Titolo originale | Mo Er Dao Ga |
Anno | 2020 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 119 minuti |
Regia di | Jinling Cao |
Attori | Qi Xi, Chuan-jun Wang . |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 6 ottobre 2023
Fra mitologia, ecologia e folklore, la storia Linzi dall'infanzia in mezzo alla natura alla lotta per trovare il suo posto in mondo sempre più di cemento.
CONSIGLIATO SÌ
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Nella più grande foresta di alberi secolari della Cina, nella Mongolia interna, vivono i fratellastri Linzi e Tu Tu. Anni prima, quando erano bambini, Linzi, trovatello allevato dalla famiglia di Tu Tu, era stato salvato proprio da quest'ultimo dall'attacco di un orso nel quale era rimasta uccisa la loro madre, ma il sacrificio dell'animale, considerato un atto sacrilego dalla loro comunità Ewenki, li ha da allora costretti a vivere ai margini della foresta, reietti e malvisti. Per sopravvivere Linzi e Tu Tu lavorano come tagliaboschi, andando ulteriormente contro gli ideali del loro mondo, fondato su un rapporto quasi mistico con la natura. I contrasti fra i due fratelli, diversi per carattere e temperamento, si acquisiscono quando il mite Linzi incontra la cacciatrice Chun e la porta con sé nel villaggio, scatenando così la gelosia di Tu Tu...
L'esordio alla regia di Cao Jinling è ambientato nella Cina degli anni '80, alle origini della cavalcata economica del paese, in un ambiente selvaggio (il vero parco nazionale di Moerdaoga, estremo nord del paese) che resiste a un processo di civilizzazione destinato ad alterare l'equilibrio fra uomo e natura.
Il film è per questo attraversato da una vena dichiaratamente malinconica; un tono rassegnato ed elegiaco espresso sia dalla voce narrante di Linzi, che immerge gli eventi in una cornice fiabesca, sia dalla messinscena, con la macchina da presa che si muove dolcemente tra alberi, sentieri e laghi ghiacciati e la luce autunnale e invernale che accomuna uomini e alberi nel segno di una rappresentazione panica del paesaggio. Anima è una tragedia dalla chiara impronta ecologista. Il sacrificio iniziale dell'orso condiziona e condanna la vita dei due protagonisti: uno, Linzi, mite e premuroso, è significativamente figlio della foresta, senza una chiara origine umana, e nonostante il bando dalla comunità sa ancora vivere in relazione con la natura; l'altro, Tu Tu, che ha ucciso l'orso per salvare il fratello senza sapere che in realtà non c'era alcun pericolo, è il dannato pieno di rabbia che reca i segni di una colpa collettiva; è il simbolo di una civiltà che ha scelto di abbandonare lo stato originario per sfruttare economicamente la foresta. Se il villaggio della comunità Ewinkin (raffigurata come una sorta di popolo fuori dalla storia, con costumi tradizionali perfettamente confezionati e volti raffinati) fa da sfondo al loro scontro quasi primordiale - due forze a confronto, due passioni soffocate che si sfogano in modo opposto, una col sentimento, l'altra con le emozioni - la giovane cacciatrice Chun, vedova proveniente dal cuore incontaminato della foresta, funziona da intruder, tipica figura da melodramma che rompe l'equilibrio precario di un mondo.
La foresta di Anima, rappresentata come un luogo chiuso destinato a essere invaso e letteralmente abbattuto, diventa una perfetta metafora dell'evoluzione sociale della Cina. Il contrasto fra modernità e mito, evoluzione e tradizione, uomo e natura, individualismo e spirito comunitario emerge chiaramente nel corso del racconto, espresso anche e soprattutto dalle scelte formali della regista e sceneggiatrice. La confezione del film è infatti tra le più raffinate, con un cast tecnico che riunisce alcuni dei più grandi professionisti del cinema cinese, tra cui due abituali collaboratori di Hou Hsiao-hsien, il direttore della fotografia Mark Lee Ping-Bing e il compositore Lim Giong. Il risultato è una messinscena di estrema eleganza figurativa, con il formato largo dell'inquadratura che abbraccia gli spazi e la luce digitale che crea atmosfere quasi sovrannaturali. L'estrema stilizzazione rischia però di dare alle immagini di Anima una aspetto sin troppo lezioso, come se la regista esordiente, inseguendo le atmosfere e i colori dei suoi modelli (i capolavori che Chen Kaige o Zhang Yimou giravano proprio negli anni in cui è ambientato il film, da Lanterne rosse ad Addio mia concubina), non avesse ancora trovato una voce autentica e personale.