Line of Fire

Film 2003 | Poliziesco

Una serie con Leslie Bibb, Leslie Hope, Anson Mount, David Paymer, Jeffrey D. Sams, Michael Irby. Cast completo Genere Poliziesco - USA, 2003, Valutazione: 3 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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Non è solo una lotta per la giustizia o per la supremazia del crimine. No, qui si travalica nell’onore, nella lealtà, nel rispetto. In quello che accade quando cadono gli steccati e diventa una guerra personale, senza stelle sul petto e senza tanti sensi di colpa. Come recita il comunicato di stampa di lancio originale “è quello che succede quando si incrociano i membri del crimine organizzato e gli agenti dell’FBI incaricati di stare un passo davanti a loro”. Il casus belli è l’omicidio dell’agente federale Bert Somers in una strada di Richmond, in Virginia; a indagare arrivano di rinforzo i colleghi Paige Van Doren (Leslie Bibb) – la quale ha perso il marito nel crollo delle Torri Gemelle e sublima la perdita gettandosi a capofitto nel lavoro – e il tranquillo Todd Stevens (Jeffrey D. Sams), entrambi mossi da una dedizione e da una rettitudine morale che va al di là dell’impegno professionale. Al vertice della sezione si erge la dura e risoluta agente speciale Lisa Cohen (Leslie Hope), a capo dell’agente Amiel MacArthur (Michael Irby) – colui che si trovava con Somers al momento dell’omicidio e ancora sotto choc – e dell’agente Jennifer Samson (Julie Ann Emery), l’unica ad avere un briciolo di vita privata (un marito e due figli che l’attendono quando torna a casa tardi). Dall’altra parte della barricata si staglia il carismatico e spietato boss Jonah Malloy (David Paymer), il quale gestisce l’organizzazione malavitosa come un manager d’azienda, tratta la moglie Janet (Kristen Shaw) come uno dei suoi sottoposti, cita Machiavelli e distingue tra “le cose brutte e la crudeltà”; suo braccio destro è Donovan Stubbin (Brian Goodman), sempre all’erta per scovare eventuali infiltrati ed eseguire gli ordini alla lettera, talvolta dimostrandosi più realista del re. In mezzo al guado di sangue si muove Roy Ravelle (Anson Mount), l’infiltrato dell’FBI che per rendersi ancor più credibile si è fatto anni di prigione. Tra i due schieramenti scoppia una guerra senza quartiere in cui i buoni si travestono da cattivi. Il serial deriva idealmente dai due film antesignani del genere – Il braccio violento della legge (1971) e Vivere e morire a Los Angeles (1985) – in cui per incastrare i colpevoli si perdono talvolta i riferimenti morali, ma è anche una sorta de I Soprano (1999) con in più il punto di vista dell’FBI. Bene ha scritto Alessandra Comazzi su “La Stampa”: “In Line of fire il male si interseca col bene in modo ancor più sincretico: due, infatti, sono le linee di sviluppo drammaturgico, una per i detective e una per i criminali. La narrazione segue insomma un doppio crinale, una doppia messa a fuoco. Le scene, il ritmo, gli impatti, il mescolamento del privato e del pubblico, giocano su due fronti: il mondo della legge e quello della sua trasgressione. Laddove il mondo della legge porta nel suo interno la trasgressione; e il mondo della trasgressione porta nel suo interno la legge. È dunque assolutorio, questo telefilm, nel modo in cui descrive i delinquenti? Non lo è. Certo, però, li umanizza molto. O meglio, come già facevano I Soprano, descrive quello del gangster come un mestiere qualunque, un po’più violento, ma sempre un mestiere. Con regole ben precise, di ingaggio, di carriera, di avanzamento, di punizione. Le annose e ferree probabilmente (in questi termini) fasulle regole del crimine che ben conosciamo attraverso la letteratura e il cinema, ma che quest’ultima generazione di telefilm rende ancora più domestiche, quotidiane. […] Ogni cambio di soggetto (quanto la pubblicità ha influito sui prodotti televisivi!), viene annunciato da uno sdoppiamento dello schermo, come se si aprisse una finestra di Internet: da una parte l’ultima inquadratura di un segmento, dall’altra la prima del segmento nuovo. Una tecnica che richiama sia la navigazione sia la docufiction, in questo continuo traslocare del piccolo schermo dal vero al falso al verosimile, in una sovrapposizione sempre più pervasiva, inquietante e indistinguibile”. La serie è ideata da Rod Lurie, che è anche produttore esecutivo in compagnia di Marc Frydman e Jeff Melvoin. Larry Groupé è l’autore del tema musicale; Jon Ernst compone la colonna sonora. Le riprese sono state effettuate tra Richmond e Los Angeles. Lori Petty compare in un cameo. La regia del telefilm – curata alternativamente da Tim Hunter, Greg Yaitanes, Daniel Attias, Kevin Hooks, Peter Horton, Elodie Keene e dallo stesso Lurie – dovrebbe essere materia di studio in tutte le scuole di fiction che si rispettino.

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