Le divorce

Roberto Nepoti

James Ivory, il più british dei cineasti americani, ha la passione di mettere in scena gli shock tra culture differenti. Non è Henry James, naturalmente, ma finora se l’era cavata con sufficiente dignità. Con Le divorce - però, dove Ivory riscopre la sua comprovata inclinazione per la Francia, le cose si mettono maluccio. In partenza il regista disponeva di una sceneggiatura anoressica (tratta da un romanzo di Diane Johnson) dove un’americana, sposata a un francese, riceve la visita della sorella nella ville lumière. Roxeanne è stata appena lasciata dal marito mascalzone e s’avvia a divorziare. A peggiorare la situazione Isabel, la visitatrice, s’innamora di un parente - coniugato - del futuro ex consorte della sorella. Evidentemente, l’idea era di porre a confronto le sorelline californiane liberal con una famiglia europea altolocata e conservatrice; però Le divorce è messo in scena come un fotoromanzo appena un po’ sofisticato, farcito di pubblicità (neanche troppo) occulta. Frattanto Ivory tende a scambiare sistematicamente la raffinatezza con gli stereotipi alla moda e insiste sul più banale repertorio folkloristico associato ai francesi (buoni amanti, mondani ecc.). Il tutto senza prendere il minimo distacco ironico; così che lo spettatore si disinteressa alla svelta delle artificiose vicende che toccano in sorte alle sorelle Walker. Solo Naomi Watts ne esce con l’onore delle armi, mentre Kate Hudson offre, da par suo, un saggio recitativo di alta mediocrità.
Da La Repubblica, 8 novembre 2003


di Roberto Nepoti, 8 novembre 2003