Cowboy Bebop - Il film

Marte, 2071. È la vigilia di Halloween e un piano terroristico minaccia Alba City: l'esplosione di un camion, con fuoriuscita di un virus non identificato, uccide oltre 500 persone e getta la città nel panico. L'agenzia di bounty hunters - o per meglio dire cowboys - che vive sul Bebop decide di dedicarsi al caso, vista la lauta ricompensa per la cattura del responsabile. Ben presto i sospetti si concentrano sul misterioso Vincent Volaju, veterano dell'esercito dato erroneamente per morto.
Gli anni Novanta hanno rappresentato per gli anime un'epoca di audacia, un tentativo di unire una tradizione vincente a una nuova estetica, più matura e consapevole. Inquadrature cinematografiche al servizio di uno storytelling più elaborato e complesso, con eroi immancabilmente tormentati e crepuscolari. Tra questi spicca lo Spike Spiegel di Cowboy Bebop, invincibile macchina da guerra dal fosco passato: un cinico con un cuore, sebbene ben nascosto sotto una dura scorza, vagamente ispirato nelle gesta a Lupin III e accompagnato costantemente da un presagio di morte incombente. Una serie di ventidue episodi che è stata capace, a cavallo dei due millenni, di scardinare molte certezze sulle potenzialità del mondo anime e costruire una solida fan base. Il passaggio su grande schermo avviene sotto forma di un midquel, un episodio allungato che si colloca in un punto preciso della continuity narrativa della serie. E il paragone con la serie originale, rispetto alla quale il film deve necessariamente introdurre elementi ad uso e consumo del neofita, finisce per risultare ingeneroso nei confronti di Cowboy Bepop - Il film, più per i vertici che ha saputo toccare l'anime nella serie Tv che per limiti, forse inevitabili, del lungometraggio.
Ma quel che Cowboy Bepop - Il film perde in inventiva e dinamismo dello storytelling, prova a recuperarlo, rispetto al contraltare televisivo, attraverso sequenze spettacolari e un dispiego di mezzi che possa trasformare un'evidente cultura cinefilo-citazionista in immagini all'altezza del compito. Attraverso l'influenza di Sergio Leone, del noir americano come del cinema action di Hong Kong, sale il livello di sangue e adrenalina delle rese dei conti tra bounty hunters e terroristi: il cinema recita anche narrativamente un ruolo da protagonista, attraverso scene di vecchi western proiettati in sale che sembrano musei (curioso concepire l'uso della pellicola nel 2071, peraltro rovinata con effetto vintage da purissimo retro-nuevo), che insistono sull'elemento nostalgico. E la nostalgia - intensificata dalla splendida colonna sonora, che insiste su toni blues e country - resta uno dei temi ricorrenti e sottocutanei della serie di fantascienza meno sci-fi che sia mai esistita, trasformandola in un lunghissimo addio chandleriano in cui l'ambientazione marziana conta fino a un certo punto. La capitale cosmopolita del Pianeta Rosso pare infatti poco più di un'evoluzione della New York odierna. Niente teletrasporto e armi laser, molto noir e indagini hard boiled alla vecchia maniera, in cui gli esperimenti genetici e i nuovi ritrovati in campo di armi biologiche sono solo nuove forme utilizzate per perpetrare antiche ingiustizie nel nome del business. Un sistema avido e immutabile nella sua insaziabile sete di potere, tale da rendere la "porta del paradiso", a lungo cercata dal supervillain Vincent Volaju, materia di cui sono fatti i sogni, in un universo privo di speranza in cui non è lecito confidare neanche nell'aldilà. 