Titolo originale | A Londoni Ferfi |
Anno | 2007 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Germania, Ungheria |
Durata | 139 minuti |
Regia di | Béla Tarr |
Attori | Tilda Swinton, Erzsébet Kútvölgyi, Oszkár Gáti, Kati Lázár, István Lénárt, Gyula Pauer, János Derzsi, Ági Szirtes Miroslav Krobot, Erika Bok. |
MYmonetro | 3,09 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento mercoledì 29 ottobre 2014
CONSIGLIATO SÌ
|
Mainon conduce una vita semplice e priva di prospettive ai bordi del mare. Quasi non si accorge della realtà che lo circonda e ha ormai accettato la solitudine in cui è immerso. Finché un giorno diviene testimone di un omicidio. La sua vita subisce uno sconvolgimento. È costretto a chiedersi cosa separi il bene dal male e quale sia la sottile linea che divide l'innocenza dalla complicità. Progressivamente è costretto a porsi domande, che aveva sempre rimosso, sul senso ultimo della vita. Il film è tratto da un romanzo di Georges Simenon. Il figlio dello scrittore ha detto in proposito: "Le vite di alcuni personaggi creati da mio padre non sono facili da trasporre in un film o in televisione. Questo vale anche per L'Homme de Londres perché la macchina da presa aspira a seguire la suspense che ha luogo nella mente del protagonista e l'impresa sembra impossibile. Bela Tarr ne ha fatto un esercizio di stile che mi ha toccato nel profondo". In effetti tutti i film del regista ungherese sono esercizi di stile. Primo fra tutti Satantango, suo capolavoro della durata fiume di 7 ore e mezzo. Ma lì, come in altre sue opere, era presente una ricerca cinematografica destinata a un ristretto pubblico di cinefili ma ricca di creatività e di senso. In questo The Man from London c'è invece la sterile applicazione di uno stile a un testo altrui. Si ammirano pertanto i lentissimi movimenti di macchina da un punto di vista estetico, ma ci si chiede se siano funzionali alla narrazione. La risposta è spesso negativa.
Mainon conduce una vita semplice e priva di prospettive ai bordi del mare. Quasi non si accorge della realtà che lo circonda e ha ormai accettato la solitudine in cui è immerso. Finché un giorno diviene testimone di un omicidio. La sua vita subisce uno sconvolgimento. È costretto a chiedersi cosa separi il bene dal male e quale sia la sottile linea che divide l'innocenza dalla complicità. Progressivamente è costretto a porsi domande, che aveva sempre rimosso, sul senso ultimo della vita.
Il film è tratto da un romanzo di Georges Simenon. Il figlio dello scrittore ha detto in proposito: "Le vite di alcuni personaggi creati da mio padre non sono facili da trasporre in un film o in televisione. Questo vale anche per L'Homme de Londres perché la macchina da presa aspira a seguire la suspense che ha luogo nella mente del protagonista e l'impresa sembra impossibile. Bela Tarr ne ha fatto un esercizio di stile che mi ha toccato nel profondo". In effetti tutti i film del regista ungherese sono esercizi di stile. Primo fra tutti Satantango, suo capolavoro della durata fiume di 7 ore e mezzo. Ma lì, come in altre sue opere, era presente una ricerca cinematografica destinata a un ristretto pubblico di cinefili ma ricca di creatività e di senso. In questo The Man from London c'è invece la sterile applicazione di uno stile a un testo altrui. Si ammirano pertanto i lentissimi movimenti di macchina da un punto di vista estetico, ma ci si chiede se siano funzionali alla narrazione. La risposta è spesso negativa.
Nel vastissimo quanto variegato panorama dei film tratti dalle opere di Simenon un posto assolutamente a sé spetta a "L'uomo di Londra" di Béla Tarr, se non altro per la somma qualità delle immagini, per la vertiginosa bellezza di un bianco e nero capace di rendere appieno il fascino dell'ambientazione simenoniana.
