e in cui Mani Pulite impazza. L'alba di una nuova era, in cui il disagio e la crisi la faranno da padroni. Nelle manie dei due protagonisti è già presente tutto questo, tra un perfezionismo ed efficientismo vacuo e improduttivo e un'incapacità di comunicare ormai irreversibile. Ogni inquadratura è frutto di uno studio preciso su luce e angolazione, in un continuo gioco di rimandi e anticipi, tale da indurre a una seconda e terza visione, sempre più rivelatrici, su Dulcinea e sui suoi feticci.
Intanto la realtà arriva, fa capolino attraverso sporadiche incursioni, tra una canzone di Julio Iglesias e una deposizione in tribunale di Enrico Cuccia, trasformata in composizione radiofonica da Dario Agazzi.
Quello di Ferri è un talento raro e in piena crescita, che trae spunto dal primo Ferreri e da Buñuel per costruire un discorso personale, che colloca il regista bergamasco tra i capofila di una ipotetica "internazionale surrealista", secondo cui la ricerca cinematografica significa osare, mettersi in gioco senza il minimo timore di giocare. Anzi, divertendo e divertendosi a farlo.