Cortina di ferro

In piena Guerra Fredda, l'Ambasciatore canadese in Unione Sovietica John Watkins - braccio destro e amico intimo del Primo Ministro Lester B. Pearson - viene accusato dalla CIA di spionaggio a favore dei comunisti. Inizia così un interrogatorio serrato in cui l'Intelligence mette in atto i metodi più biechi per incastrare il presunto agente di influenza. Ben presto si scoprono retroscena di intrighi politici ben lungi dall'obiettivo di far emergere la verità. Tratto da una storia vera.
Liberamente ispirato al romanzo del giornalista Ian Adams, questo film prodotto dalla televisione canadese indaga sui meccanismi contorti e intricati che hanno caratterizzato la politica nel regime storico dei Due Blocchi. L'anno è il 1964: la Baia dei Porci, la crisi missilistica di Cuba e la morte di Kennedy sono vicende ancora fresche. Ma l'episodio in questione non si svolge sui grandi palcoscenici internazionali, ed è lontano dalle luci dei riflettori. Una storia di spionaggio e controspionaggio forse poco avvincente, consumata tra le quattro mura di una camera d'albergo, ma non per questo meno rivelatrice di un'epoca divisa tra maccartismo ed epurazioni bolsceviche.
L'intento storico e civico è chiaro, ma non rende la pellicola immune da sbadigli. L'azione è macchinosa per un thriller, i dialoghi retorici e l'ambientazione storica è sapientemente elusa per contenere il budget. Scarso ed ingenuo anche il controllo del registro linguistico. In più di un'occasione vengono usati termini prematuri per l'epoca, che vedranno la luce in seguito alle future analisi storiografiche. Il cosìddetto "disgelo" a cui fanno riferimento i protagonisti riferendosi all'epoca storica che stanno vivendo, è una parola che non sarebbe mai potuta uscire dalla bocca di alcuno nel 1964. Un po' come se gli insorti che nel 1789 assalirono il carcere della Bastiglia avessero contemplato nel loro vocabolario il termine Rivoluzione Francese. 