Sàmara

Film 2009 | Drammatico, 110 min.

Anno2009
GenereDrammatico,
ProduzioneItalia
Durata110 minuti
Regia diMassimo D'Orzi
AttoriLucia Rossi, Marco Baliani, Gruppo Konkoba, Irina Vaganova, Maria Concetta Liotta, Marta Baldassin, Jean Francois Fardulli, Jale Tasir Nafas, Denis Bejzaku, Federica Pulvirenti, Filippo Trojano .
Uscitalunedì 19 marzo 2012
DistribuzioneIl Gigante
MYmonetro 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Massimo D'Orzi. Un film con Lucia Rossi, Marco Baliani, Gruppo Konkoba, Irina Vaganova, Maria Concetta Liotta, Marta Baldassin, Jean Francois Fardulli, Jale Tasir Nafas, Denis Bejzaku, Federica Pulvirenti, Filippo Trojano. Genere Drammatico, - Italia, 2009, durata 110 minuti. Uscita cinema lunedì 19 marzo 2012 distribuito da Il Gigante. - MYmonetro 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 20 marzo 2012

Durante la strada per raggiungere la città di Sàmara, il saltimbanco Luis fa strani incontri.

Consigliato sì!
2,75/5
MYMOVIES 2,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Un viaggio in una tortuosa foresta di simboli alla ricerca di una vita d'arte e d'amore.
Recensione di Edoardo Becattini
martedì 20 marzo 2012
Recensione di Edoardo Becattini
martedì 20 marzo 2012

Luis, un giovane saltimbanco dotato di un profonda sensibilità e di una fervida immaginazione, attraversa un bosco in cerca della città di Sàmara, dove si dice che la gente viva gioiosamente d'arte e di spettacolo e tutti gli artisti vengano accolti e celebrati per le loro esibizioni. Un giorno, nel suo girovagare incontra Rosita, una bella danzatrice viandante di cui si innamora da subito, ricambiato, e Morito, un ragazzo figlio di artisti di strada che è stato lasciato libero di condurre la sua vita. Per scacciare i demoni di alcune inquietanti presenze femminili, Luis decide di proseguire la ricerca di Sàmara assieme a loro e di coinvolgerli nell'organizzazione di uno spettacolo di ombre e di teli con cui intrattenere la festosa cittadinanza che li attende. Ma una serie di incontri sembra in qualche modo sviarli dall'impresa, indicando che la via per Sàmara è prima di tutto un'esperienza interiore.
Il film si apre con l'incontro fra il protagonista e una poetessa persiana vicina a Sherazad e si chiude su una spiaggia dove si ritrovano i vari personaggi incontrati lungo il viaggio. Fra questo incipit pasoliniano e questa chiusa felliniana, il "viaggio dell'eroe" concepito da Massimo D'Orzi si presenta come l'attraversamento di una vera e propria foresta di simboli, un bosco fantasmatico dove ogni espressione interiore trova corrispondenza in una figura.
Attraverso un corto circuito fiabesco fra una dimensione mitica e una contemporanea, fra il mondo magico e incantato dell'arte pura e la realtà di una città decadente che mescola urbanizzazione e residui d'arte rinascimentale, il film è la parabola dell'attraversamento di questa stessa distanza, di questo distacco fra finzione e realtà, trasformata nel racconto di formazione di un uomo che crede di poter vivere di solo amore per l'arte senza fare i conti con l'amore per il prossimo. Un percorso che privilegia la lentezza e la recitazione enfatica, la contemplazione e le suggestioni visive, al fine di produrre un'allegoria sull'arte come dimensione solipsitica, come universo non comunicante in cui rifugiarsi per non abbandonare il gioco della messa in scena e della recitazione. Questa dimensione del gioco dell'arte ritorna continuamente, nelle parole e nelle azioni dei protagonisti e in un certo senso è ciò che dà vita ai momenti più interessanti del lavoro, quelli che scuotono magicamente il film dal placido torpore della sua simbologia.
Il rischio di percorrere con un doppio registro (realistico e immaginifico) tale sentiero è però quello di creare a propria volta un'opera ombelicale, smaccatamente sofistica. Perché mentre le immagini parlano per sensazioni e si muovono verso l'estetismo, il taglio da romanzo di formazione classico e le psicologie dei personaggi soffrono di un eccesso di incuria e finiscono con l'indebolire anziché integrare la "morale della favola". E da questo sottobosco di sensazioni e di immagini luminose e ombreggiate, piene di luce o avvolte nella nebbia, non cresce un nuovo "fiore delle Mille e una notte", ma un percorso tortuoso, un viaggio senza meta.

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