Titolo originale | La belle endormie |
Anno | 2010 |
Genere | Fiabesco |
Produzione | Francia |
Durata | 82 minuti |
Regia di | Catherine Breillat |
Attori | Carla Besnaïnou, Kérian Mayan, Julia Artamonov, David Chausse . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 settembre 2010
Liberamente ispirato al racconto di Charles Perrault, il film racconta il percorso di una bambina che va dall'infanzia all'adolescenza.
CONSIGLIATO SÌ
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C'era una volta un castello, in un luogo ignoto, in un tempo passato. Là, la fata nera, Carabosse, favorisce un giorno il parto della piccola Anastasia, che subito condannerà alla morte, via fuso, all'età di sedici anni. Le fate buone arrivano in ritardo, le gote rosse per la corsa, dopo il bagno nel fiume. Non possono far altro che convertire la sorte della neonata ad un sonno lungo cent'anni, che avrà però inizio al compimento dei sei.
È in questo intervento, che ruba dieci anni alla fiaba di Perrault, che si trova l'idea del film. Di adolescenza, infatti, Catherine Breillat si è già occupata abbastanza, ed è un'età che passa, per definizione, mentre l'infanzia, difficile negarlo, non finisce mai. Dopo "Barbablù", la regista francese sfoglia ora le pagine della La Bella Addormentata , i cui risvolti psicanalitici non sono né pochi né ignoti. Pratica, diretta, nel mettere in immagini la correlazione tra sintomi e simboli, e per questo più gradita al pubblico anglosassone che a quello di casa propria, la Breillat rinuncia qui al gusto per la provocazione, più o meno giustificata, e lavora con maggior piacere e leggerezza all'invenzione dell'immagine. L'uso del colore, mai così intenso e fantasioso, che mescola natura e cultura (anzi culture, quella legata all'immaginario medievale ma anche all'iconografia orientale), sembra rispondere davvero al punto di vista della piccola protagonista, costretta dal destino, come tutti i bambini del mondo, a creare la propria vita, nell'attesa che inizi davvero. E non a caso la piccola Anastasia si punge durante una recita, e cioè immersa in una finzione: solo l'atto sessuale decreterà la fine del sogno, il risveglio (doloroso) al mondo degli uomini, la fine di un'idea dell'amore che andrà a nascondersi per sempre, mezza addormentata, in un angolino della mente delle donne. Questa soglia così esplicita e così insistita, nel cinema della francese, sfiora il banale e spezza l'incantesimo, dentro e fuori lo schermo. Ma è vero che il viaggio del film si compie prima, nell'errare della protagonista alla ricerca di un nuovo incubo, di un'avventura di cui essere l'eroina, con il coraggio smisurato dei bambini, che delle misure del mondo non hanno ancora, appunto, la "normale" percezione.
Ancora una volta, il film è fatto di attori sconosciuti, dalle loro sconosciute carnagioni, i capelli, gli sguardi ostinati e mai rassicuranti. Anastasia è Carla Besnainou, prima, e Julia Artamonov, poi. Il principe azzurro, nella favola come in tutto il cinema della Breillat, è squisitamente accessorio.