Aprile

Roberto Escobar

Girare un film (o scrivere un libro) è quasi come fare un figlio: il tempo della vita acquista un senso univoco, netto; qualcosa che prima non c’era, d’improvviso apre un dopo colmo di promesse. Se poi a girare il film (o a scrivere il libro) è un uomo, a questo s’aggiunge il privilegio di soffrire e insieme di godere un’esperienza che, almeno per allusioni, suggerisce quella della gravidanza e del parto, altrimenti del tutto inaccessibile. Che sia questa l’emozione più profonda, e anche la meno dichiarata, che guida la mano e l’occhio di Nanni Moretti in Aprile (Italia, 1998)? Il vantaggio di questa ipotesi è che consente di sfuggire almeno un po’ alla banalità giornalistica - tra tutte le banalità la peggiore, perché funestamente contagiosa -, che s’é abbattuta sul film. [...]

di Roberto Escobar, articolo completo (4909 caratteri spazi inclusi) su Il Sole-24 Ore Domenica 19 Aprile 1998