Cantando dietro i paraventi

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Un film di Ermanno Olmi. Con Jun Ichikawa, Sally Ming Zeo Ni, Bud Spencer, Yang Li Xiang, Camillo Grassi, Makoto Kobayashi Drammatico, durata 90 min. - Italia 2003. MYMONETRO Cantando dietro i paraventi * * 1/2 - - valutazione media: 2,85 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Natalia Aspesi

La Repubblica

Ci sarà una ragione alta se il rigoroso Ermanno Olmi ha realizzato un film spettacolare, apparentemente stravagante e infantile, in più per noi costoso (quasi dieci milioni di euro), tre anni dopo quel capolavoro solenne e straziante che è stato Il mestiere delle armi. E infatti: «È un progetto che ha preso le mosse almeno una decina d’anni fa, quando già si presagivano annuvolamenti, turbolenze, nell’umore generale e si continuava a parlare di pace per nascondere progetti di guerra. A pensarci bene se risalgo alla fine della seconda guerra mondiale, ed io avevo 13 anni, c’era questa certezza, che dopo tanto orrore ci sarebbe stata pace eterna: e invece già si erano decise divisioni che avrebbero proseguito lo scontro e mantenuto un clima di guerra continua. Ora so che la pace non ci sarà mai e che la possiamo sognare solo nel contesto di una favola».
Cose sorprendenti del film: perla prima volta in un’opera del probo Olmi, una specie di spaesamento erotico, un’ombra calda di sensualità. Non solo il nudo integrale e magnifico della danzatrice-guerriera Carlene Ko («l’avevamo scelta vestita, per la gestualità piratesca, ma quando si è spogliata, tutta la troupe è rimasta incantata»), ma anche le fiammeggianti carezze della non ancora vedova Ching (Jun Ichikawa) che tiene sul seno nudo la magnifica testa di Makoto Kibayashi, il giovane ammiraglio suo sposo, o il languore con cui, seminuda sul letto, la bella creatura scosta le gambe, invitante, o ancora quando, vedova e a capo dei pirati, cerca il riposo della guerriera sfiorando silenziosa il torace nudo di un marinaio.
Altro particolare interessante: come si avvelena una persona di cui ci si vuole disfare, in questo caso l’ammiraglio Ching, senza dar nell’occhio? Ci si procura un verme avvelenato, (i previdenti assassini ne hanno un vaso pieno), lo si dà in pasto a una carpa che stramazza in un baleno e si serve questa prelibatezza alla vittima designata. Risultato garantito. Leggendo anni fa un vecchio libro sui pirati, Olmi ha scoperto il poema epico di Yuentsze, pubblicato a Canton nel 1830, che esalta le gesta della piratessa vedova Ching, realmente vissuta alla fine del XVIII secolo, che alla fine si consegnò al giovane imperatore ottenendone il perdono.
Perché l’autore del rustico Albero degli zoccoli ambientato nella campagna bergamasca e della Leggenda dei santo bevitore ispirato al romanzo dell’austriaco Joseph Roth che si svolge a Parigi, si è tanto incapricciato di una storia così esotica e apparentemente lontanissima da lui e da noi?
«Era costume degli imperatori cinesi perdonare chi si pentiva, ancor prima di Confucio. Il perdono naturalmente è anche un valore cristiano. La storia della piratessa Ching assomiglia alla parabola dei figliol prodigo, e io ne ho fatto una favola, perché solo le favole oggi hanno un lieto fine, e perché solo in modo fiabesco oggi puoi parlare di pace. Se io avessi fatto un film realistico, sul presente, per predicare buonista, banale, e tutti si chiederebbero da che parte sto, politicamente, mentre la metafora permette di esprimere le proprie utopie senza apparire ridicoli».
Un film di pirati dove non ci sono né arrembaggi né battaglie sanguinose, ma emozioni, sentimenti, pensieri e paesaggi di bellezza struggente, fotografati dal figlio quarantenne di Olmi, Fabio «cui ho detto soltanto, faremo un film colorato come le lacche cinesi, come la Cina che ci immaginiamo e che forse non è», in che modo si allaccia al presente? «I pirati si definiscono onesti fuorilegge mentre gli altri, dice il poeta, “le loro ladronerie le compiono al riparo di privilegi che da sé medesimi si procurano”. Non le fa venire in mente nessuno? E poi quell’immenso cannone, quella flotta esorbitante, quella mostruosa novità, la nave a vapore, che fanno dell’imperatore una potenza invincibile, non fanno pensare alla nazione più potente di oggi, gli Stati Uniti?».
Certo è difficile immaginare che accada adesso quel che accade nella favola di Olmi: l’imperatore, forte di cannoni enormi, di una flotta immensa, di una terrorizzante novità, la nave a vapore, sicuro della sua facile vittoria, anziché attaccare invia ai pirati in attesa di essere annientati un volo immenso di aquiloni. «Se accetti un gesto gentile devi deporre la spada», consigliano alla bella Ching, che ben contenta esegue. Come dire a George Bush, visto che sei il più forte, perché non provi a tendere tu la mano e magari anche gli altri deporranno il terrorismo? Secondo il poeta cinese, cita Olmi, “Da quel momento i fiumi e i quattro mari furono sicure e liete strade I contadini vendettero le loro spade e comprarono buoi per arare i campi, mentre le voci delle donne rallegravano il giorno dietro i paraventi”. Ecco qua, si torna a cantare dietro i paraventi: ma chi? Le donne naturalmente, che magari, vedendo il film, pur emozionate dalla sua poesia visiva si succederanno un po’. Ma questa è l’idea antica e nostalgica che Olmi ha delle donne, lui che da sempre ha vicino la moglie Loredana, intelligente e devota: «Ricordo il senso di pace che da bambino, mi dava sentire nei cortili, nei campi, il canto delle donne. Oggi le donne non cantano più, troppa ansia, troppi impegni, troppa scontentezza. Sentire una voce invisibile di donna dà il senso della tranquillità, della speranza)).
Ma proprio dietro i paraventi, come in un harem, come in un chiostro? «La femminilità è anche mistero, segretezza, non esibizione, sfacciataggine, come oggi. Sapersi arrendere è un’arte femminile, un gesto di eroismo. Le donne hanno una capacità di resistenza che gli uomini hanno perduto, responsabilità superiori verso la continuazione della vita. Se un padre muore, la madre sa essere madre e padre, se una madre scompare il padre non saprà mai essere anche madre».
Ma se la vedova Ching depone la spada e la corazza, e addobbandosi con gli abiti sontuosi della seduttrice, si prostra davanti all’imperatore per essere perdonata, anche le signore di oggi, prima di ritirarsi a cantare liete dietro il paravento, davanti a chi dovranno prostrarsi?
Da La Repubblica, 18 ottobre 2003


di Natalia Aspesi, 18 ottobre 2003

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