Se Truffaut fosse vivo, andrebbe a vedere tutte le opere prime in circolazione: «François è stato uno spettatore curiosissimo e dal film d’esordio riusciva sempre a capire se un regista facesse cinema per necessità o per opportunismo», sorride Madeleine Morgenstern, che del maestro francese fu sposa, collaboratrice, amica amatissima fino alla fine. Fino a quel 21 ottobre dell’84, quando l’autore di I quattrocento colpi , sopraffatto dal cancro e ormai legato a Fanny Ardant, decise di morire nell’elegante ex casa coniugale in cui aveva girato La calda amante e nella quale la prima moglie ancora abita.
Se Truffaut non se ne fosse andato prematuramente, a soli 52 anni e dopo aver diretto 21 film, sarebbe rimasto «sorpreso» da pellicole americane recenti come Elephant e Lost in translation «che non hanno niente a che fare con il gigantismo hollywoodiano, quel cinéma-robinet che va per la maggiore». Se Truffaut lavorasse ancora, e regalasse le sue emozioni a questo mondo schiantato dalla violenza e travolto dalla volgarità, potrebbe verificare l’attualità della sua ”lezione”: «Sono sempre tanti gli autori che, come François, girano film spinti da una necessità non solo estetica ma morale», dice l’antica compagna del regista.
Nel ventennale della morte di Truffaut, Madame Morgenstern (che dal marito ebbe due figlie, Laura e Ewa) sarà la protagonista delle numerose celebrazioni previste ai festival, nelle sale, alla tv, sulla stampa. Il primo evento è la retrospettiva completa organizzata a Napoli dal 24 al 3 aprile da Françoise Pieri di France Cinéma con la collaborazione di CinEuropa. Insieme con la rassegna dei 21 film (attesa in altre città italiane), ad accompagnare gli omaggi a Truffaut sarà il libro di interviste inedite di Aldo Tassone: François Truffaut, professione cinema , ritratto totale, inaspettato e appassionante del regista di Effetto notte attraverso le sue stesse parole (scaturite da 17 ore di conversazione) e quelle di Madeleine, delle figlie, dei collaboratori.
«Se penso a François», racconta la signora Morgenstern, «rivedo innanzitutto il nostro primo incontro avvenuto nel ’56 alla Mostra di Venezia dove mi aveva mandato mio padre Ignace, produttore». Non è amore a prima vista, fra i due si stabilisce piuttosto un’amicizia cementata dal comune interesse per il cinema. Dodici mesi più tardi, Truffaut chiede però la mano di Madeleine, che gli confida di aver ricevuto la proposta di matrimonio da un altro corteggiatore. Il futuro regista si dichiara proprio come avrebbe fatto il personaggio di un suo film: «Mi disse: non può sposare quello là, perché lo tradirebbe con me. Se sposa me, invece, non mi tradirà con lui», racconta lei.
Segnato da un’infanzia “dickensiana” costellata di drammi familiari, adottato dal leggendario critico André Bazin, François esordisce come recensore dei Cahiers du Cinéma nei primi anni Cinquanta. Con gli amici Godard, Rivette, Chabrol, Rohmer fonda poi la ”Nouvelle Vague”, il movimento che sfida la tradizione del ”cinéma de papa”. Ma resterà sempre contrario ad ogni settarismo: «I film devono essere destinati a tutti, non a un’ élite », dichiara a Tassone.
Truffaut regista esplode nel ’59 con l’opera prima I quattrocento colpi . I suoi miti sono Chaplin, Rossellini, Hitchcock. Considera Kubrick «un ingegnere uscito dal Politecnico, dotato ma pur sempre un fotografo» e adora Fellini perché, a differenza di Bergman, «ama la vita». In politica si definisce «un irriducibile individualista, o meglio quello che i gauchistes più detestano al mondo: un socialista riformista». E rivela di aver rifiutato la proposta Rai di girare un film su Gesù: «Sarebbe stato disonesto da parte mia perché non sono credente. La mia religione è il cinema e Charlie Chaplin il mio Messia».
Dopo Effetto notte , che nel ’73 vince l’Oscar, si consuma la rottura con Godard che spedisce a Truffaut una lettera provocatoria e violentissima alla quale il destinatario risponde con altrettanta durezza. In gioco è la diversa concezione del cinema (e della vita) che separa ormai i due amici, destinati a non parlarsi mai più. «Quello scontro fu una falsa polemica. E di natura squisitamente privata», dice Madeleine. «E’ stato Jean-Luc a divulgare le lettere, nel ’90. I contatti tra loro si chiusero quando Godard si politicizzò...». I due “partiti”, secondo Madame Morgenstern, esistono ancora? «Sì, anche oggi il cinema si divide in godardiani e seguaci di Truffaut: i primi hanno un’impostazione più filosofica, estetica; gli altri puntano sui sentimenti».
Qual è la prima emozione che la coglie quando pensa al suo compagno? «La voglia di ridere. Il senso dell’umorismo di François era grande e paradossale: emergeva anche nei momenti più tragici, nella vita come nei film». La migliore descrizione del regista? Madeleine non ha dubbi: «Un uomo che ha dedicato al cinema tutta la sua volontà, il suo coraggio, la sua energia, la salute». Una consacrazione mistica... «Non direi, Truffaut non era un tipo religioso. Semplicemente, il cinema era la sua scelta, la sua ragione di vita».
Da Il Messaggero, 12 marzo 2004