Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA |
Durata | 92 minuti |
Regia di | Robert Machoian, Rodrigo Ojeda-Beck |
Attori | Harper Graham, Elias Graham, Arri Graham, Ezra Graham, Jonah Graham, Kirstin Anderson Bruce Graham (III), Rodrigo Ojeda-Beck. |
Tag | Da vedere 2015 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,57 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 23 novembre 2015
Docu-drama rigorosamente studiato, ma anche naturalissimo e selvaggio: da sottolineare il fatto che la casa teatro delle riprese ed i bambini sono di uno dei due registi.
CONSIGLIATO SÌ
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Quando la madre inforca la macchina senza salutare e sparisce oltre il viale di casa, Harper non sa dire se tornerà di lì a poco o molto più tardi, o se stavolta non tornerà affatto. Sa solo che nel lettone c'è un bimbo di un anno che sta per svegliarsi, che in cortile ce n'è uno poco più grande, e in salotto altri due, che stanno ancora decidendo chi sarà Hulk e chi Batman, per i prossimi dieci minuti. E sa che sarà lei a dover badare a quei quattro maschietti scatenati, perché, anche se ha solo tredici anni, è la sorella maggiore.
Una giornata senza adulti, completamente autogestita dal bisogno di gioco, di sfogo, di confronto e di affetto. Una staffetta incessante, nella quale il piccolo rincorre il grande, si creano alleanze profonde un'ora e dimenticanze altrettanto vitali, emergono sensibilità lontanissime, a distanza di pochi mesi dalla nascita nello stesso ambiente e nello stesso utero, si ripetono le stesse dinamiche, quelle virtuose e quelle viziose. Soprattutto, si riscrive ad ogni istante il complesso legame che tiene insieme, per forza e per amore, queste cinque creature, come racconta a suo modo la straordinaria sequenza del gioco del barattolo nel campo di alti steli.
Nella realtà, i cinque sono i figli di uno dei registi, Robert Machoian, che, insieme al collega e amico Rodrigo Ojeda-Beck, e alla madre dei bambini, Rebecca Graham, ha dedicato un anno alla loro osservazione, non solo da genitore ma anche da cineasta e -perché no?- da antropologo. Gli autori hanno anche scritto una sceneggiatura, che è servita ovviamente solo come canovaccio: non solo la maggior parte degli "attori" in scena ancora non sa leggere, ma il film è fatto della spontaneità e della libertà che li caratterizza e non avrebbe avuto senso comportarsi diversamente.
Girato in tre mesi, separando rigidamente il tempo (e le regole) delle riprese da quello della vita di tutti i giorni, God Bless the Child è un ritratto struggente e poetico della meravigliosa inconsapevolezza che perdiamo crescendo, ma anche di tutte quelle piccole ombre che già si affacciano nei bambini e che solo la crescita saprà ridimensionare o meno. È un inno alla vita, imprevedibile e sfiancante, per saper vivere la quale non serve la maturità anagrafica ma una maturità interiore. È, infine, anche un ritratto ammirato e affezionato di Harper, la "grande", che, per il bene di chi è venuto dopo, sacrifica in parte la propria età.