Tre aggettivi. Inquietante, lento, rigoroso. Un film speciale, dove il bianco e nero aumenta la suspence della trama che viene svelata lenta, lentissima, accompagnata da una musica triste ma melodiosa, struttura portante del film stesso. Un addetto agli scambi di una piccolissima stazione ferroviaria di smistamento vede due uomini litigare. Un valigia misteriosa finisce in mare e ciò inquieta le giornate [...] Vai alla recensione »
Tre aggettivi. Inquietante, lento, rigoroso. Un film speciale, dove il bianco e nero aumenta la suspence della trama che viene svelata lenta, lentissima, accompagnata da una musica triste ma melodiosa, struttura portante del film stesso. Un addetto agli scambi di una piccolissima stazione ferroviaria di smistamento vede due uomini litigare. Un valigia misteriosa finisce in mare e ciò inquieta le giornate [...] Vai alla recensione »
Non capisco le critiche...io l'ho trovato molto bello. Tra l'altro apprezzabilissimo il cambiamento di soggetto rispetto ai film "ungheresi". Se poi da un giallo ci si aspetta che spunti fuori Peter Falk è un altro paio di maniche.
Esercizio di stile? Quindi nel mondo di oggi, devastato dal post-post moderno, il rigore nella grammatica cinematografica e il percorso di un autore con un linguaggio granitico e un totale controllo della messa in scena sono diventati esercizi di stile? E tutto perchè è "lento"? Fossero state recensioni di amatori avrei capito, ma qui si parla di persone che si definiscono "critici".
"Ma lì, come in altre sue opere, era presente una ricerca cinematografica destinata a un ristretto pubblico di cinefili ma ricca di creatività e di senso." Qual'è il senso di questa frase? Ti rendi conto che è una supercazzola da finto critico che non sa nemmeno di cosa parla? Vergognati almeno un po', mi sono davvero rotto della bassa qualità di [...] Vai alla recensione »
La lentezza non aiuta certo, specialmente se il regista è un presuntuoso, continua a guardarsi allo specchio e non s'interessa dello svolgimento della storia. Oltre 2 ore di tormento fisico e psicologico del tutto gratuiti. Bela Tarr, privo di talento narrativo, si rifugia nella fotografia e nei primi piani, rubando idee al vecchio espresisonismo tedesco (Murnau ad esempio).
Bela Tarr è un resistente. Un combattente del cinema. Che dedica il suo film a chi non ha ancora perso la sua dignità. Ci si meraviglia dunque se la critica cinematografica non ha degnato della minima attenzione The Man From London? Tratto da Georges Simenon, il film, caratterizzato da una lavorazione costellata di tragedie, si erge solenne come una sinfonia minimale di Arvo Part.
Now on the view in the contemporary galleries of the Museum of Modern Art are a number of striking works in black and white. A suite of photographs by Lewis Baltz studies the textures of dilapidated tract housing. Gerhard Richter's oil painting “Cityscape” is an abstracted aerial view done in gestural brushstrokes. A video projection by Yvonne Rainer contemplates a solo dance performance.
Béla Tarr adapte "L'Homme de Londres", de Simenon Sauvé comme par miracle des eaux noires où la mort de son producteur initial, Humbert Balsan, l'avait plongé, L'Homme de Londres, du Hongrois Béla Tarr, remonte à la surface de la compétition cannoise comme un grand corps exténué mais rédimé. Cinéaste depuis 1977, Tarr fait partie de ces blocs solitaires et irréductibles qui se dressent fièrement [...] Vai alla recensione »
Il titolo, L'uomo di Londra, invita: viene da un romanzo di Simenon. Ma il film di Béla Tarr stronca per lentezza, che la bella fotografia in bianco e nero non riesce a bilanciare. Le continue, lunghe inquadrature - con la loro monotonia assecondata dalla colonna sonora - devono rendere la monotonia della vita del personaggio principale (Miroslav Krobot).