Parigi di notte

Film 1963 | Drammatico 98 min.

Regia di Claude Chabrol, Eric Rohmer, Jean-Luc Godard, Jean Douchet, Jean Rouch, Jean-Daniel Pollet. Un film con Bernadette Lafont, Arnaldo Ninchi, Simon M. David, Rossana Rossanigo, Stéphane Audran. Cast completo Titolo originale: Paris vu par.... Genere Drammatico - Francia, 1963, durata 98 minuti. - MYmonetro 3,00 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Paris vu par... vede dietro la macchina da presa Chabrol, Rohmer, Douchet, Pallet, Godard e Rouch. Chabrol dirige l'episodio La Muette.

Consigliato sì!
3,00/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
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Paris vu par... vede dietro la macchina da presa Chabrol, Rohmer, Douchet, Pallet, Godard e Rouch. Chabrol dirige l'episodio La Muette. Quattro ragazze che lavorano in un negozio di elettrodomestici conducono un'esistenza senza ideali. Quella tra loro che ha una visione ottimistica del mondo e che quindi dà fiducia alla gente cade vittima di un maniaco che aveva creduto l'uomo da amare.
Rohmer dirige l'episodio Place de l'Étoile . Tutte le mattine, alle nove e venticinque, Jean-Marc si reca al lavoro in Place de l'Étoile, la frenetica piazza parigina. Lungo il percorso sulla piazza un ubriaco lo infastidisce. Per liberarsene lo allontana con l'ombrello. L'uomo cade a terra inanimato. Spaventato, Jean-Marc raggiunge velocemente il negozio e sostituisce l'ombrello rimasto nelle mani della vittima. Nei giorni seguenti cerca notizia dell'accaduto sui giornali senza trovare riscontri. Per prudenza cambia però il proprio percorso. Scende quindi alla fermata Victor Hugo. Qualche mese pùi tardi Jean-Marc, mentre si trova sul metrò, incontra la sua "vittima".
L'episodio di Godard si svolge a Montparnasse e Levallois.

Giancarlo Zappoli
giovedì 18 settembre 2003

Paris vu par... nasce da un'idea dell'allora venticinquenne Barbet Schroeder che, con la Films du Losange (che diventerà la casa di produzione di Rohmer) realizza al costo di 40 milioni di franchi dell'epoca questo film in 16 mm che dovrebbe servire, sei anni dopo l'avvento della Nouvelle Vague, a mostrare che il movimento e i suoi principi sono piò che mai validi. È lo stesso Schroeder, in un'intervista a «Télérama», a chiarire gli intenti dell'operazione e a indicare alcune delle riflessioni di Rohmer: «Penso che il cinema moderno sia normalmente a colori e in presa diretta. Il 16 mm, grazie alla versatilità del suo apparato di sincronizzazione, consente una maggiore mobilità nelle riprese e nella presa sonora diretta da cui derivano un'economia sensibile e una totale libertà d'ispirazione per i registi che siano anche autori. (...) La Place de l'Étoile è di concezione più medioevale che romana: ci sono un mastio (l'Arc de Triomphe), un cammino di ronda e un fossato. Le rue de Pressbourg e de Tilsitt tracciano un grande cerchio attorno a essa, evocando le arterie che sono sorte su delle fortificazioni. Sono come una variante che piace all'immaginazione. Questa nozione di variante è molto importante nell'architettura urbana. All'uomo piace conservarsi la possibilità di raggiungere una meta in due modi diversi».
L"eroe" di questo corto rohmeriano si inserisce all'interno di un contesto che il realizzatore di Paysages urbains ha nel frattempo ulteriormente approfondito. Afferma Rohmer nel numero 171 dei «Cahiers»: «Il soggetto deriva dalla struttura geografica di Place de l'Étoile. Che cosa c'è su questa piazza? Automobilisti e pedoni. Ho scelto il pedone. È nella sua natura camminare: bisognava dunque fargli compiere un certo tragitto. Ho supposto che il mio personaggio uscisse dall'ingresso del metrò dell'avenue de Wagram e che il suo posto di lavoro si trovasse dall'altra parte della piazza. Che cosa si poteva fargli fare? Camminare, di certo. Ma si può pure farlo correre. Questa corsa bisognava giustificarla. Quando si corre, soprattutto per strada, significa che si ha fretta. Ma nessun parigino ha tanta fretta da correre quattrocento metri di seguito. Il mio personaggio doveva aver paura di qualcosa. E questo mi ha dato l'idea della baruffa con l'individuo a cui pesta un piede. Ora, perché pestare il piede di quest'individuo? Non c'è bisogno di dare spiegazioni: è una cosa che succede a tutti».
La descrizione di Place de l'Étoile come di uno spazio non a misura d'uomo, a meno che si tratti della sottospecie definita turista i cui esponenti si recano fin sotto l'Arc du Triomphe, è di un'ironia tagliente e serve a preparare l'entrata in scena di quel borghese "piccolo piccolo" (ci si con-senta l'attribuzione a posteriori) che risponde al nome di Jean-Marc. Costui è un monsieur Hulot deprivato della vena surreale e immerso da Rohmer nella mediocrità di un cappotto scuro come l'ombrello che porta e che usa per scansare i residuati degli scavi così come poi farà con l'ubriaco. Jean-Marc ha la metodicità (priva però di un obiettivo ideale) del narratore di La fornaia di Monceau e l'introversione (aggravata però dall'età non più adolescenziale) del Bertrand di La carriera di Suzanne. Non a caso sono due donne a prendersi gioco della sua incapacità nel far rilevare il danno subito, non avvenenti ma sicuramente derisorie. Al pavido JeanMarc viene lasciata solo la sterile reazione di fare il verso, non visto, a una delle due. Ma sarà dinanzi alla morte (presunta come scopriremo poi: nei film di Rohmer non si muore) che il suo spirito da quattrocentometrista della fuga avrà modo di rivelarsi in pieno. Il mediocre eroe rohmeriano di questo episodio, come i narratori dei "Racconti", teme il confronto con la realtà e, non potendo filtrarla attraverso l'affabulazione perché qui il narratore c'è ma è esterno, la fugge fino al punto di modificare un itinerario divenuto ormai protettivo e rassicurante. Solo la scoperta di una propria assoluta innocenza (l'alcolizzato è ancora vivo e più che mai aggressivo), a differenza di quanto si era prefigurato mentalmente, lo restituisce a una monotona quotidianità. Ma un altro "caso" è in agguato: due ombrelli si scontrano, uno scambio di reciproche scuse con una donna giovane e carina. L'incontro potrebbe ripetersi anche il giorno dopo e il giorno dopo ancora. E sarebbe un nuovo film.

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