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Rassegna stampa di Alan Ayckbourn

Alan Ayckbourn ha lavorato come scrittore, è nato il 12 aprile 1939 a Londra (Gran Bretagna). Alan Ayckbourn ha oggi 85 anni ed è del segno zodiacale Ariete.

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Sono un ammiratore di Alan Ayckbourn e delle sue commedie sin dal 1972. Mi piace come costruisce le trame, come manipola il tempo e la concezione che ha della regia: dà la massima importanza all’immaginazione. Quel che mi ha colpito quando per la prima volta ho letto il testo di Cuori è stata la costante determinazione dei personaggi a liberarsi dalla solitudine e dagli ostacoli che questa comporta. Il senso di solitudine è irreversibile. Non esiste una cura al desiderio di non essere soli. È l’eterna ricerca della felicità: è facile credere che sia a portata di mano e difficile accettare che si tratti di una creazione della fantasia. Con Cuori, mi sono reso conto che avrei potuto prendere una strada diversa rispetto a Smoking e No Smoking. In entrambi questi film ho dichiarato il mio amore per l’Inghilterra, e spinto l’attenzione ad estremi da fanatismo, accertandomi che tutto il materiale di scena e i costumi fossero quanto più inglesi possibile; registrando, ad esempio, le campane delle chiese ed il verso dei gabbiani nella cittadina dello Yorkshire che funge da scenario. Questa volta avevamo a che fare con una commedia tipicamente londinese, che poteva però essere ambientata a Parigi. Mi accorsi che l’equivalente parigino della nuova ambientazione londinese era il quartiere di Bercy, in rapida espansione, con la sua luce così particolare, l’Avenue de France e la nuova Bibliothèque Nationale. Inoltre, si tratta di un quartiere che si inserisce a meraviglia in una storia ambientata ai giorni nostri, in cui si parla di agenti immobiliari e dei loro clienti. Ho chiesto a Jean-Michel Ribes di scrivere i dialoghi francesi. Mi sembrava che fosse vicino ad Ayckbourn, avevo l’impressione che avrebbe potuto capire come lavorava il suo cervello. Come Ayckbourn, non solo ha scritto numerose commedie, ma è anche un regista fenomenale, dinamico, ed è direttore artistico di un teatro. In Musée haut, musée bas, per fare un esempio, c’è una specie di deriva nella pazzia che possiamo ritrovare anche in Ayckbourn. E mi piace il suo lato alla Alphonse Allais. A differenza di Smoking e No Smoking, quando fu necessario comprimere otto commedie in due film, questa volta non potevamo omettere niente. La scrittura è molto scarna. Non appena si perde una riga, se ne percepisce immediatamente la mancanza. La sceneggiatura è estremamente fedele al testo teatrale, ma è tanto francese quanto Ayckbourn è inglese, specialmente nelle sfumature della lingua quotidiana. Dovevamo trovare un equilibrio delicato: mantenere le emozioni dei personaggi senza però riprodurre la mentalità inglese o imitare il ritmo dell’inglese parlato. Quando si hanno una cinquantina di scene, alcune delle quali sono molto corte, la sfida consiste nel far capire le eterne interazioni tra i sette personaggi, anche se alcuni di loro non si incontrano mai. Le relazioni tra i personaggi mi fanno pensare alla tela di un ragno drappeggiata tra due cespugli di ginestra spinosa e ricoperta della rugiada della notte. Thierry, Charlotte, Gaëlle, Dan, Nicole, Lionel e Arthur sono come insetti che lottano per sfuggire alla trappola. Ogni volta che uno di loro si muove, lo spostamento si fa sentire anche altrove sulla tela, su qualcuno che tuttavia può non avere nessun legame con chi si è mosso per primo.

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