Titolo originale | Ai-naki mori de sakebe |
Anno | 2019 |
Genere | Thriller |
Produzione | Giappone |
Durata | 151 minuti |
Regia di | Sion Sono |
Attori | Kippei Shîna, Shinnosuke Mitsushima, Kyoko Hinami, Eri Kamataki, Young Dais Natsuki Kawamura, Yuzuka Nakaya, Dai Hasegawa, Chiho Fujii, Tsukino Yamamoto, Manaka Kinoshita, Miyu Kinoshita, Yuki Nagashima, Gaku Sano, Takato Yonemoto. |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
|
Ultimo aggiornamento giovedì 24 ottobre 2019
Un gruppo di filmmaker decide di filmare una coppia nella sua quotidianità. Quell'esperienza metterà in luce segreti inconfessabili.
CONSIGLIATO NÌ
|
Shin, solitario vagabondo, incontra Jay e Fukami, cineasti in erba: insieme decidono di girare un film e di coinvolgere Taeko, ragazza di facili costumi. Questa a sua volta si rivolge all'ex compagna di classe Mitsuko, prigioniera di due genitori violenti e possessivi e ancora vergine, come Shin. Ma il legame tra le ragazze e il misterioso truffatore Murata Joe è più complesso di quanto appaia e risale a traumi antichi. Intanto un serial killer non identificato miete vittime nella stessa zona in cui i nostri girano il film.
La condanna che grava sugli autori come Sono Sion è quella di dover continuamente stupire e provocare, alzando l'asticella del lecito e del disturbante ad ogni occasione.
Ci è già passato Takashi Miike, non senza averne ricavato qualche cicatrice, sotto forma di fama di ribelle offuscata e crescente oblio. E Sono Sion, che richiama Miike tanto nella materia trattata che nell'incontinenza creativa, negli ultimi anni ha finito per affrontare simili impasse.
Nonostante qualche rara divagazione sopraggiunta in carriera - come il mélo postatomico The Land of Hope - Sono resta in genere affezionato a un mix di generi pulp che, in buona parte, ha contribuito a creare: un punto di incontro tra ossessioni religiose, sette intolleranti, spleen adolescenziale, tendenze suicide, amori impossibili, perversioni sessuali e disastri genitoriali, con sottofondo mélo accompagnato da Mozart o Schubert.
L'attesa per il suo primo lavoro prodotto da Netflix era grande, specie dopo la sfortunata parentesi della serie per Amazon a tema vampiresco (Tokyo Vampire Hotel): svolta radicale o ennesima riproposizione della propria poetica? Bastano pochi minuti di The Forest of Love per capire che si tratta della seconda opzione. Sono sembra quasi voler sintetizzare in un unico film un'intera carriera, assemblando autocitazioni in serie e disponendole su differenti piani temporali. Il circolo di ragazze suicide di Suicide Club e Noriko's Dinner Table incontra così la famiglia ossessiva di Love Exposure, mentre il gruppo di cineasti deliranti ricalca quanto visto in Why Don't You Play in Hell?. Il processo di sintesi produce un film dalla durata prevedibilmente cospicua ma assai impoverito quanto a guizzi estetici: immagini volutamente povere e crude, che preludono a una svolta horror e grandguignol, tale da rendere The Forest of Love una delle visioni più per stomaci forti - il divieto è esteso ai minori di 18 anni - tra quelle occorse su Netflix.
Ma The Forest of Love ricorda soprattutto (involontariamente?) un film europeo, il discusso Il cameraman e l'assassino, per come gioca con la volontà inesausta dei cineasti di filmare il vero e scioccare lo spettatore, che finisce per portare Jay e Fukami a scottarsi le dita con la reale follia omicida di un serial killer. L'idea, allora, era di épater les bourgeois, ma oggi riuscirci pare sempre più difficile, tranne per chi si trovi alla "prima volta": forse Sono pensa che su Netflix gli spettatori siano novellini incontaminati? Di fatto, al di là dei problemi di ripetitività di temi e situazioni, The Forest of Love mostra altre manchevolezze, tanto in opinabili ellissi narrative - la perdita della verginità di Mitsuko, trascurata e poi recuperata solo nell'epilogo - che nelle verbose spiegazioni conclusive - il monologo della stessa Mitsuko, che obbliga a ripercorrere tutto quanto visto sino a qui, senza lasciare spazio al non detto.
Chi già conosce Sono può tranquillamente sorvolare, mentre per tutti gli altri è consigliabile cominciare da Love Exposure o Himizu.
Così come i film giapponesi si riconoscono immediatamente dai nostri, in stili, dialoghi, emozioni, gesti, anche gli horror giapponesi hanno questa particolarità. È un horror/thriller, questo “the forest of love”, tratto da una vicenda vera, vicenda di cui la regia cercato di non alterarne troppo le assurde e spaventose pieghe.
Nella seconda scena del secondo atto di Romeo e Giulietta Romeo afferma che «Ride delle cicatrici colui che non è mai stato ferito». Di cicatrici, interiori ed evidenti a occhio nudo, ne hanno da sempre da sfoggiare i protagonisti dei film di Sion Sono, e non sono certo da meno i personaggi che agitano il sottobosco criminale e cinematografico - e criminale in quanto cinematografico, e viceversa - [...] Vai alla recensione »
Che per Sion Sono il cinema sia sinonimo di «libertà assoluta», di infinità creativa, come si predica in The Forest of Love, lo sappiamo da sempre. Ciò nonostante oggi per il Nostro, autore di potenza immaginativa prorompente, action painter di traumi e psicosi, l'affanno è reale. Come i prelievi di seconda mano: in questo film Netflix (dopo una miniserie così così per Amazon) gli scalcagnati che s'immolano [...] Vai alla recensione »